di RAFFAELLA ZANOVELLO
“Credo fermamente nei giovani e nelle loro disordinate risorse. Credo nel valore delle aziende e la responsabilità sociale che queste hanno nei confronti delle persone e del territorio in cui operano; credo che noi tutti dobbiamo generare valore che non deve solo essere denaro ma impegno e dedizione per migliorare la società in cui viviamo”.
Esordisce con questa frase Raimondo Riu, classe 1962, nato a Villanova Monteleone, un paese della Sardegna in provincia di Sassari e giunto nel Vicentino nel 1981. Un personaggio che tutti conoscono, dal punto di vista imprenditoriale, amministrativo, umano; la sua è una storia che merita di essere raccontata e lui lo fa con orgoglio, consapevolezza e anche tanta umiltà.
E’ il maggiore di sei figli, famiglia modesta ma molto unita, un diploma in agraria, l’università che non sarà mai completata, un primo lavoro nel settore, ma di breve durata, il tempo giusto per capire che altre sono le strade che vuole intraprendere. Arriva qui nel Basso Vicentino, alla ricerca di equilibrio, di una posizione da cui far decollare quel bisogno di riscatto sociale che muove le persone che partono dal basso. Qualche anno di lavoro in fabbrica e un titolare sensibile che gli mostra i possibili scenari da imprenditore. Sono gli anni in cui si ha bisogno della propria determinazione per far decollare una impresa.
Nel 1988 intraprende un percorso imprenditoriale che lo segnerà per tutta la vita. “Gli anni Ottanta – continua Raimondo Riu -, dell’edonismo reaganiano, dove ognuno pensando a sé costruiva una società articolata e complessa che tuttavia era governata da semplici regole chiare: se vali emergi, diversamente soccombi e comunque valeva la pena provarci. In quel periodo nasceva la sua prima azienda, il logo era quello della radio che aveva fondato a fine anni Settanta. La vita da imprenditore senza arte né parte, dove non si aveva necessità di uffici ma di spazi per la produzione. 24 ore su 24 passate a produrre e quando per qualche motivo non si riusciva a lavorare anche il sabato e la domenica si andava in crisi. Anni in cui nascevano zone industriali come funghi e imprenditori senza quella cultura imprenditoriale. Il conto lo avrebbero pagato qualche anno dopo oppure al primo passaggio generazionale. Non esisteva cultura d’impresa e in generale poca cultura, si doveva produrre e basta. Anni vissuti pericolosamente alla ricerca di un palliativo che andasse a colmare un bisogno universale di valori: la rincorsa al benessere che per la prima volta si manifestava alla portata di tutti e tutti con un leasing potevano accedervi. La mia azienda diventa partecipata di una più grande, una bella realtà nell’Area Berica e 4 anni di grande benessere”.
Nel 2000, la famiglia aumenta nasce Anna. Anno del futuro, la grande azienda passa di mano ad una multinazionale e pure l’azienda di Riu e da lì a poco sarebbe diventato direttore di stabilimento in una nuova realtà. Nuovo settore, quello lapideo, nuova avventura. “Da imprenditore a dipendente. Cambiò tutto, il concetto, la visione del lavoro. Non è stato facile per me, era comunque un passo indietro. In sei anni ho fatto le mie esperienze, ho imparato tanto. In contemporanea seguivo anche corsi sulla gestione aziendale, sul management. L’azienda viene poi venduta agli americani e quindi altra avventura. Sei mesi a fianco di un ex vice presidente IBM, riunioni solo in inglese e visione completamente diversa dal nostro modo italiano di fare impresa”.
Ma nel 2004 finisce questa esperienza e ne inizia un’altra, in un settore completamente diverso, ancora una volta un cambiamento. “Ero responsabile logistica in una azienda che trattava prodotti surgelati. Ma dovevo trovare il mio equilibrio, la mia strada e risposi ad una ditta di Milano che cercava un direttore di produzione. Lo stabilimento era a Sandrigo, produceva chiusure per bottiglie di vino, azienda innovativa, guidata da un ingegnere illuminato. Altro settore e continua la mia palestra fatta di esperienze. Nel 2006 perdo il lavoro ma vengo ricompensato con una importante buona uscita. Mi viene chiesto di dare una mano ad organizzare una impresa piena di lavoro ma con una gestione non molto buona. Accetto la sfida, è vicino a casa, quindi posso godermi il tempo con la famiglia. Faccio decollare questa nuova azienda che ha un nome quasi impronunciabile: Mouldtek e prima ne divento amministratore delegato, poi dopo qualche anno ne acquisto tutte le quote”.
Siamo nel 2017, l’azienda è di Riu, l’occasione che aspettava da anni e per la prima volta mette in atto la sua visione aziendale, forte delle esperienze maturate. “La certifico ISO da subito, nel 2009 adottiamo il Codice Etico e un’attenzione al personale assoluta. L’unico capitale disponibile dell’azienda va istruito e formato e aiutato con corsi continui ed un impegno costante. La forza di un imprenditore sta nella sua capacità di riconoscere i propri limiti e nella possibilità di delegare altri a compiti di forte specializzazione. Questo è ciò che ho fatto e che mi ha permesso di ritagliare più tempo da dedicare alla famiglia e alle tante mie passioni. Dal 2015 al 2019 sono stati spesi migliaia di euro per la formazione, ma consiglio sempre di andare alla ricerca della formazione finanziata, da Regione, enti, Comunità Europea”.
E parallelamente alla vita lavorativa Raimondo Riu ha coltivato ed arricchito la vita sociale e culturale. “Dal 2010 ho ricoperto cariche amministrative a Mossano, poi presidente della biblioteca e riconfermato presidente anche dopo la fusione dei due comuni di Barbarano e Mossano. L’organizzazione aziendale mi ha permesso anche di dedicarmi all’associazione Apindustria, dove ricopro la carica di vicepresidente e presidente del Consorzio Energia Veneto. Dal 2017 sono membro del Rotary Club di Arzignano, che mi ha portato a promuovere eventi importanti. Radio e fotografia mi hanno accompagnato per tutto questo cammino, passioni che si sono pian piano sviluppate, con una formazione tutta da autodidatta, partendo dal basso, con molta umiltà come nel mondo del lavoro. Ho un gruppo che mi supporta, che mi aiuta e con il quale creiamo documentari, film, musical, eventi. Ma tutto quello che ho fatto, che faccio, è possibile perché ho qualcosa di importante che sostiene: la famiglia, il mio pilastro portante, non se ne menziona ma è come l’aria, è talmente importante che senza mancherebbero i presupposti per fare tutto. Il sostegno della famiglia è al primo posto”.
C’è tempo e spazio per fare dell’altro? “Certo che si! Sono coinvolto anche in altri progetti. C’è un documentario sui soldati dimenticato dello Yol e un progetto, che parlerà di Nassirya, con materiale inedito”.
Nella tua carriera lavorativa, umana, sociale, avrai avuto dei riconoscimenti? “Il riconoscimento più grande è la conquista della credibilità, della fiducia. Un Paul Harris Fellow dalla fondazione Rotary. Una azienda in linea con i tempi e poi vedere che mi vengono rinnovate le cariche è un altro segno di riconoscimento. Però a mio avviso è importante accettare anche le sconfitte, non sempre si può uscire vincenti; nel mio percorso ho avuto anche quelle, ma sono state sempre di stimolo per fare meglio, per rilanciarmi. Credo nei cambiamenti e nella forza di apportare sempre delle trasformazioni”.
(IL BASSO VICENTINO)