di ALBERTO MEDDA COSTELLA
Quando sono venuto a conoscenza del circolo dei sardi di Rovereto il primo collegamento che ho fatto con la Sardegna è con Cristiana Collu, l’ex direttrice del MAN di Nuoro. Era il 2011 quando la prof.ssa cagliaritana, dopo 14 anni passati nel centro barbaricino, lasciò l’isola per guidare il MART, uno dei musei d’arte contemporanea tra i più importanti in Europa. Rovereto è anche la città del futurista Fortunato Depero (visitabile la sua casa) e del castello che ospita il museo storico della guerra…
Ci arrivo un sabato mattina. Smontando dalla macchina la prima cosa che percepisco è il freddo. Pungente, come solo una città alle pendici delle Alpi sa trasmettere. La prima cosa che cerco è un bar dove potermi scaldare con un caffè bollente e corretto con un po’ di grappa.
Neanche il tempo di alzare lo sguardo verso la strada che scorgo l’insegna della birra più famosa di Sardegna che imperante campeggia all’esterno di un locale. Dentro trovo una ragazza del posto. Mi spiega che il titolare, assente in quel momento, è sardo. Alle pareti stampe della “bionda dell’isola”. Qualche anno fa secondo un’indagine dell’Università di Cagliari era stato rilevato (e certificato) che l’Ichnusa per tantissimi sardi è un simbolo, la principale icona in cui i nostri conterranei si identificano. Ora che cosa ci sia di “identitario” in una bevanda commerciale di proprietà di una multinazionale olandese rimane un mistero. Ma questa è la realtà.
Riprendo il cammino alla volta del circolo culturale Maria Carta. La sede si affaccia su Piazza della Pace, un grande slargo di un quartiere moderno, a circa venti minuti dal centro cittadino.
Quando arrivo il presidente Antonello Fadda è alle prese con le pulizie di una grande padella che servirà per la castagnata del pomeriggio. Antonello è di Barumini, ma vive in Trentino dagli anni ’60. Mi introduce nei locali della sede. “Io avevo sognato sempre l’Alta Italia, mi dice. Così, come avevo finito il corso come guardia, chiesi più volte che mi mandassero al nord. Dopo un periodo a Marsala in Sicilia, sono arrivato qui, dove ho trovato moglie e tanti amici.”
Nel suo parlare percepisco una perfetta integrazione col contesto locale. L’utilizzo di parole trentine miste a italiane e sarde è pura poesia per le mie orecchie. Sui muri panoramiche dell’isola e una bandiera del Cagliari, altra icona della sardità nel mondo. A un lato una piccola biblioteca di testi sardi.
Alla conversazione partecipa anche Ettore Mascia, vice presidente, di San Gavino, che si alterna tra il nostro tavolo e il bancone del bar per servire i soci che di tanto in tanto entrano a fare due chiacchiere. Ci sono anche due roveretani: Fabio Garniga, fidanzato con una ragazza sarda e collaboratore del circolo da una decina d’anni, e Gianni Chizzola che fa parte del direttivo. “I roveretani ci vogliono bene” – dice Antonello facendo sintesi dell’attività svolta in più di vent’anni.
Quanti soci conta il circolo Maria Carta?“Siamo sui 150 soci, più o meno a metà tra sardi e trentini. Il costo della tessera è di 15 euro.”
Quali sono le vostre attività?“Oltre al servizio circolo aperto tutti i giorni organizziamo alcuni eventi collaterali a quelli che ogni anno vengono proposti in Sardegna. Da Sa die de Sa Sardigna al ricordo delle vicende della prima guerra mondiale, a cui tanti sardi hanno preso parte. Inoltre a giugno organizziamo sempre la festa sarda con la presenza di un gruppo folk”.
Dove lavorano i sardi di Rovereto?“Molti nell’ufficio delle entrate o impiegati nei comuni, ma tanti altri nelle aziende del territorio.”
La Regione Sardegna si impegna a sufficienza per i sardi “disterrati”?“Sì, forse dovrebbe però fare di più con la politica dei trasporti, fondamentale per alimentare il turismo e permettere ai tanti emigrati di poter tornare a casa.”
(Alla domanda risponde anche Ettore)“La Regione dovrebbe lavorare di più anche per scongiurare la partenza di tanti sardi e avviare politiche che incentivino la ripresa del lavoro. Pochi vanno via dalla Sardegna per scelta. Tanti partono perché costretti.”
In un’ottica di destagionalizzazione del turismo, ha senso continuare a promuovere con immagini, video, fiction, le bellissime spiagge dell’isola? (Risponde Fabio)“Vedo che l’entroterra della Sardegna è poco pubblicizzato, anche se ci sono posti bellissimi. L’anno scorso abbiamo visitato la Giara di Gesturi e il complesso nuragico di Barumini. Se non frequenti i circoli, difficilmente puoi avvicinarti alla conoscenza di queste realtà. A mio modo di vedere, la Regione dovrebbe investire di più nella promozione delle aree interne. Per loro c’è il mare e basta, quando questo si promuove già da solo. Da quello che ho potuto constatare, una parte dei sardi stessi conosce poco l’interno”.
Interviene Antonello: “Le montagne non sono uguali a quelle trentine, ma proprio per questo potrebbero essere apprezzate maggiormente.”
per gentile concessione de https://www.arborense.it/
Al sentiero a strapiombo sullo scoscendimento marginale roccioso sud del Cengio e stato dato il nome di “Granatiera” a ricordo della Brigata Granatieri di Sardegna, che su queste alture difese le sorti della guerra e dell’Italia. Il tratto di sentiero di quota 1312 comprende la galleria principale, lunga metri 187 e di sezione metri 3 per 4, dove e stato anche costruito un serbatoio d’acqua in cemento della capacita di m cubi 130. La mulattiera doveva essere collegata alla Val d’Astico da una teleferica, che pero non venne mai ultimata. I lavori in questione furono in gran parte opera del Comando Genio della 12^ Divisione e diretti dal Capitano Ignazio Pace.