A PADOVA IN VISITA AL CIRCOLO SARDO “ELEONORA D’ARBOREA”, INCONTRO CON SERAFINA MASCIA, PRESIDENTE F.A.S.I.

Serafina Mascia, Presidente della F.A.S.I. nella foto di Alberto Medda Costella
di ALBERTO MEDDA COSTELLA

Sono già le quattro e non ho molto tempo a disposizione. Devo raggiungere nel più breve tempo possibile la sede del circolo sardo Eleonora d’Arborea. Ho anche qualche problema fisico e ogni minuto di cammino pare eterno. Devo percorrere un lungo rettilineo che mi porterà quasi a destinazione. Distrattamente ai lati vedo scorrere palazzi importanti. Devo stare attento ai numerosi ragazzi che incrocio per la strada. Alcuni vanno, altri vengono. Corrono per arrivare in tempo a una lezione o per non perdere un treno. Qualcuno fermo ai lati tiene un cartello in mano. Protesta contro qualcosa. Nei loro discorsi percepisco una eterogeneità degli accenti. Padova è città universitaria. Dopo Salerno e Bologna è la più antica sul suolo italiano. Passo proprio davanti alla sede storica. Dall’esterno si notano sulle pareti del chiostro targhe di personaggi, blasoni che hanno fatto la storia della città e dell’ateneo. Arrivo a Piazza della Frutta, dominata dal Palazzo della Ragione. Qui, durante un discorso per le elezioni europee del 1984, fu colpito da ictus Enrico Berlinguer. Morì poco dopo. Dall’altro lato dell’edificio, Piazza delle Erbe. In questi due spazi aperti si svolge il più famoso mercato del Veneto. La sede del circolo si trova in un vicolo che si affaccia su questo bellissimo slargo, un po’ nascosta forse, ma in posizione centrale. A fianco il museo ebraico.

Serafina Mascia, presidente in carica della FASI, Federazione delle Associazioni Sarde in Italia, che riunisce i 70 circoli dello stivale, mi sta aspettando.

La città si può vantare di aver ospitato sardi illustri, che ci sono nati o ci hanno vissuto. Dall’architetto indipendentista Antoni Simon Mossa (il padre era docente di farmacologia) al vicerettore Efisio Mameli, zio di Italo Calvino. Dal pittore e cartellonista cagliaritano Primo Sinopico, che dopo gli studi si trasferì a Padova con la famiglia, a Salvatore Satta, che insegnò nella facoltà di giurisprudenza. Nella città del Santo venne impiccato anche il partigiano oristanese Flavio Busonera.

C’è inoltre un legame stretto tra questa università e quella di Sassari – mi dice Serafina. Sono gli unici due atenei italiani in cui è presente l’associazione goliardica.

Secondo i dati del SSEO, (Sardinian Socio-Economic Observatory) Padova è la settima città in Italia per la presenza di studenti sardi fuorisede. Rappresentano circa il 20/30 % dei nostri tesserati. Molti studenti si avvicinano al circolo per chiedere informazioni nel momento in cui arrivano in città. Quando però la Sardegna è stata colpita dall’alluvione c’è stata grande partecipazione da parte loro, tanto che hanno organizzato una raccolta fondi. Il costo della tessera per gli universitari è di 10 euro, mentre tutti gli altri pagano 20. Qual è il problema? Una volta finiti gli studi ripartono.

Da quanto tempo siete in questa sede? Cinque anni. In quella precedente avevamo la cucina e prestavamo i locali per le feste di laurea. Il vantaggio di essere in centro è però che si possono organizzare più facilmente conferenze. Visto che disponiamo di una biblioteca, stiamo pensando di allestire un’aula studio, perché è comoda e vicina all’Università.

Quando è stato fondato il circolo? Nel 1982. Rispetto al nordovest e al centro Italia, i circoli del Triveneto sono sorti dopo. Prima c’era una pregiudiziale. Venivano ritenuti emigrati i lavoratori dei centri industriali. La Regione Sardegna aveva fatto una legge per sostenere i circoli, considerati veri e propri centri di assistenza. Qui invece c’era una forte presenza di forze dell’ordine, di impiegati pubblici, medici e docenti universitari. Questo tipo di emigrazione non veniva considerata.

Quanti tesserati avete e com’è strutturato il direttivo? Siamo quasi 200. La nostra presidente, la prof.ssa Caterina Virdis Limentani, storica dell’arte e docente qui a Padova, è deceduta qualche mese fa. Abbiamo presentato proprio l’ultimo suo libro sui retabli in Sardegna. Dobbiamo un po’ riprenderci da questa situazione. Nel 2007, grazie al suo contributo, abbiamo organizzato una mostra su Francesco Ciusa a Venezia in occasione del centenario del premio alla Biennale.

Collaborate con altre associazioni di emigrati? Sì, con siciliani, abruzzesi-molisani, pugliesi e le varie associazioni venete. Il nostro tramite è il comune e la basilica di Sant’Antonio, che ha la sua rivista diffusa tra gli italiani all’estero (Messaggero di Sant’Antonio).

Brevemente, che cos’è la Fasi? Nasce nel 1973 col nome di Lega Sarda per portare avanti battaglie comuni tra i circoli. Il presidente viene eletto ogni tre anni. Io sono in carica dal 2011 e come presidente faccio parte della consulta dell’emigrazione della Regione Sardegna, che è inserita all’interno dell’organismo dell’assessorato al lavoro. Siamo molto sensibili e attivi sul tema dei trasporti e del lavoro e diamo un servizio anche ai sardi che risiedono in parti d’Italia dove non esiste un circolo.

per gentile concessione de https://www.arborense.it/

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