di MANUELA PIERRO
Difficile credere che in piccole e irregolari sfere ambrate possa nascondersi l’essenza di un popolo antico e fiero, eppure nella fregula, o freula, fregua, ministru, ambus, succu, pistitzone, cascà, c’è tutta la magnificenza che la gastronomia sarda rappresenta a livello internazionale.
Le sue origini, neanche a dirlo, sono antichissime tanto da rendere impossibile la precisa collocazione della sua comparsa nella storia. Secondo alcuni storici, la sua origine è il frutto di uno scambio socio-culturale coi Fenici o i Punici, soprattutto perché la forma della fregula ricorda molto quella del cous cous. Per altri, più tradizionalisti, sarebbe un’invenzione degli artigiani autoctoni che, già in diversi campi, avevano dimostrato la propria abilità manuale.
Le prime testimonianze della comparsa della fregula risalgono al XIV secolo, nello statuto dei Mugnai di Tempio Pausania. Secondo questo documento, infatti, la sua preparazione avveniva dal lunedì al venerdì (in quanto di sabato e domenica l’acqua veniva usata per altre faccende domestiche) e si distaccava completamente dal cous cous soprattutto a causa della cottura tramite bollitura.
L’ingrediente principale è senza dubbio la semola di grano duro, che deve essere di ottima qualità per ottenere il risultato perfetto. La tradizione impone che la fregula venga preparata rigorosamente a mano, sfregando con le dita e facendola rotolare in un recipiente di terracotta, chiamato scivedda o tianu, oppure in un cesto di asfodelo definito anche canistedda, cranistedda o palini.
Naturalmente lo sfregamento a mano non può produrre briciole tutte della stessa grandezza, quindi è necessaria anche una divisione per dimensioni, un lavoro lungo che richiede infinita pazienza ma indispensabile per poter garantire una cottura uniforme e un utilizzo corretto per ogni formato. La fregula fine, ad esempio, viene usata per le minestre o cotta nel brodo; quella di media grandezza viene “risottata” con vari condimenti, mentre quella più spessa si utilizza in preparazioni definite “in asciutto”.
Dopo un lento riposo e la tostatura in forno che dura circa quindici minuti e dona alla fregula il suo sapore casereccio e inimitabile, la fregola è pronta per essere cotta e condita a seconda delle ricette tradizionali del proprio paese: in Campidano nasce la famosa fregula cun cocciula, a base di vongole veraci o arselle spesso arricchite con la bottarga; tipica del Logudoro è su succu, fregula cotta in brodo di pecora e arricchita con pecorino grattugiato. Impossibile non nominare la fregula incasada, piatto di origine povera e antichissima, che si fa passare in forno dopo la cottura in brodo, e che vanta una quantità abbondante di casu, ossia formaggio.
In qualsiasi di queste deliziose versioni, le fregula sarda è un piatto dal sapore inconfondibile, perché sa di tutto ciò che la Sardegna ispira: passione e tradizione.