a cura di GIOVANNI MASALA
Sappiamo che Porrino è un musicista che ama estendere le sue ricerche e la sua attività ai più svariati campi della musica: liriche, brani per coro, per strumenti solisti, per complessi e, per restare nel campo della musica, persino per tromba!… Per il teatro ha già scritto tre balletti e due opere. Dati questi precedenti abbiamo creduto opportuno interpellarlo sulla molto discussa questione della musica per film, tanto più che noi crediamo fermamente che i giovani (e Porrino è un autentico giovane!) siano quelli più adatti a risolvere sul terreno pratico, questo problema importantissimo, per la loro elasticità di orientamenti e la loro maggiore aderenza alle esigenze artistiche dei tempi nuovi. Il film è indubbiamente, tra le forme d’arte e di spettacolo moderno, quella che più esige nei suoi cultori un’esperienza tradizionale, ma anche possibilità multiple di nuova tecnica e di nuova espressione. Porrino condivide pienamente questi nostri concetti, ed anzi afferma che avrebbero torto i musicisti se volessero tenersi estranei a questi problemi o li considerassero secondari, attribuendo al carattere musicale solo un carattere di arte applicata. Evidentemente non si può parlare di arte vera e propria quando si tratta di musica scritta in pochi giorni per films già “montati”, e limitatamente a un pedissequo commento dell’azione, o a un generico vaniloquio lirico costruito col sistema delle quattro battute per quattro, col cronometro alla mano, e in previsione di tagli o prolungamenti da improvvisarsi in sala di registrazione. Questo sistema che in genere è purtroppo quello in uso, è inevitabilmente destinato a impedire la creazione di una musica per film veramente artistica, ricca di germi emotivi, di una salda costruzione e scevra dei soliti trucchi e dei luoghi comuni.
Credete dunque, Maestro, che queste siano le sole ragioni determinanti della povertà e della mediocrità, spesso lamentate, dei commenti musicali dei films italiani? No. Vi è almeno un altro fattore, ed è quello della scelta fatta dai produttori nei riguardi dei collaboratori e quindi del musicista. In primo luogo sono molti gli sceneggiatori e i registi di films che hanno una sensibilità (non dico una cultura) musicale? Sanno essi veramente quale debba essere la funzione della musica nel film? Io non posso dirlo non avendo personali conoscenze nell’ambiente, ma ritengo di non errare nel rispondere alla mia stessa domanda negativamente. Fatte le debite eccezioni, possiamo affermare che spesso la scelta è stata fatta con criteri molto superficiali, in quanto o ci si rivolge a musicisti di scarso valore, che nel campo propriamente musicale non godono di nessun credito, o si ritorna sempre sugli stessi nomi. Cosa quest’ultima che, oltre a costituire un ingiusto e dannoso sistema di circolo chiuso, nuoce alla buona produzione e agli stessi compositori prescelti. Come, infatti, questi potranno, sempre parlando in senso artistico, portare un contributo notevole, se devono buttar giù alla meglio note su note, assillati dai produttori impazienti e frettolosi e dalla multiple scadenze dei contratti? Anche nel nostro dinamico secolo e nell’ultra dinamico regno dello schermo occorrerà prima o poi convincerci che nulla di importante, di nuovo o per lo meno di interessante se non di grande, si potrà creare senza il tempo, la meditazione e la collaborazione. Prima di tutto dare aria!… Immettere nuove energie e uscire dalla routine; combattere il mestiere e i mestieranti, e cercare l’arte e gli artisti. Dare a questi i mezzi e il tempo per meditare e realizzare il loro lavoro. Non ritenere che la musica nel film, e specie in certi films, sia puro commento e quindi entità trascurabile. Considerare invece questo elemento cosa importantissima ed integrante, suscettibile di vivificare e potenziare il film nel suo ritmo e nel suo valore espressivo. Può capitare, è vero, che talvolta la musica così bene aderisca alla vicenda visiva da divenire con essa un tutto unico e quindi sfuggire a un particolare giudizio critico del pubblico, ma creda il produttore che questa è un’ottima prova di quanto detto sopra, e che i suoi denari e il tempo, impiegati per raggiungere questo buon risultato, non sono andati perduti. Posso invece assicurare, come controprova, che a me è successo di vedere una volta un ottimo film italiano, curato in ogni particolare e di profonda umanità, nel quale però la musica era così vacua quanto rumorosa, da non aderire assolutamente alla narrazione cinematografica e da neutralizzare spesso l’effetto emotivo del film.
Quale sarebbe dunque, secondo Voi, la buona via da seguire per un miglioramento della produzione musicale dei films italiani? Per voler sintetizzare occorre saper scegliere i musicisti, variare nei nomi, ampliare la schiera dei collaboratori musicali, e non dimenticare coloro, anziani o giovani, che si son già fatti larga notorietà nel campo sinfonico e teatrale, chiamare i musicisti a collaborare sin dal periodo creativo della sceneggiatura e dare ad essi tempo sufficiente per meditare prima, e scrivere poi, della buona musica.
Ultima domanda: credete che la musica per film possa costituire un privilegio di pochi, come una specie di arte da iniziati? Niente affatto! Questa è un’invenzione astuta dei monopolizzatori, allo scopo di tenere fuori dal campo della cinematografia i cosiddetti musicisti puri! Anche per il film occorre soprattutto essere ottimi musicisti e avere buon senso. Con queste doti si è in grado di dare al cinema italiano della bella musica.