di LUCIANA PUTZOLU
Isabella Mastino, di origine sassarese, i suoi studi giuridici si affiancano al grande amore per Grazia Deledda. Le pagine del suo libro “Ma io non vedevo quella luna” (Alfa editrice-Aprile 2018) prendono per mano il lettore alla scoperta della Deledda, di alcuni suoi romanzi meno noti, e approfondiscono temi ricorrenti: la giustizia, la speranza, l’amore, la volontà e l’essere madri, padri e figli.
Un amore per Grazia Deledda nato quasi per caso … In Grazia Deledda ho ritrovato me stessa più che in qualsiasi autore io abbia mai letto. La sua capacità di descrivere i sentimenti spesso inconfessabili degli uomini, i meccanismi sfuggenti e misteriosi che regolano le relazioni umane, le dinamiche affettive e familiari come sono realmente e non come dovrebbero essere, la sua fortissima e personalissima fede, svincolata tuttavia dalle durezze e dalle imposizioni religiose, la sua speranza che traspare da ogni pagina, anche dalla più buia, e il sentimento d’amore, che emerge in ogni suo romanzo, me l’hanno resa infinitamente vicina ed amata. Un amore tardivo, giacché, non essendo inserita nei programmi scolastici (per ragioni a mio parere ingiustificabili), non ne lessi nemmeno una pagina nelle antologie scolastiche. Mi fu regalato un suo libro da mia madre: da allora ho studiato l’intera opera, amandone ogni riga.
Verga e Pirandello, nonostante l’origine insulare, sono entrati a pieno titolo nella letteratura nazionale e nei programmi scolastici. Perché Grazia Deledda, nonostante il nobel, è trascurata anche in Sardegna? Grazia Deledda ha svelato l’anima del sardo, nel bene e nel male. E il sardo non ama essere svelato, neanche nelle sue bellezze. Era donna orgogliosamente sarda: aveva una poetica originale e indipendente da qualunque regola vigesse allora nel mondo letterario. La sua libertà l’ha resa tanto profonda, tanto amata in Europa e, purtroppo, tanto invisa alle élites letterarie dell’epoca: la libertà di pensiero e di espressione spaventa e, soprattutto in ambito artistico, suscita invidia. Ma il valore dell’opera di Grazia Deledda è stato riconosciuto con il conferimento del Premio Nobel, che, nella motivazione, ha messo in luce la sua “potenza di scrittrice”, l’acutezza psicologica delle pagine, la profondità della poetica e l’universalità delle tematiche umane trattate, tematiche che travalicano lo spazio e il tempo. La sua forza sta proprio in questo: arriva dritta al cuore del lettore senza necessità di alcun filtro tecnico o critico. E forse anche per questa ragione non è stata amata da alcuni tecnici della letteratura.
Con il tuo libro accompagni il lettore alla scoperta di romanzi quasi sconosciuti della scrittrice nuorese: qual è il tuo lettore ideale? A chi ti rivolgi? Il mio intento è divulgare la conoscenza di Grazia Deledda a chi ancora non ne conosce la grandezza e il valore e a chi è stato vittima inconsapevole della politica di ostruzionismo posta in essere nei suoi confronti, politica che ha impedito una reale conoscenza della sua opera: dunque, sia a giovani che a meno giovani. Al tempo stesso, anche chi già conosce e ama Grazia Deledda è destinatario della mia antologia, nella quale può trovare un commento, un confronto con altri autori, o una mia interpretazione dei romanzi, instaurando così un dialogo astratto con il lettore non solo sui romanzi, ma soprattutto sulle vicende umane e psicologiche.
Qual è la missione della letteratura nel mondo contemporaneo? Come riuscire ad affascinare i giovani? Credo che la missione della letteratura nel mondo contemporaneo sia quella che ha sempre avuto anche nel mondo antico, e che è stata riassunta dal teorico bulgaro della letteratura Tzvetan Todorov: la letteratura “aiuta a vivere” e “permette a ciascuno di noi di rispondere meglio alla propria vocazione di essere umano”. Nella letteratura si entra in contatto con l’animo altrui, e solo questo contatto permette all’uomo di conoscere se stesso. I giovani hanno in sé una scintilla che spesso viene offuscata dall’esterno, dai ritmi della società, da distrazioni imposte: guidarli a ritrovare quella scintilla e a godere della luce è il primo passo per mostrare loro come possono trovare se stessi nella letteratura e, trovando se stessi, sentirsi dunque meno soli.
per gentile concessione de https://www.arborense.it/