di ALESSANDRA GUIGONI
Inizio col dire che ormai si sa che la Sardegna è stata una delle patrie riconosciute dell’introduzione del pomodoro (Solanum lycopersicum) in cucina, insieme con Napoli ed altre località del sud Italia. Il pomodoro americano viene introdotto in Europa nel famoso “scambio colombiano” dopo il 1492. Arriva dalle Americhe con i Conquistadores… Inizialmente il pomodoro fu osteggiato, in quanto solanacea, potenzialmente velenoso, ma ben presto i popoli mediterranei si resero conto delle fantastiche doti di questo frutto: sapore, colore, vitamine, buona adattabilità al clima mediterraneo, versatilità in cucina. Esso approderà sulla sulla pasta come condimento principe solo nell’Ottocento ma già a partire dal Seicento si inizia timidamente a coltivare per usi alimentari.
Come vi ho già scritto con tutta probabilità molti Piemontesi conobbero il pomodoro in Sardegna, durante il periodo Sabaudo (1720-1861), quando sull’Isola fa già parte della dieta quotidiana. Ed esempio di Vialardi, cuoco di Corte, e delle sue ricette con il pomodoro, tutte chiamate “alla sarda” vi ho già parlato.
Questo ruolo di innovazione, lungi dall’essere una mia invenzione di studiosa appassionata, è stato riconosciuto alla Sardegna anche da David Gentilcore, famoso studioso canadese autore di una brillante storia del pomodoro in Italia, che mi ringrazia nell’introduzione e mi cita nel suo libro, proprio a proposito dell’amore tra Sardi e pomodoro, di lunga data come dicevo.
Ma bando alle ciance, ecco la ricetta:
Pomodori a scapece per salsa e per stufati di carne
“Para salsa y guisados”
Forse si tratta della prima ricetta scritta, da parte di un sardo, anonimo. Il personale dell’Archivio del Comune di Cagliari ritenne che il manoscritto, contenuto nel Fondo Sanjust, fosse della prima metà del Settecento e fosse stato scritto da un sardo, sia pure se scritta in lingua castigliana, lingua ufficiale dell’epoca. Sappiamo che la Sardegna diventa sabauda dal 1720 quindi possiamo immaginare che sia stata scritta entro il primo trentennio del Settecento
Nello stesso manoscritto c’è anche la ricetta del pomodoro secco (sa pibarda); rimando al libro CIBO IDENTITARIO DELLA SARDEGNA, Isre, Nuoro, 2019 per gli approfondimenti del caso. Si tratta di una specie di conserva di pomodoro con molto aceto, adatta alla lunga conservazione. Si dice espressamente che serve come salsa e per stufati, tradizionalmente di carne. La ricetta è già stata da me pubblicata in ALLA SCOPERTA DELL’AMERICA IN SARDEGNA, VEGETALI AMERICANI NELL’ALIMENTAZIONE SARDA, AM&D, CAGLIARI, 2009: 333. VEDI anche http://www.edizioniamed.com/schede/schede_agora/41_guigoni.html
Ingredienti | Pomodori, uva, peperoncino, aceto. |
Preparazione | En una tinja grande pon huvas en agros, pimenton tomates no del todo sajonadas, recoge todo esto si puedes ante q. llueva, y cubrelo de vinagre fuerte, y te sirvia para á la cosina todo el año. |
Libera traduzione: In un grande vaso metti l’uva non ancora del tutto matura, peperoncino, pomodori non del tutto stagionati, raccoglili se si può prima che piova, e copri con aceto forte, ti servirà per la cucina tutto l’anno.
In foto un particolare della Carta gastronomica d’Italia di Umberto Zimelli, realizzata per ENIT negli anni ’30 del XX secolo. Come si può vedere in Sardegna colloca tre vini pregiati, Vernaccia, Malvasia e Moscato e una messe di cacciagione e quella che sembra una aragosta. Non mancano porcheddu e cinghiale, uccelli, conigli… Immagino la salsa sopradescritta come condimento per alcuni di questi prodotti, ad esempio.