di ALESSANDRA GUIGONI
Citato in più passi nella Bibbia, il mirto è una delle piante dell’identità mediterranea. In Isaia ad esempio leggiamo che “invece di spini cresceranno cipressi, invece di ortiche cresceranno mirti”: il mirto è considerata una pianta di civiltà, che apporta benessere e prosperità. Anche i Greci adoravano il mirto, facendolo derivare dalla bellissima ninfa Myrsine, e cingevano le teste degli sposi con corone di mirto.
Il liquore di mirto chiude idealmente i pasti sardi, soprattutto d’estate, quando il solleone impone un buon digestivo, servito freddo, dal profilo aromatico e persistente.
Ogni famiglia sarda praticamente fa il liquore di mirto in casa, spesso da donare, da offrire ai parenti e agli amici, con il classico tormentone estivo: “È vero che il mirto che faccio io è il migliore che tu abbia mai assaggiato?”. Ogni famiglia infatti ha la propria ricetta, per quantitativi di bacche, di alcool di zucchero o di miele da dosare.
Sebbene il Myrtus communis sia una essenza sempreverde mediterranea è il mirto della Sardegna ad essere il più conosciuto e apprezzato, e a costituire anzi un Prodotto Agroalimentare Tradizionale di questa regione insulare. La scheda del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ne dà definizione e indica il processo di raccolta, le metodiche di lavorazione, conservazione e produttive: “Il Mirto di Sardegna è un liquore dal colore rosso ottenuto dall’infusione idroalcolica di bacche di mirto, di cui conserva il caratteristico profumo, con l’aggiunta esclusivamente di dolcificanti come zucchero o miele. È dotato di particolari proprietà digestive e viene consumato preferibilmente freddo. Il grado alcolico è compreso fra 28% e 36% vol.”.
Allo stato attuale vi sono cinque o sei aziende che producono liquore a livello industriale, tra cui la Zedda Piras, oggi sotto l’ombrello Gruppo Campari, che ha fatto conoscere il mirto sardo a tutta l’Italia a partire dagli anni ‘80, e che fa parte anche del Consorzio Produttori Liquore di Mirto Tradizionale, fondato nel 1994. Il panorama produttivo sardo comprende anche molte piccole aziende che nei decenni hanno diversificato la produzione e puntato sia su di un packaging raffinato e particolare, sia su piccole innovazioni di processo e di prodotto, sia su canali di vendita alternativi alla GDO, come e-commerce, fiere, enoteche e winebar. Alcuni produttori stanno pensando di creare un marchio di artigiani del mirto, tra questi Carlo Pische, produttore lussurgese, che il suo liquore di mirto ha chiamato Judu, che in sardo vuol dire “fatto bene”.
Inoltre l’Università di Sassari nel corso degli anni ha studiato decine di cultivar diverse di mirto, coltivato e spontaneo, sotto il profilo del colore, essenziale nella produzione del liquore, della dimensione e forma delle bacche, della produttività eccetera per migliorare la produzione di quella che è un’industria che non conosce crisi e fa volumi di vendita molto interessanti.
Le foglie e i rametti di mirto vengono anche usati per aromatizzare diverse pietanze, soprattutto carni e selvaggina, e come decorazione dei piatti, soprattutto in contesti festivi o rustici. Raro ed elegante il miele di mirto, presente anche in Corsica, isola che produce anche un liquore affine. Il mirto, in particolare l’olio essenziale di mirto, ha proprietà antisettiche, balsamiche, antiinfiammatorie e astringenti.
Sono però le bacche, di colore nero o più raramente biancastre, a diventare liquore. Si raccolgono all’incirca da novembre a gennaio, a mano. Anche dai fiori si può ricavare un liquore, cosi come dalle foglie.
Abbiamo chiesto all’imprenditore Mauro Lusso de Il mirto di Lusso, una piccola azienda artigianale con sede a Villasalto, nel Sarrabus-Gerrei, dove il mirto è di casa, la ricetta per un liquore perfetto. Il segreto, ci racconta, è nella freschezza e nella quantità di bacche. Più sono meglio è. Per il suo Mirto supremo, una produzione di solo 100 bottiglie limited edition, Mauro impiega 2 kg di bacche per ogni litro di alcool. Si parte comunque da un minimo 750 g di bacche fresche per litro d’alcool, a cui poi si aggiungerà un quantitativo di acqua quasi uguale all’alcool; lo zucchero deve essere circa la metà delle bacche. Segue la macerazione, la pressatura delle bacche e poi l’aggiunta di acqua e zucchero: a quel punto l’elisir di Sardegna è pronto da bere.
Anticamente il caffè non esisteva da noi veniva offerti il rosolio e mirto acquavite e dolci