di STEFANO DELIPERI
Ci avviciniamo alla fine della stagione estiva ed è un’estate dai tanti disastri ambientali rappresentati da migliaia di incendi e infiniti piccoli e grandi scempi.
Basti pensare concessioni demaniali invasive, a dune violate, a spiagge saturate e a quant’altro si combini ai danni delle spiagge con tutte le autorizzazioni formalmente in regola. Fa da filo conduttore una robusta dose di cafonaggine, spesso da parte di turisti che mai compirebbero le stesse nefandezze a casa loro.
Che pensare dei tedeschi ligi a regole e precetti dell’autorità che giungono quasi alla rissa con i bagnanti locali perché volevano fregarsi un bel po’ di sabbia della spiaggia oristanese di Mari Ermi? Chi riesce a immaginarsi una famigliola furtiva di Dortmund intenta a rubare bottigliette di sabbia sulle rive del Mare del Nord?
In Italia, secondo un certo modo distorto di pensare, tutto è permesso. A maggior ragione in Sardegna, quell’isola mezzo selvaggia nel bel mezzo del Mediterraneo. Limitiamoci (si fa per dire) ai ladri.
Vengono beccati con 40 chili di sabbia nascosti nel suv o con una Nacchera in valigia, c’è chi disinvoltamente ammorba l’aeroporto portandosi dietro un cranio di delfino e c’è chi, meticolosamente, predispone un muro di centinaia di bottigliette piene di sabbia per poi poterle portar via più speditamente. Ben due tonnellate di sabbia sono state portate via dalle spiagge rientranti nell’area marina protetta di Tavolara.
Quasi una tonnellata di sabbia è stata rubata dai lidi di Villasimius, dove l’Area marina protetta ha scelto una linea morbida basata solo sull’educazione, che, evidentemente, non scoraggia il fenomeno dei maleducati.
A centinaia vengono quotidianamente colti sul fatto nei porti e negli aeroporti, come meritoriamente documenta e denuncia Sardegna rubata e depredata.
Non si tratta più del bambinetto che vuol portarsi un ricordo della vacanza al mare e metterlo nell’acquario di casa per far contento il pesce rosso, non si tratta più dell’emigrante che vuol portarsi un pugno di Sardegna nelle brume del Nord per vincere la nostalgia.
No, non è più così. Da tempo.
Non sono più casi sporadici.
E’ una depredazione a scopo di lucro. E’ un furto che alimenta il fiorente commercio online.
Ladri e ricettatori di Sardegna che, come si diceva, mai si sognerebbero di fare queste cose a casa loro, dove molto probabilmente finirebbero in galera o al lavoro obbligatorio a fini sociali su ordine giudiziario senza tanti complimenti.
Sì, sono fatti illeciti, perché si tratta di furto aggravato (art. 625 cod. pen.) ai danni dello Stato, in quanto la sabbia fa parte del demanio marittimo (artt. 822 cod. civ. e 28 cod. nav.), chi acquista è responsabile di ricettazione (art. 648 cod. pen.) o, quantomeno, di incauto acquisto (art. 712 cod. pen.), mentre chi favorisce tale illecito (es. le piattaforme internet dove sabbia e conchiglie sono poste in vendita) potrebbe rispondere a titolo di concorso nel reato (art. 110 cod. pen.).
Danno ambientale e reati vari oltre che becero vandalismo cafone, questa è la realtà dei pretesi souvenir rubati alle spiagge sarde.
L’associazione Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha provveduto a segnalare un caso di vendita illecita via internet (30 luglio 2019) al Corpo forestale e di vigilanza ambientale e ai Prefetti isolani con la richiesta dell’individuazione dei responsabili sia ai fini delle sanzioni penali sia per l’eventuale emanazione a loro carico di provvedimenti che ne impediscano il ritorno in Sardegna almeno per dieci anni.
Inoltre, è il benvenuto qualsiasi strumento giuridico che renda effettive le sanzioni amministrative, compresa la riscossione coattiva (art. 69 del regio decreto n. 2440/1923 e s.m.i., 50 e 60 del D.P.R. n. 602/1973 e s.m.i.) che dispone il blocco di un bene mobile (es. auto, barca) del trasgressore (c.d. ganasce fiscali).
I ladri vanno trattati come tali, non abbiamo bisogno di questo tipo di turismo.
Eravamo a is arutas. La sabbia non è più come un tempo. Almeno in quel tratto, poi non so
Non solo turisti, e fa ancora più male