di MICHELA NICOLAIS
Non è la prima volta che la cita durante una udienza generale. Ma stavolta, Papa Francesco ha voluto aggiungere un vero e proprio omaggio ufficiale per Suor Maria Concetta Esu, l’85enne missionaria de di origini sarde in Africa da una vita.
La piccola missionaria sarda, originaria di Villasor, dal 1959 dirige la maternità che le Figlie di San Giuseppe di Genoni, ordine a cui appartiene, hanno a Zongo, una città del Nord della Repubblica democratica del Congo dove ha fatto nascere oltre trentamila bambini.
“Con questo gesto dedicato a te”, ha detto Papa Francesco, “intendo esprimere la mia riconoscenza anche a tutti i missionari e le missionarie, sacerdoti, religiosi e laici, che spargono il seme del Regno di Dio in ogni parte del mondo. Il vostro lavoro, cari missionari e missionarie, è grande. Voi “bruciate” la vita seminando la parola di Dio con la vostra testimonianza… E in questo mondo voi non fate notizia. Voi non siete notizia sui giornali”. Di rientrare in Italia Mamà Maria, come la chiamano tutti non ci pensa proprio anzi: “A questa terra ho dato la mia vita e qui lascerò le mie ossa. Io un modello? Non ho fatto niente più degli altri”
Papa Francesco le ha consegnato un’onorificenza: una pergamena e una medaglia del pontificato.
“Con questa, sono quattro volte: ormai siamo diventati amici”, dice con un misto di umiltà e fierezza. E per il prossimo incontro, confessa: “Desidererei solamente incontrarlo da sola, per potergli parlare di tutte le cose che porto nel mio cuore, per i poveri e per i miei fratelli”.
Suor Maria Concetta Esu ha 85 anni, quasi 60 dei quali dedicati alla sua missione nel cuore dell’Africa, dove come ostetrica ha fatto nascere tantissimi bambini. E ancora ne fa nascere, anche cinque ogni notte. Il suo quarto incontro con il Papa – che la prima volta l’aveva incontrata a Bangui, per l’apertura della prima Porta Santa del Giubileo della misericordia – è coinciso con un’altra “prima volta” di Francesco: la concessione di un’onorificenza a una suora missionaria, in omaggio a tutti i missionari e le missionarie del mondo, che per il mondo non fanno notizia.
Suor Maria Concetta, piccola e minuta ma solida come gli ulivi secolari della Sardegna, sembrava a disagio poco prima sotto i riflettori, ma ora ci tiene a conservare con cura la sua onorificenza: una pergamena, firmata dal Papa e scritta solennemente in latino, e la medaglia del pontificato. E’ poi subito partita per la Sardegna, per partecipare insieme alle sue consorelle ad un corso di esercizi spirituali. Ma a metà aprile ripartirà per il Congo: in tempo per celebrare la Pasqua nella sua amata Africa, la sua patria d’elezione, la terra a cui ha consacrato la sua intera vita di missionaria. E dove spera di concluderla, quando Dio vorrà. Nel frattempo, continua ad attraversare i fiumi in canoa, come quando l’ha incontrata Francesco per la prima volta.
Suor Maria Concetta, quanti bambini ha fatto nascere in Africa?Dal 1959 fino al 2014 erano 33.777, poi non li ho contati più. Ricordo le madri, perché le ho seguite prima e dopo il parto, e i bambini. Quelli che sono nati bene e quelli che sono stati male. I bambini che sono stati portati in sala di rianimazione e, per la grazia del Signore, hanno respirato. E oggi sono vivi.
Che cosa le ha detto il Papa?Mi ha abbracciato, mi ha guardato con un sorriso dolce e amabile. Mi sono trovata ad avere la grazia della sua benedizione.
Gliel’ha detto, che a fine aprile ripartirà per il Congo?Non gliel’ho detto, non c’è stato il tempo e il modo… Desidererei solamente stare da sola con lui per potergli dire tutte le cose che porto nel mio cuore, per i poveri e per i miei fratelli. Quando ci incontriamo, ci esprimiamo vicendevolmente amore. Io rendo sempre grazie a Dio: pensare di avere una persona come lui che mi accompagna nella fede giorno per giorno, che guida la Chiesa, che la ama, che vuole che esca incontro alle necessità dei fratelli è una grande gioia. Prego tutti i giorni per il Papa, e in qualche modo lo coinvolgo nel mio lavoro: pensando a lui, infatti, penso alla pace e all’unità, alla serenità, all’amore. Questi sentimenti li ho anche io.
Consegnandole l’onorificenza il Papa l’ha definita un modello per la Chiesa.Se il Signore sceglie così… ma io non ho fatto niente più degli altri. Sono una misera suora, cerco soltanto di fare sempre il bene.
Perché, a 85 anni, vuole tornare in Africa?Il mio desiderio è morire lì: sono arrivata giovanissima, e in Africa voglio lasciare anche la mia vecchiaia.
Cosa le dà questo continente?Mi dà vita, speranza, amore. E gioia di servire, nel rispondere all’invito di Gesù nel Vangelo: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”.
Il Papa l’ha incontrata per la prima volta a Bangui, dove era arrivata in canoa, dall’altra sponda del fiume, dove era il suo villaggio. Aveva in braccio una bimba. Che fine ha fatto?Ce l’ho ancora, si chiama Felicita, adesso fa la prima elementare. Il Santo Padre mi ha chiesto sue notizie e mi ha detto di baciarla tanto. Sono quattro volte, con oggi, che ci incontriamo: ormai siamo diventati amici.