QUIRRA, PROCESSO A RISCHIO PRESCRIZIONE. UN TERRITORIO UNICO CHE PER UN DECENNIO E’ STATO TEATRO DI OGNI TIPO DI ESPLOSIONE

di DANIELE DE LUCA

12.000 ettari, il poligono militare più grande d’Europa. Ufficialmente doveva essere un campo di addestramento reclute. Nella realtà, una “terra di nessuno” dove per almeno dieci anni l’esercito italiano e la NATO hanno testato e fatto brillare migliaia di ordigni, rilasciando in aria, nel terreno e nel mare tonnellate e tonnellate di inquinanti. 

Una storia molto italiana, perché sarebbe potuta passare sotto silenzio per sempre, se non fosse stato per l’impegno della Procura di Lanusei che, con estrema fatica, da otto anni cerca di dare giustizia a un territorio martoriato. E alle vittime, tra i civili come tra i soldati.

Una storia europea, perché mai in nessun paese del nostro continente dei militari sono finiti sotto processo per la gestione di una base militare. Una base, quella del “Salto di Quirra” sorta in un territorio selvaggio e bellissimo:siamo nel comune di Perdasdefogu, nella Sardegna centro-orientale, a cavallo tra le province di Nuoro e Cagliari, appena sotto l’Ogliastra.

Una terra unica e splendida, carsica, con un incredibile sistema di grotte, gole, anfratti; macchia mediterranea e coste a picco sul mare cristallino. Siamo in una delle zone del pianeta dove si vive di più in assoluto: qui i centenari non sono una eccezione. Un territorio un tempo incontaminato, ricco di sorgenti, con pascoli verdissimi e dal 1956 in poi, con l’apertura del Comando Interforze, devastato per sempre e avvelenato per secoli.

Il “Caso Quirra” e il relativo processo a carico di otto comandanti del poligono e del distaccamento (sul mare) di “Capo San Lorenzo”, quindi, è unico al mondo. Ma i tempi della giustizia italiana, si sa, sono lunghi, specialmente in certi casi. Così questo processo va avanti ormai da otto anni e la prescrizione è sempre più vicinaAnzi: il primo tra i rinviati a giudizio, il Comandante Paolo Ricci, è già formalmente assolto per prescrizione. Per una seconda assoluzione è solo questione di settimane. 

Perché il reato contestato è il 437 del codice penale, tempo di prescrizione: 10 anni. Ricci era comandante del Comando Interforze di Quirra nel 2004. L’accusa per i comandanti (otto: Fabio Molteni, Alessio Cecchetti, Roberto Quattrociocchi, Valter Mauloni, Carlo Landi e Paolo Ricci, e i comandanti del distaccamento dell’Aeronautica di Capo San Lorenzo: Gianfranco Fois e Francesco Fulvio Ragazzon, che hanno guidato il poligono dal 2004 al 2010) è di non aver provveduto a tutelare ambiente e persone dal rischio di contaminazione, violando l’articolo 437 del codice penale: quindi, “omissione e rimozione di cautele contro infortuni sul lavoro”. Tra le vittime ci sono anche due militari che lavoravano alla base. Tanti gli ammalati di tumore. 

È la “sindrome di Quirra” che ha sterminato anche diversi animali, causando tra l’altro fatti agghiaccianti come la nascita di pecore con due teste. 

Nell’ultima udienza è stata chiamata a testimoniare Maria Chiara Pala, soldatessa, ammalatasi di tumore al surrene nel 2011, quando aveva 22 anni. “Mi era stato dato l’incarico di raccogliere i residuati dei brillamenti e lo facevamo senza le adeguate protezioni: usavamo guanti in lattice ma spesso si rompevano – racconta – lo avrò fatto 15 o 20 volte. Poi facevamo anche esercitazioni che consistevano nello strisciare a terra, alzarsi velocemente, correre, ributtarsi a terra, a contatto quindi con il terreno”.

È il primo e unico processo di questo tipo in Italia, la prima volta che le Forze Armate vengono messe sotto accusa per aver provocato vittime e danni a civili e militari. Gli imputati rischiano pene fino a dieci anni di reclusione.

Il Giudice monocratico Nicole Serra potrebbe però, viste le evidenze che il processo sta raccogliendo, riconoscere anche l’articolo 434: “disastro ambientale”. In quel caso i tempi di prescrizione si allungherebbero di due anni. Ma la lista dei testimoni della difesa è lunga, sono più di 20. C’è poi un aspetto fondamentale: cosa accadrebbe se i comandanti dicessero di aver semplicemente obbedito a degli ordini, se si difendessero sostenendo che non potevano essere a conoscenza della tossicità degli elementi contenuti nelle bombe e nei missili (non sono tenuti a saperlo), se insomma le responsabilità venissero rimandate ai più alti gradi in comando? 

Ecco perché diventa cruciale il ruolo dell’attuale Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, chiamato a testimoniare dall’avvocato di parte civile, Gianfranco Sollai. Una testimonianza che potrebbe svolgersi a inizio dell’anno prossimo.

Spiega Sollai: “Mattarella è stato Ministro della Difesa dal 1999 al 2001. Ovvero nel periodo per noi cruciale per capire quale fosse la catena di comando, quali gli ordini, quali le procedure che si dovevano seguire nel Poligono. Ma non solo. Mattarella faceva anche parte dell’assemblea NATO. Quindi, solo lui può dirci che tipo di missili sono arrivati in Sardegna. Sappiamo che sono stati fatti esplodere più di 1.800 missili classe Milan. Ma cos’altro? E fino a quando? Anche questo non è chiaro. Qualche comandante dice che gli ultimi test missilistici sono stati nel 2003, altri nel 2008. Fino a quando a Quirra sono stati provati missili NATO? E chi, meglio dell’attuale Capo delle Forze Armate, può saperlo e può avere le chiavi per avere queste informazioni? La testimonianza di Mattarella è per noi cruciale, perché aprirebbe le porte alla verità dei fatti e ci permetterebbe anche di velocizzare i tempi del processo, rinunciando a tanti altri testimoni. È davvero l’occasione per dimostrare di essere a fianco degli italiani e in particolare di noi sardi, che per decenni in questa isola abbiamo subito di tutto. Il Presidente Mattarella è garante sotto tutti i punti di vista. Può dare una svolta a questo processo e aiutarci nella ricerca della giustizia“.

Ecco perché diventa cruciale il ruolo dell’attuale Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, chiamato a testimoniare dall’avvocato di parte civile, Gianfranco Sollai. Una testimonianza che potrebbe svolgersi a inizio dell’anno prossimo.

Anche per il PM Biagio Mazzeo della Procura di Lanusei, si tratterebbe di una testimonianza importante. Questo processo che questa Procura sta affrontando in mezzo a tante difficoltà, potrebbe senz’altro acquisire una valenza nazionale con la testimonianza del Presidente. Quello che è successo qui a Perdasdefogu, deve essere un monito per tutti.Parliamo di migliaia di tonnellate di materiali inquinanti, di un territorio devastato, della compromissione della catena alimentare, delle falde, della costa. Processi come questo, con tanti testi, con udienze difficili e lunghe, con tanti consulenti e tecnici chiamati a testimoniare, non possono essere brevi. Ormai processi così, con così tanti imputati, sono sempre più a rischio prescrizione. Con questo codice ormai si riescono a fare solo i processi più semplici. La testimonianza di Mattarella sarebbe un segnale importante per tutta la Sardegna“.

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