di GIAN PIERO PINNA
Un evento storico, il convegno organizzato dal Rotary club di Oristano, congiuntamente col Rotary club di Terralba, svoltosi il 19 gennaio scorso al Mistral 2 di Oristano.
Intrigante il tema trattato “Rotary, Professionisti, Leader e Imprenditori, per una società che cambia”, che ha visto sviluppare una serie di argomentazioni molto interessanti, tese a incoraggiare il rispetto di elevati principi etici nell’esercizio di ogni professione, in coloro che si impegnano a costruire un mondo di amicizia e di pace, per sviluppare l’ideale del “servire” inteso come motore e propulsore di ogni attività.
Dopo il cerimoniale di rito con il suono della campana e il saluto delle bandiere, si è cominciato col benvenuto della presidente del club oristanese Silvia Oppo e di Pasquale Fanizza del Rotary di Terralba, intervenuto in sostituzione della presidente Loredana Sanna, assente per motivi di lavoro.
Quindi è stata la volta dei relatori. Ha aperto la fila degli interventi Mario Virdis, che ha esposto con dovizia di particolari, parlando della storia e delle motivazioni dei rotariani, disquisendo su “Il Service del Rotary, in particolare quello svolto in Sardegna, a partire dal 1949, e la sua evoluzione in quasi 70 anni di attività”. A seguire, c’è stato l’intervento di Pierluigi Marconi, con una relazione dal titolo “Il Rotary in una società in costante cambiamento”, mentre a Giuseppe Melis, docente dell’Università di Sassari, è spettato parlare di “Le necessità attuali della società contemporanea e la percezione sull’attività svolta dal Rotary”, mentre Alessandro Vagnozzi, ha illustrato “Le prospettive del Rotary nelle sfide che la società deve affrontare nel Terzo Millennio”.
Da oltre 110 anni, i soci del Rotary rispondono alle sfide pressanti che ci sono nel mondo. Tutto è cominciato dalla lungimirante visione di Paul Harris, avvocato di Chicago, che per consentire a professionisti di vari settori di incontrarsi per scambiare idee, instaurare amicizie significative e durature, ha creato il Rotary Club, il 23 febbraio 1905.
Il nome Rotary deriva dalla consuetudine iniziale di riunirsi a rotazione presso gli uffici dei soci.
Sono circa 35.000, i club in attività in tutto il mondo. Tra i tanti interventi umanitari portati avanti, ci sono stati quello per debellare la poliomielite nel mondo, traguardo praticamente raggiunto e le iniziative nel campo dell’istruzione, dell’assistenza alle popolazioni indigenti per migliorare le condizioni di vita. Il Rotary, è presente anche ad Oristano, da oltre 50 anni e conta una sessantina di soci.
In Italia, invece, come ha spiegato dettagliatamente Mario Virdis, nel corso del suo intervento: “Il Rotary arrivò nel 1923 con la costituzione di un club a Milano, grazie ad un rotariano londinese che commerciava con la capitale lombarda. Al club di Milano fece seguito quello di Trieste, poi diversi altri, diffondendosi rapidamente in tutta l’Italia. Nella nostra isola – continua Virdis – il Rotary arrivò nel 1949, dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, dopo che la Sardegna era diventata Regione Autonoma e l’economia isolana cercava di uscire dalle macerie della guerra e ripartire. La storia del Rotary sardo – spiega ancora Virdis – iniziò ufficialmente il 6 Febbraio del 1949, con la nascita del club di Sassari, primo nell’isola, a cui, pochi mesi dopo, fece seguito quello di Cagliari, nato il 23 Novembre dello stesso anno. Il terzo club sardo, fu quello di Alghero, costituitosi nel Settembre del 1955. Nello stesso anno, esattamente il 4 Ottobre, nacque quello di Tempio Pausania, a cui fece seguito, quello di Nuoro, costituito tre anni dopo, nell’Aprile del 1958. Trascorsero 10 anni prima della nascita di altri club nell’Isola. Il sesto fu proprio il nostro club, quello di Oristano, che, accolto alla fine del 1967 dal R.I. fu inaugurato ufficialmente nel Febbraio del 1968. Nello stesso anno sorse un altro club, quello di Iglesias, fondato nel mese di Maggio. Poi, di anno in anno, ne vennero costituiti diversi altri, fino ad arrivare a 28, che sono quelli presenti attualmente”.
Continuando nella sua esposizione, Mario Virdis analizza anche come si è evoluta l’organizzazione nella nostra isola, sottolineando che “inizialmente l’ingresso nel Rotary era riservato esclusivamente alle figure apicali delle diverse professioni; difficile pensare che nella prima metà del secolo scorso, potessero entrare figure come il Vice Direttore di una banca, o il Vice Presidente di un’azienda: l’ingresso era riservato ai numeri uno. Inoltre, seppure non ufficialmente previsto, era praticamente poco probabile vagliare candidature di professionisti sotto i 40 anni di età. Limiti di funzione e limiti di età, quindi, ma del resto, essendo le zone di competenza dei pochi club esistenti molto vaste, essi svolgevano una reale funzione di monitoraggio territoriale, e in una zona molto vasta, è possibile reperire con maggiore facilità le figure apicali di ogni professione. Successivamente, con il graduale aumento del numero dei club e la conseguente diminuzione del territorio di competenza, diventò più semplice aprire l’associazione alle figure vicine a quella apicale e di conseguenza, anche se lentamente, si passò dai “club territoriali” ai club prevalentemente cittadini. A Cagliari, per esempio, nel 1973 nacque il Cagliari Est, che, da subito, fu considerato un club cittadino, in quanto annoverava prevalentemente soci appartenenti alla città capoluogo. Altra considerazione importante, circa i cambiamenti avvenuti, è quella relativa alle modalità di realizzazione delle azioni di servizio portate avanti dai club. Per molti anni il Rotary ha operato in silenzio, intervenendo con progetti migliorativi delle Comunità, sia locali che internazionali, in totale riservatezza, senza far sapere ai mezzi di comunicazione quanto realizzato. L’importante era fare, non far sapere! Questo approccio, anche se apprezzabile per la riservatezza messa in atto, non costituiva, però, incentivo per far conoscere il Rotary all’esterno e quindi, capace di sensibilizzare altri soggetti, che magari avrebbero potuto pensare di entrare a farne parte; questo creò un mancato, possibile, sviluppo. Nel Rotary di oggi, invece, gli imperativi sono due: Saper fare e Far sapere, ovvero comunicare quanto viene fatto nel migliore dei modi, perché nella logica del mondo attuale, come suggeriscono gli esperti di comunicazione: comunicare ciò che si fa e nel modo migliore, è importante quanto il Saper Fare, perché chi ci osserva deve giustamente sapere “Chi siamo e cosa facciamo”, e in questo modo, sapremo essere più attrattivi e più credibili.
Le nuove generazioni sono di primaria importanza e il Rotary può trasmettere loro i valori dell’amicizia, dell’etica, della correttezza delle relazioni interpersonali, della comprensione e della solidarietà verso gli altri, creando le prospettive per un mondo migliore e foriero di pace.