AUTUNNO IN BARBAGIA IN SALSA MILANESE: PRIMA TAPPA MENEGHINA DEI SEMINARI DI PRESENTAZIONE TARGATI F.A.S.I.

ph: Serafina Mascia – Presidente F.A.S.I.
di SERGIO PORTAS

Per L’autunno in Barbagia in salsa milanese (gli altri appuntamenti a Rivoli, Bologna e Firenze) la FASI (federazione Associazioni Sarde in Italia) è, oggi 25 maggio, a palazzo Castiglioni di corso Venezia: “Cà di ciapp” lo aveva soprannominato il popolino di Milano quando venne costruito nei primissimi anni del ‘900, “art nuveau” che presupponeva la presenza imbarazzante di due statue femminili poste sopra il portale d’ingresso che venivano accusate di essere davvero troppo procaci e troppo nude. Vennero, ahimè, trasferite in altra villa (la Luigi Faccanoni, sempre a Milano). E’ attualmente sede dell’Unione Commercianti meneghina. Serafina Mascia, presidentessa, Giuseppe Tiana che coordina i circoli del Nord e Tonino Mulas “presidente emerito” (tipo Papa Ratzinger) fanno da padroni di casa per Agostino Cicalò, presidente della Camera di Commercio di Nuoro. Giovanni Cervo, presidente del circolo sardo di Milano, è a sua volta impegnato in una aspra lotta perché alcuni filmati possano finalmente materializzarsi da un renitente computer Apple. Trattasi di presentare ad pubblico i numeri di un fenomeno turistico del tutto anomalo per la nostra amata isola, che va giustamente nota per lo mondo sopratutto in grazia del suo cristallino mare. Mentre qui, nella Barbagia “incontaminata da veruna straniera invasione” (a proposito di fake news) e dove la gente parla un simil-latino che a Ostia ancora si sognano ( e chi glielo avrà imposto se non i Romani antichi?) l’offerta turistica è imperniata tutta sulle peculiarità dei singoli paesi che si sono uniti nel progetto che, da settembre ( 7/8 a Bitti) a dicembre (14/15 a Orune) vede impegnati ben 32 comuni dell’area. Non è ancora un “pacchetto” dice Cicalò, ma poco ci manca visto che si è raggiunta la 26°edizione. E si può davvero dire consolidata visto che attira oramai almeno 500.000 presenze per ogni edizione. Le criticità sono evidenti, se si pensa che un paesino come Austis, 800 abitanti che a Milano starebbero comodamente in un palazzo di trenta piani, nel fine settimana della manifestazione attira qualcosa come 15.000 visitatori, da qui problemi di parcheggio, bagni pubblici, ristoranti. E per raggiungere in macchina Mamoiada, che di presenze fine-settimanali ne fa 35.000, bisogna mettere in conto di farsi file di 4 chilometri, prima di poter finalmente parcheggiare la vettura. E meno male che sempre più spesso arrivano da Sassari e Cagliari pullman che hanno in più la virtù di poter accatastare turisti che al ritorno presentano un grado alcolico del tutto inadatto alla guida individuale. Inutile rimarcare che tra le specialità dei posti, grande è il favore che viene dato a vini cannonau che si vergognano di misurare gradi al di sotto del numero 14. Ogni paese racconta quello che è: quello che sa fare meglio, il difficile è premiare i migliori nelle varie arti, i più bravi. E non sono pochi i sindaci che hanno dovuto dare addio al secondo mandato per aver “toppato” nel fine-settimana che toccava al loro paese. Si diventa punto di attrazione per una economia più ampia e diversificata. Dice Cicalò che l’ottobre scorso a Orgosolo ha trovato il paese pieno di moto e auto straniere, in centro un’anziana signora noleggiava audio-guide: un completo cambiamento di paradigma per un paese che dal film di De Seta del 1961 era ancorato alla sua fama di “banditismo cronico”. Al progetto si sta affiancando un “Distretto culturale del nuorese” che aggrega soggetti diversi: una sorta di mappa che comprende 28 siti, dai punti archeologici ai musei, fino all’acquario di Cala Gonone, con un “brand” da rivalutare per quello che può dare in visibilità: la Grazia Deledda nei suoi percorsi di vita e in quelli altrettanto vivi della sua letteratura. Col reddito medio di 19.000 euro per un milione e mezzo di abitanti, l’unico volano possibile di sviluppo (stante la crisi industriale italiana e sarda) è dato dal turismo straniero, quello che chiamano “esperenziale”, mari belli ce n’è in tutto il mondo, paesi dalle caratteristiche specifiche, che fanno quel tipo di pasta e di dolci, scolpiscono maschere carnevalesche di pero selvatico, e gioielli in filigrana di oro su corsetti ricamati a mano, beh venite in Barbagia a vederli. Il giallo dei costumi che profuma di zafferano. La FASi per sua parte sta mettendo in piedi un progetto atto a promuovere l’artigianato, i prodotti alimentari dop, con una rete di distribuzione che coinvolge, dal basso, i territori dai quali nasce. Che, intoccabile, è l’autonomia dei singoli paesi, ognuno giustamente e ferocemente fiero delle sue specificità. Miracolo che regga ancora questa lega sarda, che pure si tiene e governa come fosse un palio di Siena in minore, con le medesime rivalità, ma che ha lo scopo comune di far progredire economicamente la Barbagia tutta. Serafina Mascia dice anche di un altro progetto che sta andando in porto, coinvolgendo questa volta i paesi dell’interno, quelli che più di altri stanno soffrendo un fenomeno di spopolamento e invecchiamento drammatico. Sono state censite e mappate case vuote in un centinaio di comuni, si tratta di metterle in rete e dare loro visibilità, una sorta di “ritorno a casa” per i sardi di seconda e terza generazione che sempre di più sono curiosi di conoscere il paese lasciato dai genitori. Insomma l’altra Sardegna (70 circoli in Italia e altrettanti all’estero) c’è. Scrive libri sulla storia sarda (è in stampa “Sa lotta ‘e Pratobello”, autrice la vice presidente del circolo di Bologna). Si impegna affichè i voli low-cost non partano solo da Milano e da Roma, e solo di primavera. Agostino Cicalò, laurea in Milano, ha scelto di fare l’imprenditore in Sardegna, si professa ottimista nonostante tutto, non è vero, dice, che passato un treno, non se ne possa prendere un altro: i treni passano tutti i giorni. Il digitale è uno di questi: un’opportunità per l’isola, siamo finalmente connessi come tutti gli altri. Abbiamo gli stessi neuroni degli altri, è ora di smetterla di piangere.

Tonino Mulas e Agostino Cicalò
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