La Sardegna può diventare un laboratorio di sperimentazione e innovazione della transizione energetica per la fase della decarbonizzazione. Per l’uscita, cioè, dalla dipendenza dalla fonte fossile, in linea con le necessità di lotta ai cambiamenti climatici. Ne è convinta Legambiente che ha presentato un appello alla Regione per “accelerare la transizione climatica e sociale”, attraverso un progetto che indirizzi le risorse della nuova programmazione UE per le “comunità interessate al phase-out (eliminazione) del carbone” e per creare lavoro attraverso “investimenti in rinnovabili, efficienza e sistemi di accumulo”. A questo proposito è necessario prendere come riferimento il PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia Clima), predisposto dal governo ed attualmente in discussione con le Regioni, che prospetta per la Sardegna proposte interessanti.
Quali? Nelle sue linee principali ribadisce l’impegno prioritario di rispettare gli accordi internazionali con la chiusura delle centrali a carbone entro il 2025, lo sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili, l’efficientamento del comparto edilizio e la realizzazione di un importante elettrodotto Sardegna – Sicilia – Continente. Per il gas si propone di accelerare sui depositi costieri di GNL (gas naturale liquefatto) anche per riconvertire le centrali a carbone. La sfida della innovazione energetica prospetta infine opportunità di nuova occupazione.
La Proposta di Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima predisposto in maniera congiunta dai Ministeri dello sviluppo economico, dell’Ambiente e delle Infrastrutture è un documento complesso e contiene interessanti indicazioni per quanto riguarda le prospettive di sviluppo in campo energetico della Sardegna. In particolare, Legambiente evidenzia due aspetti ritenuti di notevole importanza:
Viene indicata la prospettiva della chiusura delle centrali a carbone entro il 2025, insieme alla necessità di accelerare la crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili.
Per quanto riguarda l’attuale indisponibilità di metano, che penalizza fortemente la Sardegna, il piano è molto chiaro indicando la prospettiva del suo arrivo attraverso una diffusione dei depositi costieri di GNL (gas naturale liquefatto). E’ un obiettivo già indicato da Legambiente, che per essere perseguito ha bisogno di una notevole attività programmatoria da parte delle istituzioni.
Legambiente considera in definitiva positivamente le proposte contenute nella Proposta di Piano e ritiene che possano utilmente favorire una fase di transizione fra fonti fossili e fonti rinnovabili, garantendo sicurezza e innovazione, anche senza le centrali a carbone. La chiusura dell’anello di collegamento Sardegna-Sicilia-Continente può garantire una maggiore sicurezza del sistema regionale e un ulteriore sviluppo delle fonti rinnovabili.
I depositi costieri possono fornire il GNL (gas naturale liquefatto) per gli usi industriali e civili, favorendo anche lo sviluppo della filiera del biometano, in un contesto di maggiore elettrificazione e decarbonizzazione del sistema energetico regionale.
Il PNIEC assegna un ruolo importante anche agli interventi di efficienza energetica nel comparto edilizio ed al potenziamento e decarbonizzazione del settore dei trasporti.
Ovviamente c’è uno step ulteriore e importante. La sfida che ora si apre per la politica regionale – spiega l’organizzazione ambientalista – è di fare in modo che questa transizione sia sostenibile anche da un punto di vista sociale. Perché sono previste risorse per questi obiettivi nella prossima programmazione europea 2021-2026, occorre che la Regione Sardegna si trovi pronta con progetti di bonifica e riconversione delle aree, formazione dei lavoratori e creazione di lavoro nella prospettiva che si verrà ad aprire di una generazione energetica sempre più distribuita e rinnovabile, dove ci sarà più lavoro ma in posti diversi rispetto ad oggi e per questo bisogna aiutare i territori e le persone.
A fronte delle prospettive delineate dal PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia Clima) e dagli altri documenti di programmazione nazionale si assiste tutti i giorni nei media regionali alla espressione di valutazioni negative sulle prospettive di sviluppo della Sardegna di fronte alle scadenze poste dagli accordi internazionali derivati dalla COP 21 di Parigi.
“In particolare Legambiente – afferma Vincenzo Tiana presidente del comitato scientifico regionale- è preoccupata per il modo disarticolato con cui vengono affrontate le diverse opzioni che rischiano di isolare la Sardegna in una posizione arretrata rispetto all’Europa. Spostare al 2030 il PHASE -OUT appare solo una proposta dilatoria rispetto alla necessità di assumere con convinzione il processo di decarbonizzazione che prevede zero emissioni nette al 2050, per poter fronteggiare in maniera adeguata l’emergenza climatica. E’ emerso da tutti gli studi che la Sardegna trovandosi al centro del mediterraneo è investita con maggiore frequenza dalla formazione di uragani che vengono denominati (Medicanes) Mediterranean Huricanes del tutto simili a quelli oceanici.
Pertanto “non solo riteniamo sbagliato contrastare gli obiettivi indicati dal PNIEC – afferma Edoardo Zanchini vice presidente nazionale – ma riteniamo che gli stessi siano allo stato attuale insufficienti per rispettare le prospettive indicate dagli accordi di Parigi. Infatti a parere di Legambiente il PNIEC deve alzare l’asticella degli obiettivi in linea con quelli europei. Siamo ancora in tempo per dotarci di un Piano e di una Strategia di lungo termine più ambiziosi ed in linea con la soglia critica di 1.5°C. Quello di cui abbiamo bisogno è un piano nazionale coerente con l’Accordo di Parigi, che punti ad un futuro energetico al 100% rinnovabile e sull’efficienza energetica per ridurre consumi e importazioni; che acceleri la transizione fuori dalle fonti fossili (cancellando gli assurdi sussidi diretti e indiretti previsti), che renda davvero possibile l’uscita dal carbone al 2025. Il PNIEC deve riuscire a dare più certezze alla riqualificazione energetica del patrimonio edilizio legandola a quella della messa in sicurezza, prevedere obiettivi più ambiziosi per accelerare la decarbonizzazione dei trasporti e una strategia più chiara a cogliere le opportunità tecnologiche a partire dalla mobilità elettrica del trasporto pubblica. Per una Regione come la Sardegna occorre rafforzare il ruolo dei sistemi agricoli e forestali, incentivare la transizione verso un’economia circolare e decarbonizzata con priorità alle misure di adattamento ai cambiamenti climatici in corso, a partire dai territori più vulnerabili quali le zone umide e le aree costiere.
Aggiungiamo con forza che nello scenario che proponiamo, investire sullo sviluppo delle comunità energetiche e allo scambio di energia tra utenze, con sistemi di accumulo e sviluppo della trazione elettrica, per la Sardegna può costituire anche una opportunità per vedere una riduzione dei costi energetici”.
Legambiente per la mole di problemi che presenta considera la Sardegna un laboratorio di sperimentazione delle tecniche innovative della transizione energetica, un campo di applicazione degli obiettivi indicati dal PNIEC.
“Come nel 2004 la Sardegna si è distinta a livello nazionale per le misure innovative nella tutela e valorizzazione del Paesaggio – aggiunge Tiana- cosi nel 2019 si può distinguere nelle misure innovative per affrontare l’emergenza climatica e valorizzare il proprio territorio”.
“In estrema sintesi – conclude Zanchini- sono necessari obiettivi più avanzati rispetto a quelli europei, per cui si rivolge un appello alla Regione per rafforzare il tavolo di programmazione, che partendo dal rapporto di monitoraggio del PEARS, affronti i diversi scenari ed elabori una proposta adeguata alla gravità della situazione industriale sarda da presentare per la programmazione dei nuovi fondi strutturali 2021- 2027. Infatti il prossimo bilancio pluriennale della UE prevedrà delle ingenti risorse (25% per l’azione CLIMA del complesso del bilancio) in particolare per attuare la transizione economica e sociale delle comunità interessate al phase-out del carbone e dalla riconversione degli impianti industriali energivori, in primis da applicare per l’area industriale di Portoscuso, nella quale appare anacronistico perseverare nella riproposizione di scelte del passato”.