di COSTANZA LODDO
Terra di montagna, Ollolai è un borgo dal passato leggendario che si trova a trenta chilometri da Nuoro, nella storica regione a cui ha dato il nome, appunto Barbagia di Ollolai. Avvolto da maestosi rilievi montuosi e da folte foreste secolari, questo centro barbaricino conserva una forte tradizione agro-pastorale e si inerpica a quasi mille metri di altitudine, aggrappandosi ai piedi del monte San Basilio, in un territorio ricco di sorgenti che sgorgano abbondanti dentro e fuori l’abitato. Qui, la natura, serafica e silenziosa, mostra il volto della montagna e si veste dei colori della fitta macchia mediterranea, che a poco a poco si apre per cibare la vista e rincuorare lo spirito con uno spettacolo che toglie il fiato: è quello che si ammira affacciandosi dalla “finestra della Sardegna”, la cima più alta del territorio, da cui, nei giorni limpidi e tersi, si scorgono i mari che bagnano l’Isola, a est e a ovest. Grazioso è l’abitato, scolpito dagli inconfondibili contorni dell’anima barbaricina, dove tra le caratteristiche dimore a due piani, costruite in pietra granitica, si incontrano antiche fontane e importanti luoghi di culto. Ollolai è noto per essere il paese dell’arte dell’intreccio: l’asfodelo che cresce rigoglioso nella campagna circostante è insieme materia prima e ispirazione per la realizzazione dei cestini e delle corbule, magnifici prodotti artigianali, generati con certosina precisione dalle abili donne ollolaesi, maestre de “s’iscrarionzu”. Questo centro della Barbagia, però, è anche scrigno di ataviche tradizioni che giungono pure dal remoto passato isolano. Ollolai, infatti, è la patria de “S’Istrumpa” (dal sardo “istrumpare” ossia “buttare bruscamente a terra”), un’arcaica lotta che rivive ancora oggi, nelle numerose feste che scandiscono la vita del paese. Questa disciplina, entrata nel 1995 nella federazione delle lotte celtiche, risalirebbe al periodo nuragico: si tratta di una lotta corpo a corpo, simile a quella greco-romana, in cui i “gherradores” – così sono chiamati i lottatori – si stringono in una precisa posizione delle braccia e cercano di far toccare a terra le spalle dell’avversario. Ollolai è altresì celebre per il “Palio degli asinelli”, noto come “Su Palu de sosVihinados”, una suggestiva corsa notturna che ricorda una vera e propria fiera medievale e che vede sfidarsi i cinque rioni storici del paese: a luglio, “Laralai”, “Sa Padule”, “Su Montricu”, “Ferruthones” e “S’Itradone” gareggiano per contendersi “Su Palu”, l’agognato stendardo che il vincitore custodirà per un intero anno, sino al palio successivo. Non solo preziosa arte artigiana e lotte nuragiche, però. Qui, è forte la devozione religiosa della comunità che ben si legge nelle numerose celebrazioni religiose del borgo. Tra queste, oltre ai festeggiamenti patronali per San Michele Arcangelo, considerato “Giove Pluvio”, colui che governa le porte del cielo, e ai tradizionali fuochi per Sant’Antonio Abate, molto sentita è la festa in onore di San Bartolomeo, celebrato ad agosto: tre giorni scanditi da processioni in costume tradizionale ed esibizioni equestri. A Ollolai non mancano, infine, i riti pagani del carnevale – “Su Harrase ’Are” – reso particolarmente suggestivo dalle maschere locali, “SosBumbones”. Tra queste, interessanti sono “SosTurcos” o “SosTruccos”, degli strani personaggi dal volto coperto con un telo di pizzo bianco, “S’Inghirialettu”, in passato usato per coprire i piedi del letto del defunto, e con le spalle avvolte nella “Mantella Rubia”, uno scialle colorato, usato per avvolgere il neonato durante il rito del battesimo: un abbigliamento dal forte simbolismo che rappresenta il ciclo della vita.Arte dell’intreccio, un’antichissima lotta, la sfida dei rioni storici in un palio di asinelli, forte spiritualità e suggestive maschere carnevalesche: ecco perché scoprire questo borgo, il cui nome – secondo la tradizione popolare – si dovrebbe all’indole ribelle degli antenati ollolaesi. Il toponimo, infatti, potrebbe derivare da “Alalè”, un potente grido di guerra, lanciato dalle tribù locali prima di attaccare il nemico. Pare fossero stati i Bizantini a chiamare questo luogo “Alalè” (poi “Allalà” e, infine, Ollolai), per indicare la zona di provenienza di quelle agguerrite tribù.
Pur essendo un piccolo centro, Ollolai vanta un glorioso e antichissimo passato, costellato di leggende popolari che si intrecciano al filo della storia. Le radici del borgo, tracce di vita preistorica, si conservano sul monte San Basilio, dove la roccia di “Sa Conca Frabica”, sin dal Neolitico medio, era riparo e riposo per i defunti dell’antico popolo dei Sardi. Stando alla leggenda, proprio questo piccolo paese sarebbe stato la residenza del glorioso Ospitone, il re dei barbaricini, capo di quelle popolazioni della Sardegna centrale che con fierezza e forza si opposero strenuamente all’invasione Bizantina: nel 594 d. C. il Papa Gregorio Magno inviò una lettera ad Ospitone, chiedendo il suo aiuto per incoraggiare la conversione del suo popolo al cristianesimo e, proprio l’intervento del Papa, portò la pace tra i Sardi e gli invasori. Nel Medioevo, Ollolai faceva parte del Giudicato di Arborea e, rispetto agli altri villaggi, ricopriva un ruolo centrale, così importante che diede il nome al distretto giudicale della Barbagia di Ollolai e fu sede dell’omonima curatoria. Dopo la guerra con la Corona d’Aragona, il villaggio fu inserito nel Marchesato di Oristano e fu proprio in questo periodo che qui giunsero i frati francescani e fondarono un convento, i cui resti sono ancora visibili sul monte San Basilio. Fu allora che cominciò l’inevitabile declino del borgo, in seguito ad un incendio improvviso che, scoppiato il 5 agosto del 1490, distrusse gran parte dell’abitato. Le cause si leggono nella “dimistade”, una faida tra le importanti casate dei Ladu e degli Arbau, che tramutarono Ollolai nel teatro delle loro ostilità. Per la leggenda, invece, fu la maledizione dei frati a segnare il rovinoso destino del paese che, perseguitati proprio durante la faida poiché accusati dell’uccisione di un figlio dei Ladu, abbandonarono il villaggio, non prima di battere la polvere dai loro calzari: due giorni dopo la partenza dei francescani, si scatenò l’incendio. Da allora, Ollolai proseguì la sua corsa funesta, andando incontro a secoli di ingiustizie, generate dal duro controllo feudale che dai conquistatori iberici continuò anche con i Savoia e terminò solo con il riscatto del feudo. Ollolai, infine, si spopolò, a causa di una terribile pestilenza e dell’emigrazione di molte famiglie verso altri paesi.
Tra storia, arcaiche tradizioni, cultura e antichi luoghi di culto, sono diverse le attrazioni di Ollolai, a cominciare dai siti archeologici. Per fare un tuffo nella preistoria del paese, tappa obbligata è il Parco archeologico di Santu Basili, sito sull’omonimo monte, dove risiedono monumenti funerari scavati nei tafoni, risalenti al 4000 a. C. e protetti dalla già citata roccia “Sa Conca Frabica”. Il territorio, inoltre, custodisce diversi nuraghi, quali Lolai, Talaighe, Legunnoro e Palai, e i resti di vari insediamenti nuragici, come quello di “Su Triqinzu”, nei pressi della strada per il lago Cucchinadorza. Nel centro storico, tra le tipiche dimore barbaricine e le numerose fontane, interessante è la parrocchiale di San Michele Arcangelo, un tempo in stile gotico-aragonese, poi più volte rimaneggiata: al suo interno, si conservano ancora tracce della struttura originaria e sono custoditi alcuni dipinti di Carmelo Floris, l’artista olzaese che qui trascorse la sua gioventù e ritrasse le donne di Ollolai con i loro splendidi costumi tradizionali. Altro affascinante luogo di culto è la chiesa di San Basilio Magno, costruita in età Bizantina e rimaneggiata nel Novecento, che sorge in cima all’omonimo monte, nei pressi dei resti del convento francescano: i conci di trachite dell’impianto originario furono utilizzati per le “cumbessias”, gli alloggi dei pellegrini che giungono per i festeggiamenti del santo, il primo settembre, capodanno del calendario bizantino. Infine, per approfondire sulle rinomate tradizioni del borgo, non può mancare una visita alla Mostra Storica de S’Iscrarionzu”, un museo dedicato all’antica arte dell’intreccio e a tutte le fasi della lavorazione dell’asfodelo.
Ollolai attrae anche per la sua natura incontaminata, grazie all’aria pura e alle abbondanti sorgenti che irrorano il territorio, nutrimento per i lecci e le querce secolari che compongono la fitta vegetazione. Perla naturalistica è il monte San Basilio, scrigno del passato ollolaese e meta di numerosi escursionisti. I sentieri che si snodano tra le rocce granitiche, gli affascinanti tafoni, e la macchia mediterranea, conducono alle cime più alte del territorio: straordinaria è quella di “Su Nodu de S’Aschisorju “ (rocce del tesoro), conosciuta come la “finestra della Sardegna”, dalla quale si gode di un panorama pazzesco che arriva sino ai mari che bagnano l’Isola. Nel tragitto, tra il tasso, il pero selvatico, l’elce, l’erica scoparia e l’agrifoglio, una vera e propria nicchia ecologica, trovano riparo varie specie di rapaci, ma anche cinghiali, volpi e martore. A sud – est, si sviluppano altri sentieri che raggiungono, invece, il lago Cucchinadorza, dove si incontrano alcuni resti di epoca nuragica, tra cui il già citato insediamento di “Su Triqinzu”.