di PATRIZIA BOI
Una Faraona Reale dalle piume di cristallo viveva nel Palazzo Regio di Cagliari. Era stata segregata nell’ala più nascosta del castello, affidata ad una vecchia saggia, per paura che si frantumasse il piumaggio.
Eleonora, così si chiamava la Faraona, passava il tempo a dipingere e a leggere. Non poteva correre ma solo camminare muovendosi con cautela.
La vecchia le cucinava cibi scelti e delicati e le lucidava le piume con un panno di seta thailandese.
Eleonora si sentiva imprigionata con la vecchia, desiderava sapere come fossero i giardini, i corsi d’acqua e i colori del cielo. Ma tutti continuavano a dirle che lei non poteva.
Cosa significa sopravvivere, però, se non si può fare nulla?
Un pomeriggio, quando la vecchia dormiva, Eleonora, vinta dalla curiosità, uscì per le vie intorno al castello.
Dopo pochi passi incontrò un Tacchino con gli occhi viola come quella brutta escrescenza carnosa che gli pendeva dal becco. Appena la vide, il tacchino le sbarrò la strada e spalancò la sua enorme ruota grigio metallo.
Eleonora, spaventata, non sapeva cosa fare. Per lei era vietato correre, ma aspettare che il Tacchino le facesse del male era senz’altro peggio.
Infatti Eleonora fuggì correndo più che poteva per chiudersi di nuovo nel suo bel palazzo. Nella corsa perse qualche cristallo dalle sue piume e si sentì un poco più leggera.
Mentre stava per mettere piede dentro il portone di casa sua, un altro Tacchino le comparve davanti. I suoi occhi erano azzurri come il mare, sotto il becco aveva un’elegante ornamento vermiglio e la sua ruota era variopinta con tutti i colori dell’iride.
La Faraona rallentò la sua corsa e si fermò ammaliata da tale maestosità.
«Salve principessa! Sono il Conte Felice di San Michele. Ho sentito parlare della vostra bellezza, ma siete più graziosa di quanto mi aspettassi» affermò il Tacchino.
«Salve Signor Conte, il mio nome è Eleonora, stavo tornando nel castello di mio padre» rispose la Faraona.
«Non fate pazzie Eleonora» esclamò dolcemente il Conte «non vorrete essere prigioniera tutta la vita! Venite nel mio giardino e sarete mia moglie».
Eleonora, attratta da una forza misteriosa, seguì il Tacchino nel suo Parco straordinario. Quando vide gli alberi carichi di frutta, i tulipani turchini, gialli e viola, le rose, le margherite, le campanule di cui era disseminato il prato e sentì il profumo dei gelsomini, si sentì molto felice.
A quel punto il Tacchino le donò un rametto di mimosa e la invitò a sedersi sotto un fresco tiglio. Da lì la Faraona poteva ammirare tutto il Golfo di Cagliari.
Eleonora decise allora di non tornare più nel palazzo, ma si affidò alle cure del Conte di San Michele che la trattò per tutta la vita come il suo più prezioso gioiello.
Non è possibile bimbe gioiose
restare intatte quando si è spose
anche se qualche cristallo si spezza
non rifiutate una dolce carezza.
Chi vive appieno la propria esistenza
corre dei rischi ma coglie l’essenza
e quel pericolo vale la pena
perché si spezza ogni catena.
qui la terza puntata