ricerca redazionale
Con il rugby è sempre un’altra storia. Perché questo sport ha gusti e colori tutti particolari, e non importa chi scende in campo, tantomeno il risultato finale. Perché ogni partita è comunque un racconto, è un’esperienza di vita. È comunicare, conoscere. Ascoltare, imparare. E allora vale la pena di scrivere della recente tournée dell’Union Rugby Cagliari, club sardo iscritto al campionato di serie C. Senza aggiungere particolari, aggettivi. Perché non c’è bisogno di altro. Nei giorni scorsi i ragazzi si sono autotassati per volare fino in Argentina, ed affrontare due squadre di detenuti di una prigione di Buenos Aires, l’Unitad Penitential 15, Mar de Plata. Lo avevano promesso ad un compagno di squadra, Juan Manuel Ajello detto il Toro, allenatore-giocatore che è di origine argentina e nel suo paese di origine lavorava nel sociale. I cagliaritani hanno affrontato gli Oktubre e i Los Lobos, nel grande prato davanti alla prigione, davanti ad un folto pubblico ed in particolare a familiari ed amici dei reclusi, e sono state due partite vere: con mischie, placcaggi, percussioni. E mete. Con grinta e sportività, con determinazione e amicizia, alla ricerca di un fine ultimo che è quello del divertimento, della comunicazione. Dello sport, insomma. Prima gli inni nazionali con la Banda dell’Artiglieria, poi terzo tempo semplice ma emozionante all’interno del carcere: con panini e pizzette preparate dai detenuti, malloreddus, olio e formaggio arrivati dalla Sardegna. Il resto lo descrivono i protagonisti sul loro sito (www.unionrugbycagliari.blogspot.com): “Una chiacchierata a tavola come tra vecchi amici, qualche canzone goliardica, lo scambio di magliette, la richiesta di una firma che ricordasse per sempre questa esperienza che tutti hanno considerato fondamentale. A cominciare dal ministero della Giustizia argentina, che su questa partita – e sul progetto del rugby in carcere – riponeva e ripone grande aspettative. Una giornata indimenticabile per gli ambasciatori del rugby e della Sardegna in terra argentina”. Il rugby è stato introdotto nelle carceri argentine attraverso il Progetto Alcatraz, che mira al reinserimento, alla rieducazione ed al recupero grazie ad uno sport che ha l’obiettivo di “convertire un gruppo di selvaggi in gentiluomini”, obiettivo regolarmente raggiunto per tradizione. Aiello, che vi aveva lavorato negli anni passati, era il più entusiasta al termine della tournée: “Tranquillità, armonia, allegria. È stata una giornata emozionante, bellissima”. Una giornata di rugby.
Complimenti e grazie per l’articolo,puoi seguirci sul nostro blog:
http://www.unionrugbycagliari.blogspot.com/
A presto!
Ciao Massimiliano, conosco bene questa notizia, pensa che li ho salutati alla partenza qui in aeroporto a Elmas e ho tra le file dell’Union Rugby Cagliari diversi cari amici ( così come un po’ in ogni squadra sarda e non solo) e Juan Manuel Aiello detto “Toro”, con il quale, nella sua permanenza al Capoterra, durante la mia esperienza da dirigente, abbiamo vissuto insieme dei momenti di intensa esaltazione sportiva ed umana.
Questa esperienza argentina è sicuramente un’ iniziativa veramente importante per il movimento rugbistico intero, per noi sardi sia rugbisti che non e per le persone che vivono là, oltre il mare e che hanno il loro cuore diviso tra il loro vivere quotidiano lì e il ricordo dei sapori, dei profumi, delle sensazioni della loro terra di origine.
E come ogni cosa che si costruisce, che si produce, che ha origine e che parte dalla Sardegna, per realizzarla ha bisogno di grandi sacrifici.
Per questo la “tournee” dei ragazzi di Cagliari è da ritenersi veramente lodevole, si sono autotassati,nei mesi scorsi hanno organizzato dei piccoli eventi nella club house al loro campo per racimolare i soldi per un biglietto aereo verso l’esperienza, probabilmente irripetibile che sono certo, terranno sempre, per tutta la vita, tra i loro ricordi più cari.