TRA STORIA E MITO: ALESSANDRA DERRIU, NELL’ISOLA DEL SOLE, DEL VENTO E … DELLA MAGIA

le immagini di Alessandra Derriu sono dello Studio 5 di Alghero
di PIER BRUNO COSSO

Sardegna è… Sardegna è sole, vento… e magia! Perché sole, vento, e magia sono dentro le nostre vene. La magia, come gli altri due elementi  fondamentali, ci salva, ci aiuta, o almeno ci dà la speranza di migliorare.

Io, pragmatico e razionale, non oso rifiutarla e la incontro tutti i giorni sulla strada. Ne ho memoria molto chiara fin da bambino, come tutti. Ricordo che ero alla fine della quinta elementare, nel cuore degli oscuri anni ’60, quando la mattina dell’esame ci siamo trovati molto presto con altri tre amici per un sortilegio propiziatorio. In quegli anni si andava a scuola a piedi da soli, non c’erano altre possibilità. Era una conquista, un’emancipazione guadagnata sul campo. Uno spazio libero. Per questo ci eravamo accordati in segreto per seguire le indicazioni della sorella di uno di noi. Lei ci aveva detto con tono solenne: «Perché tutto vada bene, prima di dare l’esame, dovete attirare la fortuna con un  rito magico: entrare in chiesa e accendere un cero senza pagare!», e nessuno aveva dubitato che fosse taumaturgico e indispensabile per poter superare la prova di fine anno.  

A Sassari le nostre elementari erano (e ancora lo sono) adiacenti ad una grande chiesa imponente, severa, per noi quasi minacciosa: la Parrocchia di San Giuseppe. Ricordo che il grande portone principale a quell’ora era chiuso, e si poteva accedere solo da una porta laterale. Ma questo era un problema, perché per arrivarci dovevamo violare quel: «Vai dritto a scuola senza deviare per nessun motivo…», di genitoriale autorevolezza. Ma la magia di una grande chiesa a tre navate, completamente deserta tutta per noi, era più forte. Così siamo entrati titubanti in un ingesso angusto che dava nella navata laterale, facendoci coraggio a vicenda, nel timore che la nostra incursione ci potesse costare molto cara. Silenziosamente siamo scivolati nel buio, rotto solo dalla la luce fioca delle vetrate in alto, fino al banchetto delle candele, dove ne abbiamo acceso quattro, una ognuno, sfidando il mondo, la coscienza e la religione, senza mettere neppure una monetina come offerta. Noi eroi, protetti da uno scudo magico contro tutti gli imprevisti, eppure preoccupati che questa impertinenza ci potesse costare uno strale divino (eravamo bambini negli anni ’60…).

Grazie a quelle candele l’esame poi era andato molto bene. Ma ancora adesso quando entro in una chiesa mi incanto davanti ai ceri accesi dai fedeli. Li vedo lì, qualche volta solitari, qualche volta molto vicini, con quello che si piega per il calore dell’altro adiacente, pur senza crollare mai. E mi chiedo ogni volta se queste fiammelle facciano luce sulla speranza di un desiderio sognato, o se vibrino per la magia misteriosa di un ragazzino che doveva scongiurare i pericoli di un esame.

Carissima Alessandra, adesso tocca a te svelarci qualcosa di cui ti vergogni, tanto resta tra noi, ma raccontaci di quando tu hai usato la magia. La mia magia caro Pier Bruno è come quella di tante donne che mi hanno preceduto, mista a devozione e religiosità, forte e radicata nel tempo. Voglio condividere con te un episodio della mia vita: qualche anno fa feci un corso fuori dalla mia città, ed il primo giorno, appena arrivata, come da abitudine andai alla scoperta degli angoli più nascosti, vivi e caratteristici. Nel centro storico scoprii una chiesetta che non avevo mai visto, piccola ma ricca al suo interno di ex voto a forma di cuore, carichi per me da sempre di fascino e significato. A quella chiesa affidai il percorso che stavo iniziando, a quei cuori, con fede, le speranze e la passione che vi stavo riponendo. Arrivò, dopo un anno, la fine di quel ciclo di studi, arrivò l’esame finale e all’esame un’antica scrittura decorata con le “o” fatte a forma di cuore, un caso? Superato l’esame, che si era tenuto il giorno, magico, di San Giovanni, tornai nella chiesetta, per “riprendere il cuore” che avevo lasciato in pegno, per ringraziare per il cuore che avevo ricevuto, e scoprii che quella era proprio la chiesa di San Giovanni.

Fantastico, si vede che sei una persona creativa. Ben trovata e un grazie sincero ad Alessandra Derriu per essersi resa disponibile per TOTTUS IN PARI. Oggi è una giornata di novembre che piove con consistente indifferenza, come se non si dovesse stancare mai. Una tipica giornata uggiosa, cadenzata da qualche scroscio più forte, con quella malinconia strisciante, così in carattere con l’argomento di cui sei studiosa, esperta e autorevole autrice: stregoneria e inquisizione. Mandaci un po’ di luce dalla tua Alghero. Io ti conosco solo per averti sentito come relatrice in diversi convegni, e secondo me sei assolutamente una donna solare. Allora ti chiedo come ti rapporti con la tua solarità dentro questi ambienti oscuri, oscurantisti e spesso contaminati. Da studiosa sono anche un’attenta lettrice, dietro l’oscurità leggo la luce, dietro l’oscurantismo, la ragione. Non ci sono medaglie con una sola faccia e una sostiene e dà significato all’altra, così il buio non è poi così buio e serve per dare senso alla luce. Nel mio lavoro ho trovato anche l’altra faccia della medaglia dunque, è questa la mia chiave di lettura, il mio segreto; ho trovato ambienti confortevoli, persone illuminate ed illuminanti. La contaminazione è vita, ci fa vedere le differenze e dare significato al diverso. In particolare, se ti riferisci alla mia esperienza in ambito ecclesiastico, la mia formazione presso l’Archivio Segreto Vaticano e la mia decennale esperienza con la Chiesa, mi ha resa sicuramente, voglio sfatare ogni pregiudizio, una persona dalla mente più aperta e pronta ad accogliere ogni ipotesi, al vedere oltre, all’andare oltre, e di questo ne sarò sempre riconoscente.

Ero sicuro che la risposta fosse dentro di te. È proprio questo quello che mi incuriosisce: come si sviluppa in te questa passione? Essendo autore anch’io, so benissimo che un libro nasce da una passione fortissima, profonda, quasi urgente. Una passione incrollabile come una roccia, esposta alle mareggiate delle emozioni. Ecco, l’emozione; perché si crea tutto da lì. Per te quale è stata? Cosa ti ha contagiato, travolto, emozionato fino a guidarti sul foglio bianco per scrivere e raccontarcelo? La mia passione per lo studio, per la storia, per la scrittura è, dici bene tu, un’emozione, incontrollabile, travolgente, totalizzante. Non ha ragioni e non sente ragioni, non ha tempi e non ha luoghi. Forse quello che più sento di dirti, di dire ai nostri lettori, è che la mia passione mi realizza, sento di assecondare me stessa, il mio io, le mie doti, i talenti che ho ricevuto in dono alla nascita, sento di essere io, quando scrivo, quando leggo, quando racconto. Sono me stessa, mi ritrovo, mi riconosco e affronto difficoltà, ostacoli, delusioni ed amarezze, e sopporto la fatica, le attese, i silenzi. Pian piano mi sono ritrovata, nei libri, nei documenti antichi e nella scrittura.

Io credo ancora nella magia. Silenzio, tienilo per te, non lo deve sapere nessuno, ma io… sì, prima di una giornata importante devo immancabilmente spalancare le porte a piccoli rituali propiziatori. Mi dico che non ha senso e che è per l’ultima volta, ma poi sono ancora lì a cercare di domare le mie fobie mettendomi prima sempre la scarpa destra! Ad esempio. Scusa, poi riprendiamo l’intervista con le cose importanti che hai scritto tu, ma adesso, da studiosa quale sei, mi spieghi perché sto dentro questo condizionamento? E non ci sto neppure troppo male… Ci sono diversi studi che riguardano la psicologia dello sviluppo e ti risponderò facendo ricorso a questi testi. Il pensiero magico fa parte di noi, nasce con l’uomo, è una predisposizione mentale innata che ci caratterizza. La scienza lo attribuisce ai bambini, nella prima infanzia infatti, esso permette di spiegare fatti inspiegabili, di confrontarsi con una realtà sconosciuta e in qualche modo misteriosa, inafferrabile. Con la scolarizzazione poi il bambino entra in un nuovo mondo, fa sue le dinamiche di ragionamento degli adulti e pian piano, razionalmente, limita il pensiero magico abbracciando quello logico. Ma il pensiero logico, caratteristico della fase adulta, della conoscenza, dello sviluppo dell’intelletto, non sempre riesce a sconfiggere le paure e a realizzare i desideri dell’uomo: è l’atavica lotta tra l’emisfero sinistro, logico, e quello destro, dell’emotività e dell’estro.

Ecco, capisco… ma secondo te è necessario risolverlo? Qual è l’antidoto? Il pensiero magico e il pensiero razionale si configurano come due strutture mentali conviventi nella mente adulta, un dualismo di cui l’uomo si nutre. La magia operata dal pensiero nasce dall’illusione che si stabilisce in un individuo che, più o meno inconsapevolmente, si convince, in virtù del suddetto rapporto fittizio, di poter modificare la realtà, nel bene o nel male.Non credo dunque sia necessario risolvere, risolversi, trovare un antidoto, ma utilizzare al meglio le nostre predisposizioni: l’uomo ha bisogno di credere di poter cambiare la realtà, per creare, per evolversi, per andare avanti, per crescere, senza timori.

Grazie, così mi posso assolvere; e, sono sicuro, non solo io… Restando su questo, ma andando al tuo ultimo libro, “Maura, l’indovina di Orotelli. Streghe nella Sardegna del ‘700 (Nemapres 2018) che è già un successo editoriale, ha scavato dentro di te? Ti ha cambiato? Premettendo che tutto nella vita ci cambia, ogni esperienza, ogni incontro, noi siamo in perenne cambiamento sempre e chi non lo vede o non lo accetta, non cresce, non si evolve, Maura sì, mi ha cambiata. La sua vicenda umana è diventata la mia, ho sentito il suo potere e la sua fede, ho avvertito la sua solitudine e la sua inquietudine. La sua vicenda umana mi ha colpita molto. Con lei poi ho avuto modo di sperimentare una scrittura meno accademica e più divulgativa, mi ha portato tra le gente, mi ha aperto porte che non pensavo esistessero. In qualche modo mi ha trasmesso coraggio e forza.

Chi legge della “tua” Maura dopo è più… Spero sia più curioso di conoscere il nostro passato e le nostre tradizioni, spero sia più ricco per aver conosciuto quelle di cui io parlo. Inoltre spero veda la differenza tra il vero ed il verosimile, Maura è una donna realmente vissuta, nata e cresciuta nella nostra amata Isola, figlia di secoli di usi, costumi, tradizioni, saperi antichi che si perdono nella notte dei tempi. Non è una strega a cavallo di una scopa, è una donna come tante altre, una donna devota e allo stesso tempo una curatrice, un’indovina.

Sei una donna paziente? No, non mi definirei una donna paziente. O meglio, sono paziente nel mio lavoro, posso passare ore e giorni, mesi, a leggere, approfondire, studiare, pensare, ricercare. Nella vita di tutti i giorni vorrei avere la bacchetta magica che realizzi tutto subito, qui ed ora, ma ho capito crescendo, che ogni cosa ha il suo tempo, i suoi tempi, accade quando deve, non prima, non dopo.

«Maschi, tremate, le streghe son tornate!», la mia generazione è crescita con questo slogan che ancora mi rimbomba nelle orecchie Ti posso dire che, fatto lo scorporo di un certo femminismo ormai remoto, trovo bellissima questa frase. E sono d’accordo che le streghe, con quel loro superiore ingegno non convenzionale, sono meravigliose creature che ci hanno portato più avanti! Tutti, più avanti! Maura e le altre secondo te potevano essere le prime guerriere di una lotta di genere? In Maura e nelle altre non credo ci fosse la consapevolezza della lotta, ne tanto meno la percezione di una battaglia in corso. Per loro era normale che le donne si occupassero della cura dei malati, della preveggenza, della preghiera come si occupavano della lievitazione del pane e di tessere. C’era in loro la tradizione che si scontrava con i dogmi e verità spesso incomprensibili a persone analfabete e non istruite, c’era  il buio di paesi senza la luce elettrica, senza medici e senza medicine. In questo buio aleggiavano fantasmi e anime, streghe, vampire e fate buone. Spero che le streghe ritornino davvero, ma in realtà credo non se ne siano mai andate, si sono mutate e hanno mantenuto i loro saperi e i loro doni.

Mago: mi pare che tra le parole di uso comune, al maschile, ci sia soltanto, mago. Invece al femminile: strega, fattucchiera, indovina, chiromante, maga, fata, e altre che non mi ricordo. Lo so, alcuni di questi nomi si potrebbero declinare al maschile, ma nella loro più pura e significativa essenza fanno pensare alle donne. Donne ribelli, scaltre, e se serve anche cattive. Hai già capito la mia domanda: la magia è femminile? Forse perché ci vuole quel qualcosa in più che ha solo una donna? Credo che un determinato genere di magia sia femminile. Mi spiego, quella colta, quella che serve ad accrescere la propria potenza, ad ottenere poteri magici, a governare, ad avere potere è più maschile, vicina alle attitudini maschili della virilità, della lotta, della supremazia fisica. La magia è donna come la donna è madre, come una madre veglia sul figlio, lo cura, lo cresce lo accudisce, lo accompagna al matrimonio. È la magia del benessere, del legame, dell’amore. Magia che agevola le unioni, lega le persone, le protegge dall’invidia, dal malocchio, gli dà fiducia nel futuro.

Ma se la magia, secondo te, ha anche aree geografiche? Parliamo solo della Sardegna che tu conosci e studi. No, un “no” deciso, la magia è una connotazione dell’uomo, non conosce regione geografica, è presente in tutte le culture. Ovviamente ogni luogo si differenzia poi per usi e costumi diversi, dati dalla natura, dalla vocazione economica, dalle credenze religiose, dai contati con altri popoli e da tanti altri fattori antropologici.

Certo, e invece diresti che la magia è selettiva nelle aree culturali? Sicuramente è legata a forme di vita e a modi di vivere più primitivi, arcaici, non contaminati e non omologati. Per questo in alcuni paesi dell’interno della Sardegna, come in molte regioni del sud d’Italia, e in diverse parti del Mondo, certe usanze si sono conservate più a lungo nel tempo in aree geografiche meno raggiungibili, perché la modernità, la globalizzazione sono arrivate più tardi e più lentamente.

Ci stiamo avventurando in un terreno scivoloso, perché rifiuto il sillogismo magia uguale ignoranza. La magia, escluse alcune forme di superstizione e arretratezza, non credi che abbia una sua cultura profonda e rispettabile? Assolutamente sì, la magia che io ho studiato è data dalla conoscenza delle erbe, del corpo umano, dei prodotti della terra, degli astri celesti, dei venti, delle maree; è esperienza di generazioni, di vite passate, conoscenza profonda dell’animo umano, delle sue debolezze e delle sue virtù.

Io all’inizio di questo articolo ho detto che la magia è dentro noi sardi, forse nel nostro stesso DNA. Io non lo so perché, ce lo dovrai spiegare tu, come studiosa, ma io credo che ci serva per controllare l’incontrollabile, per dominare malattie, disavventure o tradimenti. È una forza che abbiamo dentro? Ti chiedo: per trovare la magia dobbiamo andare a cercarla dentro di noi col lanternino? L’uomo ha sempre cercato di dare un senso alle cose che non riusciva a capire e a controllare, sì come tu ben dici, disgrazie, sciagure, malattie e miseria, ma anche tradimenti, delusioni, invidie.  Sì la magia deve essere una forza positiva, che va cercata in noi, risvegliata alimentata. Una forza positiva che ci spinge a leggere i segnali che la vita ci mette davanti ogni giorno, ad ascoltare la natura, a dare peso a quello che ci accade intorno, ad ascoltare noi stessi e chi ci circonda.   

Gioco delle associazioni di idee: se io dico Inquisizione, tu rispondi? Molti anni fa la prima risposta sarebbe stata, nell’ordine, Spagna, Torquemada, torture, streghe. Per deformazione professionale, e di studi, poi per me Inquisizione ha significato processo, una modalità di indagine nella mente umana. Ora penso all’Inquisizione vescovile di cui mi sono occupata, una fase matura volta non alla condanna, ma al recupero dell’imputato, più pastorale e comprensiva, evoluta. Si parla poco di quest’ultima fase dell’Inquisizione, è quella dove non si dà più la caccia all’eresia ma si cerca di mettere ordine nella religiosità popolare.

Ecco, invece a me il Tribunale dell’Inquisizione dava l’idea di una prepotenza indifferente, posta agli antipodi della giustizia. Ma io, lo so, sono vittima di pregiudizi senza approfondire (che sembra lo sport nazionale); mentre tu che ne hai letto le carte e ci hai studiato a lungo, come fai a farmi cambiare idea? Si rischia di avere più pregiudizi sull’Inquisizione di quelli che si imputano all’Inquisizione stessa. Scusa il gioco di parole! Per farti cambiare idea ti chiedo di fare con me un viaggio nel tempo, di immaginarti a vivere in un secolo lontano da noi, e di giudicare i fatti con la mentalità dei secoli passati. Ti chiedo di abbandonare i tuoi pregiudizi sì, le tue idee di oggi e i tuoi metri di giudizio che nella nuova epoca nella quale ti ho portato non valgono nulla. Ti chiedo dunque di metterti nei panni di un sacerdote di paese, che se nulla dice su una donna che cura la figlia con le erbe, non riesce a non denunciare il furto dalla chiesa di alcune ostie consacrate. Le ritroveranno poi sul cadavere di un bandito, morto perché convinto che proteggessero dalle pallottole. C’è la magia delle erbe, che poi diventerà scienza e poi ci sono le false credenze, che la scienza smentirà. Convinto?

Caspita, convinto sì! Grazie del viaggio, hai ragione: certe volte bisogna immergersi nelle cose, per capirle. Allora quello che ci siamo ricostruiti nella nostra mente, di soprusi feroci e sanguinari, alla fine, come spesso capita, sono solo frutto di chi vuole raccontare il clamore e non la storia. Sono questi da temere, forse ancora oggi, più degli inquisitori… Quindi nel ‘700 la vita era molto dura, ma non si moriva sul rogo ad ogni passo? Innanzitutto poche morirono sul rogo, nel ‘700 nessuna, molte morirono di fame, stenti e malattie nelle carceri, o bandite, esuli dai propri paesi, quello sì succedeva. Come succedeva che tanti morivano in un giorno e tanti nascevano, la vita era più dura di adesso, la morte più frequente. I meccanismi invece dell’accusa, del sospetto, della gogna (ora c’è quella mediatica se ci riflettiamo) erano gli stessi di oggi, perché in fondo la paura ed il sospetto hanno sempre fatto parte dell’animo umano.

Il Tribunale dell’inquisizione era degli uomini, e le vittime erano quasi sempre donne. Donne che lottavano per sopravvivere, che avevano coraggio, o erano al di sopra del coraggio, ma che sfidavano il potere dell’uomo. Era una guerra di potere? Come ti accennavo in precedenza, non c’erano guerre aperte tra i sessi, c’erano scontri di ingerenza tra i vari poteri attribuiti all’uomo e alla donna, c’era, credo, un mondo che lentamente cambiava i suoi equilibri, rimescolando le carte, anche quelle che attribuivano i ruoli all’interno della società. Penso alla figura del medico e del sacerdote per esempio. Un processo lungo che portava conseguenze e vittime, ma necessario, a ritrovare un nuovo equilibrio, verso il quale anche noi, ancora, lavoriamo, quello dell’uguaglianza dei diritti pur nel riconoscimento delle diversità dei generi, che sono una risorsa ed una ricchezza.

Ma secondo te anche oggi mandiamo al rogo donne scomode? Faresti un parallelismo con l’attuale “rogo” degli insulti seriali, i peggiori e i più feroci, nelle piazze virtuali? Mi verrebbe in mente, ad esempio, la strega Liliana Segre… Certamente oggi ci sono roghi mediatici che bruciano come i falò mediaveli, e donne che lottano per essere riconosciute come persone e per affermarsi nella società ed affermare la propria libertà di scegliere, è innegabile.  Ma non credo che Liliana Segre sia stata insultata in quanto donna però, ma in quanto simbolo di una verità atroce e scomoda, difficile ancora oggi da ammettere e da affrontare. Lei è il segno vivo e vivente di quando l’uomo possa essere il peggior carnefice di se stesso.

Terribilmente vero, però io credo che leggere e studiare la storia ci possa salvare. Penso che capire da dove arriviamo, approfondendo da libri come i tuoi, sia fondamentale, anche per la nostra particolare identità di sardi. Vuoi provare a convincere almeno una ragazzina di quanto sia importante? Le direi che conoscere la storia è sapere chi siamo, e che se noi non sappiamo chi siamo non possiamo scegliere come vivere la nostra vita, quale colore ci piace, quale lavoro vorremo fare, che posti visitare. Come da bambini guardiamo gli adulti per capire come muoverci nel mondo, così dobbiamo guardare al passato, per capire cosa è accaduto prima di noi, perché noi ora abbiamo usanze, abitudini, lingue, modi di essere che ci rendono unici e simili allo stesso tempo. Le direi che deve sapere da dove è arrivata per capire in che modo può andare avanti e dove andare.

Grazie, belle motivazioni. Ti ringrazio tantissimo, e sinceramente, per esserti messa in gioco con noi. Per concludere, augureresti alla ragazzina di prima, di diventare un po’ strega?

Si, le direi che lei è speciale, come ognuno di noi, e che ha dei poteri, come ognuno di noi, le augurerei di sfruttare sempre i propri poteri, quei doni, quei talenti che le sono stati affidati alla nascita, le direi che il mondo è magia e lei deve imparare ad usarla per il bene: una magia di conoscenze, di riti, di devozione, di religiosità, di energia.

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Alessandra Derriu, (Alghero, 1979), archivista e storica. Laureata in Conservazione dei Beni Culturali, Università degli Studi di Sassari, specializzata a Roma alla Scuola di Archivistica dell’Archivio Segreto Vaticano e presso la Scuola di Archivistica dell’Archivio di Stato di Cagliari. Ha lavorato per il  Comune di Alghero, l’Archivio della famiglia Simon – Guillot e la Diocesi di Alghero-Bosa. Titolare di una borsa di ricerca della Regione Sardegna, presso il Dipartimento di Storia dell’Università di Sassari. Ha svolto l’attività di indagine in storia medievale della Sardegna occupandosi dell’edizione di fonti, pubblicando Atti contabili della villa di Alghero (mandati e ricevute di pagamento anni 1405-1415), 2005; Alghero e i suoi privilegi in alcuni documenti inediti del XV secolo, 2007; Gli atti notarili del XV secolo dell’Archivio Capitolare di Alghero, 2009; L’Inventario dell’Archivio del Capitolo Cattedrale di Alghero, 2013, curati da Edizioni del Sole.  Tra i suoi interessi di studio, l’amministrazione della giustizia nella Sardegna catalano-aragonese ed i processi per stregoneria e superstizione che sono confluiti in due saggi, pubblicati da Edicions de l’Alguer,  Il tribunale dell’Inquisizione di Alghero. Storie di donne e di uomini attraverso documenti inediti del XVIII secolo, 2015. Magia e stregoneria dal Logudoro alla Barbagia. Le denunce dell’Inquisizione vescovile settecentesca nella diocesi di Alghero, 2016.

Titolo: “Maura, l’indovina di Orotelli. Streghe nella Sardegna del ‘700” (Nemapres 2018)

SINOSSI: Orotelli, Maura, una donna divinatrice: un documento inedito e una storia realmente accaduta, dalla polvere d’Archivio emerge una vicenda giudiziaria e umana che ci racconta un tesoro di credenze e di devozioni trasmesse per secoli, mai scritte. Questa vicenda è tratta dagli Atti del Tribunale dell’Inquisizione Vescovile di Alghero, riscoperti dall’autrice, Alessandra Derriu, nella sua qualità di archivista dell’Archivio Diocesano. Da questo documento riemerge la vicenda tipica di una donna che, nella povertà dei paesi del centro Sardegna nel 1700, viveva grazie all’elemosina del popolo che l’aveva riconosciuta come indovina e curatrice.

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