di MARCELLO ATZENI
In quelle poche righe, scolpite nella pietra marmorea, “L Illustrissimo e Reverendissimo Signor Don Victorio Melano, Arcivescovo di Cagliari, concede quaranta giorni d’indulgenza a tutti coloro che passando di fronte questa croce, reciteranno un Padre Nostro e un Ave Maria.”
Sino agli anni novanta l’iscrizione si trovava sulla parte sinistra , a metà della salita che porta al convento. Praticamente di fronte alla chiesa sconsacrata di San Rocco. Basamento in malta cementizia, lapide bianca incastonata nella “struttura” con scritta in castigliano. Il tutto sormontato da una croce metallica color grigio chiaro . Per tantissimo tempo ha occupato quel posto, accompagnando i sanluresi che si recavano nella chiesa dei Padri Cappuccini. La lapide ora, come detto, si trova all’interno, nella sala principale del museo. Non è stata rubata, come venne ipotizzato. L’iscrizione è priva di data. Ma è certo che Monsignor Melano fu Arcivescovo di Cagliari dal 1778 al 1797. Joaquin Arce nel suo libro, datato 1960, “ Espana en Cerdena”, ritiene che sia l’ultima iscrizione spagnola su marmo di tutta la Sardegna. Ne parla in “ Sanluri terra ‘e lori”, uno Scolopio che per tantissimi anni operò a Sanluri: Padre Francesco Colli Vignarelli ( al quale è intitolato l’Istituto tecnico commerciale per geometri). Un pezzo di notevolissimo valore. Curioso il fatto che in quegli anni la dominazione spagnola fosse finita da un pezzo, per lasciare spazio ai Savoia. Nel 1720, per essere precisi. Ciò nonostante, l’epigrafe ne è la dimostrazione, nell’isola si continuava, almeno negli atti ufficiali, a scrivere in castigliano. A rimarcare il fatto che la dominazione ispanica in Sardegna avesse lasciato, e lascia tutt’ora, un’impronta profondissima.