di VIRGILIO MAZZEI
Il vitigno Carignano, dalla cui uva si produce il famoso Carignano del Sulcis DOC, ha alle sue spalle una lunga storia, e origini che rimangono in qualche modo ancora incerte.
Dalle ricerche compiute, questo vitigno potrebbe essergiunto in Sardegna attorno al 1300 per mano degli Aragonesi. Il tutto, sarebbe poi avvalorato dal fatto che il nome dialettale del vitigno – e anche dell’uva – sia axima de spagna.
La seconda ipotesi è che questo vitigno sia invece “sbarcato” in terra sarda grazie ai Fenici, fondatori di Solci, nell’Isola di Sant’Antioco.Ipotesi rafforzata anche dal fatto che questo vitigno è presente anche in Tunisia, Marocco e Algeria, tutti territori che ai tempi erano dominati dai Fenici.
Incerte origini a parte, se teniamo conto del lungo periodo di tempo in cui il Carignano alligna nel vigneto dell’Isola, si può sicuramente parlare di una certa “mutazione genetica” del vitigno rispetto al ceppo originario: il Carignano del Sulcis viene infatti annoverato fra i vitigni autoctoni della Sardegna.
Si tratta di una vite molto generosa per quanto riguarda l’abbondanza di uva che fornisce. E’ molto resistente agli sbalzi di temperatura, ma particolarmente sensibile alle malattie crittogamiche, e in particolar modo a l’oidio.
Il vitigno Carignano è diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo occidentale, anche se altrove è conosciuto con diversi nomi.
In Francia, specie nelle regioni Languedoc-Roussillon è chiamato Carignan.
In Spagna, in particolar modo in Catalogna, è noto come Carinena.
La sua prima apparizione in Sardegna è invece localizzata nell’isola di Sant’Antioco, e poi in tutta la regione del Sulcis.
Una nota curiosa:nel mondo ci sono approssimativamente 10.000 vitigni descritti e coltivati. Di questi, circa una decina, sono coltivati su circa 2 milioni di ettari, pari al 20% della superficie vitata nel mondo (7-8 milioni di ettari). Tra questi 10 vitigni più diffusi c’è anche il Carignan,che altro non è che il ceppo Carignano del quale stiamo parlando. Per cui possiamo affermare che il vino argomento di questo articolo appartiene a questa schiera di vini blasonati. Non è male!
Nel contesto, dobbiamo rendere merito a tutti i vignaioli sulcitani per la loro tenacia nel produrre il vino Carignano, ma soprattutto, è doveroso riconoscere un ulteriore merito e apprezzamento alle cantine di Santadi, San Pietro, Sant’Antioco e Calasetta per aver creduto nelle potenzialità di questo splendido vitigno e del vino che ne deriva, oggi fiore all’occhiello dell’enologia sarda, tanto da esser riuscito a crearsiun importante spazio nel mercato interno ed estero.
Nel quadro dei meriti e dei riconoscimenti a soggetti che hanno contribuito e contribuiscono alla valorizzazione del Carignano del Sulcis, mi sembra doveroso ricordare Giacomo Tachis (1933-2016), da tutti considerato il più grande enologo italiano e il “papà dell’enologia di qualità in Sardegna”. Egli ha dato il massimo contributo alla Cantina di Santadi per la valorizzazione e la divulgazione del Carignano. Tanto è vero che proprio per i suoi meriti, nella toponomastica del paese di Santadi, oggi esiste Via Giacomo Tachis Enologo.
La produzione di questo vino ha avuto la prima regolamentazione col DPR 14.10.1977, più volte modificato e attualmente prescritta dal DM 7.3.2014.
Il disciplinare prevede che le vigne abbiano 3500 piante di vite per ettaro; da ogni ceppo non si deve produrre più di 3,5 chilogrammi di uva. Se il sistema d’impianto è ad alberello si possono raggiungere 5000 ceppi per ettaro, ma la produzione media di uva non deve superare Kg.2,200 per pianta. Comunque, la resa massima di uva per ettaro in coltura specializzata non deve superare 11 tonnellate per ettaro, mentre per il Carignano del Sulcis rosso superiore o passito non può superare le 7,5 tonnellate per ettaro.
Le tipologie previste e riconosciute dal disciplinare sono:
Carignano del Sulcis Rosso
Carignano del Sulcis Rosso Riserva
Carignano del Sulcis Rosso Superiore
Carignano del Sulcis Rosato
Carignano del Sulcis novello
Carignano del Sulcis Passito.
E’ stabilito che tutte le tipologie indicate devono essere ottenute dalle uve provenienti dai vigneti del territorio. Per almeno l’85% deve trattarsi di uva Carignano, con la quale possono concorrere altre uve – non aromatiche- pari al 15% a condizione che siano provenienti da vitigni a bacca rossa idonei alla coltivazione per la Regione Sardegna, iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino, regolato dal DM 17.3.2014.
Le uve, inoltre, devono essere prodotte nei territori dei 17 comuni indicati nel disciplinare, posti in provincia di Carbonia, Iglesias e Cagliari.
Le vigne, altresì, devono trovarsi ad un’altitudine sul livello del mare non oltre i 400 metri.
Il terreno vitato, è costituito da materiale alluvionale del quaternario depositatosi nelle rocce di origine vulcanica. In esso si riscontrano strati di argilla, conglomerati, e composti sabbiosi.
Le foglie della vite Carignano sono di media grandezza e di forma pentagonale.
Il grappolo dell’uva è compatto, di media grandezza, con una o due ali.
L’acino è di media dimensione, di forma obovoidale, con buccia di medio spessore, molto pruinosa, di colore blu-nera.
Grazie alla sua struttura, il vino Carignano è indicato anche come vino da taglio per integrare o rafforzare altre basi carenti.
Il vino Carignano del Sulcis DOC, all’esame organolettico risulta:
colore: rosso rubino, vivo, brillante. Il tipo rosato tende al cerasuolo
profumo: vinoso, si avverte anche l’alcoolicità. Si percepiscono sentori di erbe aromatiche che rispecchiano il territorio
sapore: asciutto, leggermente vellutato. Ad un certo stadio evolutivo, con sentori di frutta matura, caldo e persistente, giustamente tannico.
Va servito ad una temperatura di 18-20°C in bicchiere tipo ballon per una giusta ossigenazione, ma anche per valorizzare maggiormente i profumi e i sapori del vino.
Il Carignano del Sulcis DOC, grazie alle sue caratteristiche organolettiche si presta a essere abbinato a un’ampia gamma di piatti.
In particolare, è indicato con specialità a base di sughi rossi saporiti, carni rosse alla brace, selvaggina, e cacciagione in genere (meno con beccaccia e quaglia), formaggi saporiti, insaccati e salumi conditi alla sarda.