di SIMONE MUSCAS
Si chiama Vanessa Podda, ha 38 anni ed è un’attrice, autrice e regista di teatro. Ironia e senso di libertà sono le qualità che, da una breve chiacchierata, risaltano la sua personalità. Da circa vent’anni mette in scena spettacoli e recita anche fuori i confini della Sardegna. L’abbiamo incontrata per conoscerla meglio.
Quando ha avuto inizio il suo approccio con il mondo del teatro?Ai tempi del liceo. Una mia insegnante di lingua straniera, Carmen Marongiu, propose un progetto teatrale in francese al quale, fra gli alunni partecipanti, vi ero anch’io. Per me si trattava di una novità assoluta che mi conquistò sin da subito: mai avrei immaginato, soprattutto per il mio carattere timido dell’epoca, che negli anni a seguire avrei continuato in questo campo.
La passione infatti è diventata la sua professione.Terminate le scuole superiori, mi iscrissi a una scuola di recitazione diretta da Rino Sudano, noto regista romano: sono cresciuta artisticamente con lui; è stato un importante maestro. Negli anni a seguire ho lavorato con diverse compagnie teatrali sino a quando, cinque anni fa, ho partecipato a un corso denominato “Follia sotto controllo” tenuto dall’attrice e coach Emiliana Gimelli: quell’esperienza mi ha permesso di accrescere la mia esperienza a tutto tondo. Sintetizzare questo concetto non è semplice; per spiegarlo in poche parole potrei dire che da quell’esperienza ho acquisito un nuovo canale per “mettere in circolazione” la mia creatività con un metodo tutto nuovo. È stata soprattutto quell’esperienza che mi ha persuaso a portare in scena dei monologhi di mia creazione.
Da quel momento, siamo al 2012, ha proseguito la sua attività artistica in maniera “autonoma”.Si, di lì a poco ho lasciato il gruppo “Batisfera” col quale collaboravo da tempo ed è maturata in me l’esigenza di fare qualcosa di mio. Non avrei potuto fare altrimenti visto che il “mio essere” mal si concilia con il concetto di “rinuncia”.
Questo nuovo passo quali cambi ha sortito nella tua vita artistica? Ho iniziato, non solo in scena ma anche sotto alcuni aspetti della mia vita, a prendermi meno sul serio e a divertirmi più di quanto mi capitasse in precedenza. Ho sempre faticato nella vita a combinare il concetto di lavoro a quello di sacrificio: credo che, se tutte le persone, me compresa, si ascoltassero nel proprio io più profondo e seguissero realmente ciò che la propria coscienza gli dice, chissà forse tutti vivremmo in un mondo se non migliore, almeno più sereno. Meno tempo concesso al sacrificio e a ciò che non calza bene al nostro essere ci darebbe maggiore consapevolezza nei nostri mezzi e probabilmente più gioia in ciò che facciamo tutti i giorni. Questa mia nuova verve mi ha dato la “forza” di mettere in scena i miei pensieri; il cambio artistico più significativo sta quindi in quest’aspetto.
Che genere teatrale porti in scena?Premetto che non lavoro da sola, ma faccio coppia con Emanuele Masillo, vecchio amico ai tempi della scuola “Riverrun” gestita da Elio Turno Arthemalle, Fausto Siddi, Monica Zuncheddu e Rita Frongia. Insieme abbiamo messo su il “Teatro concentrato” la cui prima rappresentazione ha avuto luogo in occasione dell’apertura di un locale di alcune nostre amiche. Le nostre opere teatrali seguono un filone comico-grottesco: scriviamo, recitiamo e ci facciamo la regia. È un progetto che ci entusiasma e sul quale ci ritroviamo per tanti motivi, ma soprattutto perché proponiamo qualcosa di nostro.
Dalle sue parole traspare un tuo forte desiderio di libertà.Si, fa parte del mio essere; tuttavia, tengo a precisare, che la libertà non può essere assoluta e deve andare di pari passo con l’aspetto organizzativo che ho affinato, oltre che nei vent’anni di lavoro, soprattutto frequentando dei corsi specifici di project manager teatrale. Nel momento in cui metto in scena uno spettacolo, le mie due personalità, quella creatrice e l’altra organizzatrice, si compensano permettendomi di controllare meglio le redini del mio progetto.
Altra sua caratteristica molto marcata nella sua personalità è “l’ironia”.É parte integrante della mia personalità: mi descrivo come uno di quei diffusori per ambienti col timer, ogni due minuti parte la battuta contro il mio volere. Credo sia dovuto anche all’educazione che ho ricevuto: nella mia famiglia si è sempre fatta tanta autoironia.L’ironia è anche il denominatore comune dei miei spettacoli, è nelle mie corde e in quelle di Emanuele (Masillondr); credo sia il mezzo più efficace per far arrivare qualsiasi messaggio.
Prossimi appuntamenti?Stiamo lavorando all’imminente uscita di un nuovo concentrato che ci vedrà impegnati nel difficile compito di sintetizzare la saga di Star Wars. Per quanto riguarda i progetti in solitaria sto iniziando a lavorare su un progetto che ho a cuore da anni, quello di interpretare una nuova versione delle sante cattoliche. Ma è ancora in fase embrionale quindi non aggiungo altro. Di imminente uscita, invece, il mio primo libro di poesie con le Edizioni NOR, la scrittura è stata una attività che ho portato avanti in tutti questi anni di teatro ma l’ho tenuta sempre nascosta, ora ho deciso di renderla pubblica. Non scrivo solo poesie, mi piace la forma del racconto breve e spero in futuro di cimentarmi con la stesura di un romanzo.
Sogni?Andare a vedere i posti dove è vissuto lo scrittore Herman Melville, visitare Mosca, vestirmi di paillettes rosa, scrivere un romanzo mozzafiato, conoscere perfettamente la lingua inglese, togliere definitivamente i peli superflui.