di ALBERTO PINNA
Esportare i nuraghi? Ce ne è già uno a Biella, uno stilizzato nell’area del Piave; altri due in Argentina, a La Plata e a San Pedro, naturalmente riproduzioni «libere» dei 7 mila e più che in Sardegna furono abitazioni, fortezze e luoghi di culto di una delle più antiche civiltà del Mediterraneo. L’idea del governatore Christian Solinas è costruirne 121 sparsi per il mondo, uno ovunque ci sia un circolo di emigrati sardi: «Vogliamo diffondere nel mondo un’immagine della nostra isola — ha affermato presentando il progetto “Casa Sardegna” — legata non solo alle ben note potenzialità paesaggistiche, ma anche ai suoi aspetti culturali, dei quali siamo fieri portatori». L’entusiasmo di Solinas non è stato apprezzato da tutti, «ma ha trovato il favore di molti emigrati — sottolinea Alessandra Zedda, assessora al Lavoro, che finanzia circoli e federazioni dei sardi — sono stati proprio loro a caldeggiarlo». Fra i più critici l’ex deputato e presidente della Regione Mauro Pili: «Faranno nuraghi di plastica?» ha ironizzato. E lo scrittore Marcello Fois: «Non ho parole. Deriva folkloristica e spendacciona. Che vuol dire questo progetto? Dove c’è un nuraghe c’è casa? Terribile. O piuttosto: oltre il nuraghe, nulla. Ne abbiamo viste tante: sopravviveremo…».
Sandro Roggio, architetto, è caustico: «Grossolano, kitsch. È improbabile che i finti nuraghi possano consolidare la passione per l’isola dei sardi esuli o promuovere il turismo. E poi, quali nuraghi? In scala, bi o tridimensionali, di cartapesta o pietra su pietra?». Nel 2008 il primo nuraghe fuori Sardegna, a Biella, dove vivono oltre 6 mila sardi. «Un simbolo per i legami, da 300 anni strettissimi, fra il Piemonte e l’Isola. L’amministrazione comunale doveva fare lavori di contenimento del torrente Cervo. Con quei soldi, diverse decine di migliaia di euro, ha realizzato il contenimento, un parco e il nuraghe, che è alto 7 metri, ha una circonferenza di 27 ed è stato chiamato Nuraghe Chervu, come il torrente». A Battista Saiu, presidente del circolo (un migliaio di iscritti) da 20 anni, piace pensare che si sia voluto promuovere il «modello Biella»: «La Regione ha colto nel segno. Poi sta a ciascun circolo decidere se e come farlo: in pietra, con altri materiali, con un dipinto. Se poi si vogliono fare polemiche… ». Più o meno così la pensa anche Serafina Mascia, presidente della FASI, la federazione che rappresenta i circoli d’Italia: «Non mi risulta che nella delibera della giunta regionale sia indicata la costruzione di 121 nuraghi, c’è invece la valorizzazione del simbolo. Le modalità di realizzazione sono dunque lasciate alla libera interpretazione artistica dei circoli che presenteranno i progetti».
Ma anche fra gli emigrati c’è chi dissente: «Sprecare soldi pubblici — stigmatizza Pietro Casula, presidente del Movimento per la Sardegna/Sardi nel mondo — per realizzare nuraghi contraffatti non è un’idea geniale. Governare è una cosa seria». L’assessora Zedda spiega: «Il progetto “Casa Sardegna” è anche cultura e sport: i calciatori del Cagliari e i cestisti della Dinamo Sassari saranno, insieme con gli emigrati, gli ambasciatori della Sardegna». Quanti soldi? «Per ora 10 mila euro; poi altri 70 mila e nel bilancio 2020 fra i 200 e i 250 mila. La Regione — precisa — investe inoltre 500/600 mila euro ogni anno per le organizzazioni degli emigrati». A conti fatti, se ciascuno dei 121 circoli dovesse presentare un progetto, avrebbe non più di 2 mila euro, davvero pochi per costruire il suo nuraghe. Entusiasmi e sarcasmo, esempi positivi e negativi, si sprecano: un villaggio alpino costruito tale quale in Cina, Venezia riprodotta a Las Vegas, la basilica di San Pietro replicata in Costa d’Avorio, il Palladio fotocopia in Palestina. In Sardegna un gigantesco nuraghe finto campeggia nel centro ambientale di Oniferi, in Barbagia: incompiuto. E Michele Poledrini, avvocato, candidato (non eletto) qualche mese fa al consiglio comunale di Cagliari, mise in campo un’idea/forza: «Costruire un nuraghe alto 300 metri», per sbigottire i turisti in arrivo su traghetti e aerei, «che identifichi la nostra terra come la Torre Eiffel a Parigi, il Colosseo a Roma e la Sirenetta a Copenaghen». Gli fu immediatamente detto di lasciar perdere…
Invece di giocare con falsi nuraghi e i soldi dei sardi, meglio investire in
campagne publicitarie all’estero , dove potranno presentare tutto il patrimonio culturale, quello VERO!!!
Noi emigrati sardi di Losanna il nuraghe nostro l’abbiamo costruito negli anni 70 e non abbiamo aspettato Solinas per farlo…Investite questi soldi per fare altro…
La proposta di Michele Poledrini, poi…
a murrusu si dus pistada o a ciorbeddusu.
Oddio che orrore….ma che scemata di idea è????