Dalla nascita della Costa Smeralda decine di star hanno scelto i lidi sardi per le loro vacanze da Oscar. Da Leslie Caron, a cui è anche dedicata una spiaggia a Porto Rafael, a William Holden che girava per Olbia in Rolls Royce, da Rita Hayworth, Peter Sellers e Kirk Douglas più volte ospiti dell’Aga Khan a Meryl Streep che scelse un campeggio all’Isola Rossa per il suo viaggio di nozze. Una lista di star a cui negli anni si sono aggiunti Leonardo Di Caprio, Bradley Cooper, Michael Douglas, Catherine Zeta Jones, Samuel L. Jackson, Barbra Streisand.
E tanti altri hanno scelto l’isola come set dei loro kolossal hollywoodiani. Dalla coppia Liz Taylor-Richard Burton ad Audrey Hepburn, fino a George Clooney che ha girato la sua serie “Comma 22” quasi interamente a Olbia. Meno frequente, invece, è il percorso contrario. La strada dalla Sardegna verso Hollywood è sempre stata più in salita. Ma in novant’anni di Oscar c’è anche un sardo che è riuscito a conquistare la statuetta più ambita del cinema: si tratta di Francis Lai, compositore di colonne sonore nato in Francia ma originario di Ozieri, che nel 1970 vinse per l’indimenticabile “Love story”.
Ma la prima volta di un sardo agli Oscar risale al 1956, quando Marisa Pavan, giovanissima attrice nata a Cagliari e gemella di Anna Maria Pierangeli, all’epoca famosa in tutto il mondo per la sua storia con James Dean, ottiene la nomination come migliore attrice non protagonista per “La rosa tatuata”. Un ruolo che le era già valso il Golden Globe. Pavan, classe 1932, rimasta a Cagliari solo fino al 1935 – ma vi tornò negli anni Cinquanta in viaggio di nozze insieme al marito Jean-Pierre Aumont, star del cinema francese – non vince la statuetta, che va invece a Jo Van Fleet per “La valle dell’Eden”, ma sale comunque sul palco per ritirare dalle mani di Jerry Lewis l’Oscar vinto dalla grande Anna Magnani come attrice protagonista, sempre per “La rosa tatuata”. «Una serata magica – raccontò qualche anno fa l’attrice –. Quando hanno annunciato il nome di Anna sono saltata su. Ho corso come non ho mai fatto in vita mia. Sono arrivata sul palcoscenico quasi senza fiato e ho preso l’Oscar con tutte le mie forze. Ero emozionatissima, avevo preparato un discorso ma non ricordavo le parole. Poi ho telefonato ad Anna in Italia e l’ho svegliata. All’inizio pensavo fosse uno scherzo, quando ha capito che dicevo sul serio è scoppiata in una risata».
Per rivedere un sardo
protagonista agli Oscar bisogna spostarsi al 1963, quando “Le quattro giornate
di Napoli” di Nanni Loy finisce nella cinquina per il miglior film straniero.
Come già era successo ai Golden Globe. La pellicola non vince, l’Oscar andrà al
francese “L’uomo senza passato” di Serge Bourguignon, ma il film di Loy lascia
il segno a Hollywood, tant’è che l’anno dopo, quando esce nella sale
cinematografiche americane, otterrà una seconda nomination, questa volta nella
categoria miglior sceneggiatura originale, firmata oltre che da lui anche da
Pasquale Festa Campanile, Vasco Pratolini, Carlo Bernari e Massimo Franciosa.
Nella cinquina ci sono anche Federico Fellini ed Ennio Flaiano per “8 e mezzo”,
ma a spuntarla sarà James R. Webb per “La conquista del West”. Ma a Hollywood
non vogliono lasciarsi scappare il talento di Loy, considerato una sorta di
nuovo Francesco Rosi, gli offrono contratti a tanti zeri, ma lui preferisce
tornare a casa e dedicarsi alla televisione. E nel 1964 il regista cagliaritano
lancerà in Italia la candid camera.
Sono gli anni del grande cinema italiano. Registi, attori e sceneggiatori
italiani sono spesso inseriti nelle nomination. E nel 1969 all’ambito
riconoscimento concorre anche Franco Solinas, sceneggiatore nato a Cagliari ma
maddalenino doc. Il film è “La battaglia di Algeri” di Gillo Pontecorvo, che
già due anni prima era stato candidato all’Oscar per il miglior film straniero,
poi andato a “Un uomo una donna” di Claude Lelouch. Una volta che il film è
uscito negli Stati Uniti, “La battaglia di Algeri” otterrà altre due
nomination. Pontecorvo sarà candidato per la miglior regia (la statuetta andò a
Carol Reed per “Oliver!”) e insieme a Solinas per la miglior sceneggiatura
originale. La concorrenza è agguerritissima, c’è anche Stanley Kubrick per
“2001: Odissea nello spazio”, ma l’Oscar se lo aggiudicherà Mel Brooks per “Per
favore, non toccate le vecchiette”.
È il 1970 quando la statuetta più ambita del mondo arriva, in qualche modo,
alla Sardegna. A portarla a casa è il compositore francese Francis Lai, figlio
di un emigrato di Ozieri che negli anni Venti lasciò l’isola per cercare
fortuna oltralpe. Lai viene scoperto da Claude Lelouch che nel 1966 gli affida
la colonna sonora di “Un uomo una donna”, per cui ottiene la nomination ai
Golden Globe. L’anno dopo replica con “Vivere per vivere”, sempre di Lelouch.
Ma il grande successo, e la statuetta, arrivano nel 1970 con “Love story”. È
l’artista di origine sarda a comporre le musiche che accompagnano la struggente
storia d’amore tra Jennifer Cavalleri e Oliver Barrett, alias Ali MacGraw e
Ryan O’Neal. Il film premiato al botteghino conquista anche l’Academy, che
consegna l’Oscar a Lai. Il compositore, scomparso a Nizza lo scorso settembre,
è stato una sola volta a Ozieri insieme al padre: lui era già un nome di spicco
del cinema, fu ricevuto in municipio ma non fece in tempo a vedere i parenti.
Ci sono voluti quasi
trent’anni per vedere un altro sardo a un passo dall’Oscar. Anche in questo
caso si tratta di una sarda d’origine, Fernanda Montenegro, nata a Rio de
Janeiro nel 1929, la cui nonna Maria Francesca Pinna era di Bonarcado.
L’attrice è una star del cinema e della tv brasiliana, volto celebre anche per
le tante telenovelas che ha interpretato, alcune delle quali andate in onda
anche in Italia. Nel 1998 Walter Salles la vuole in “Central do Brasil”. Un
ruolo che le varrà la nomination all’Oscar come migliore attrice protagonista.
La prima attrice brasiliana a ottenere un simile riconoscimento. Nella cinquina
ci sono anche Cate Blanchett, Meryl Streep ed Emily Watson, ma a spuntarla sarà
Gwyneth Paltrow per “Shakespeare in love”. Dieci anni fa la Montenegro, che nel
2007 è stata anche tra i protagonisti di “L’amore ai tempi del colera” di Mike
Newell al fianco di Javier Bardem e Giovanna Mezzogiorno, è stata per qualche
giorno in Sardegna: tappe a Cagliari e Sassari, ma soprattutto nella sua
Bonarcado, dove è stata ricevuta con gli onori di un capo di stato.
Di altre nomination “sarde” non è data notizia, ma non si possono dimenticare
le interpretazioni di attori isolani in pellicole nominate o premiate. A
partire da uno dei primi divi del cinema italiano, Amedeo Nazzari, protagonista
insieme a Giulietta Masina di “Le notti di Cabiria” di Federico Fellini che nel
1958 vince l’Oscar come miglior film straniero. L’anno dopo in nomination c’è
“I soliti ignoti” di Mario Monicelli, che, accanto a Vittorio Gassman, Marcello
Mastroianni, Totò e Claudia Cardinale, vanta tra i protagonisti anche
l’oristanese Tiberio Murgia. Da non dimenticare poi Maria Carta, scelta da
Francis Ford Coppola per il ruolo della mamma di don Vito Corleone, ovvero
Robert De Niro, in “Il padrino – Parte II”. Un film che ha ottenuto 11
nomination e sei Oscar, tra cui miglior film, miglior regia e miglior attore
non protagonista per De Niro. Da ultimo, Alessandro Nivola, americano di
nascita ma originario di Orani – il nonno era lo scultore Costantino Nivola –
nel cast di più film da Oscar, da “American Hustle – L’apparenza inganna” a
“Selma – La strada per la libertà”.
Nella notte di Hollywood hanno avuto spazio anche film girati in Sardegna. Tra gli altri “La bibbia” di John Huston, con le scene del sacrificio di Isacco realizzate sul monte Corrasi di Oliena, nomination per la migliore colonna sonora, e “La spia che mi amava”, il film della saga di 007 con Roger Moore con molte scene girate sulle strade della Gallura: tre nomination per scenografia, colonna sonora e canzone, ma nessuna statuetta.