di STEFANIA LAPENNA
Una vita intensa divisa tra Cagliari, Londra e Bruxelles. Pierluigi Piu, architetto cagliaritano di 64 anni, ha conquistato l’Europa (e non solo) con i suoi progetti e i suoi lavori nel campo dell’architettura e dell’interior design. Laureatosi in questo settore a Firenze, tutto comincia proprio durante il periodo universitario quando progetta un particolare tipo di occhiale per conto di un’azienda francese. La sua prestigiosa carriera prosegue con altri importanti progetti: tra il ’96 ed il ’98, collabora alla ricostruzione e al rinnovamento del Palazzo Berlaymont, storica sede del Consiglio dei Ministri della Comunità Europea a Bruxelles. Tra il 2006 e il 2007 realizza due nuovi progetti di spazi commerciali a Londra e dal 2009 è commentatore professionale del sito britannico restaurantandbardesig.com e, in Italia, membro dell’Accademia del Pensiero a Colori. Ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti e premi tra i quali il Russian International Architectural Award 2007 a Mosca, l’International Design Award 2008 a Los Angeles e l’Archi-Bau Design Award 2009 a Monaco di Baviera; inoltre, il Premio Compasso d’Oro a Roma, nel 2011, per la sua partecipazione a Domo – XIX Biennale dell’Artigianato Sardo, il “Modern Decoration International Media Award 2013” a Shenzhen, Cina, l’ “AIT Award 2018” a Francoforte ed il “TAO Design Talent Award 2018” a Taormina. I suoi lavori sono stati pubblicati in Italia, Europa, Asia e Stati Uniti, e sulle più importanti riviste di settore nazionali ed internazionali. Pierluigi ha anche uno studio nel capoluogo sardo.
Quando e come è nata la sua passione per l’architettura? Tutto è nato quando ero ancora adolescente, quando mio padre, astutamente, mi faceva trovare in giro per casa dei numeri della storica rivista “Domus” (nota rivista di architettura, n.d.a.) che io leggevo avidamente.
Quando e perché ha capito che, per affermarsi, avrebbe dovuto viaggiare in giro per il mondo? Credo, piuttosto, di aver fatto questo percorso all’inverso: a un certo momento ho capito che se volevo viaggiare per il mondo forse avrei dovuto affermarmi almeno un pochino. Così ho cominciato a darmi da fare.
Cosa ha imparato maggiormente da questa esperienza di vita – oltre che lavorativa – finora? Ho imparato che ho ancora tutto da imparare….e non so se ne avrò il tempo.
Qual è stato finora il momento più bello della sua esperienza all’estero e con il suo lavoro in generale? Certo, il momento in cui il valore del tuo lavoro viene riconosciuto e premiato è molto appagante, ma l’esperienza più gratificante è stata forse quella della partecipazione al progetto del completo rinnovamento del Palais Berlaymont, sede storica della Comunità Europea a Bruxelles.
Cosa consiglia ai suoi colleghi che sono alle prime armi con questo mestiere? Gli direi di pensarci bene, prima di continuare: gli architetti dormono poco la notte, continuano a “progettare” furtivamente sui tovaglioli dei ristoranti anche quando sono a cena con gli amici, si portano addosso l’etichetta di “criticoni”, non trovano mai il tempo per disegnare quel mobile di cui c’è tanto bisogno a casa loro, litigano spesso con i loro clienti (che non capiscono che, se lo fanno, è nel loro stesso interesse) e, fatalmente, non guadagnano mai abbastanza per l’impegno che profondono nel loro lavoro….ma non cambierebbero mestiere per tutto l’oro del mondo.
Ritiene che oggigiorno un giovane architetto abbia possibilità di costruirsi un futuro e una carriera di tutto rispetto qui in Sardegna e, più in generale, nel nostro Paese? Dipende da cosa si intende per “carriera di tutto rispetto”, ma, in generale, direi di no, se non in rari casi e a costo di non pochi compromessi.
Perché non si è trasferito definitivamente fuori dalla Sardegna? Perchè non potevo pensare di rinunciare al “casu marzu” che, come si sa, non è esportabile.
Cosa rifarebbe e cosa no di ciò che ha fatto finora? Ricomincerei da capo gli studi di Architettura, a Firenze, a condizione di poter ritrovare i miei vecchi maestri: G.K. Koenig, Adolfo Natalini, Roberto Segoni….e poi, forse, mi sforzerei di rinunciare al “casu marzu”….così, tanto per vedere come va a finire.