di ANNA LUISA GARAU
Un richiamo a un
passato, dai tratti a sprazzi sbiaditi e trapelante di emozioni fa da cornice
al secondo romanzo di Stefano Cruccas “Il canto del nuraghe”. Il giovane autore
di Pabillonis ha già pubblicato il romanzo “La maledizione di Padiglionis”, collaborato
alla stesura del libro “Tra Bellu e Malu” e contribuito con delle sue poesie a
due raccolte antologiche “Il velo di Salomè” e “Dall’Amore alla pace. Il nuovo
romanzo “Il canto del nuraghe” è stato pubblicato alla fine di ottobre dalla
Monetti Editore. Ambientato a metà degli anni sessanta, alcuni personaggi sono
reali altri di fantasia, che nascono dall’estrosità dallo scrittore. Il tema
centrale è l’idillio tra due giovani ragazzi. Una storia d’amore e di costume
non tanto differente da quelle che vivono i ragazzi di oggi e in cui i lettori
possono immedesimarsi, sognare, commuoversi, fare un salto nel passato; quelli
più avanti con l’età avranno invece modo di far riemergere ricordi sopiti. Bianca
e Nino sono i protagonisti del romanzo che vivono una breve ma intensa e
tormentata relazione. “Negli occhi di lei si legge un destino segnato, in
quelli di lui una grande voglia di vivere”. Si racconta anche di una violenza
consumata tra le mura domestiche che tanto non si discosta da situazioni che
ancora oggi vengono vissute all’interno di ambiti familiari violenti.
La storia è ambientata in un piccolo paese del Medio Campidano, Pavilio,
Pabillonis appunto.
La magia di un piccolo cinema e le note provenienti da un juke box fanno da
sfondo al nascere dell’idillio tra Bianca e Nino. Le canzoni imprigionate nel
juke box, che si ascoltavano ad alto volume, il rock di Elvis Presley e la
musica melodica, che tanto affascinavano i ragazzi di quegli anni, sedurranno e
ammalieranno anche i giovani del piccolo paese. Il linguaggio semplice e
lineare è quello usato dagli allora abitanti di Pavilio.
Non mancano ancora una volta, come nel precedente romanzo, frasi in lingua
campidanese che ricordano nella semplicità e nell’uso del linguaggio quello
usato dagli scrittori appartenenti alla corrente verista nell’ottocento. Stefano
Cruccas, nel narrare, riesce ad avvincere il lettore e a creare le giuste
quantità di suspense e curiosità, necessarie a far leggere, avidamente la
storia per arrivare nel più breve tempo possibile alla conclusione. Lo stesso
titolo del romanzo, come nel primo romanzo, non manca di incuriosire il lettore
ma il significato sarà svelato solo nel finale confermando la suspense che lo
scrittore ha voluto creare.