di RICCARDO BRUNO
Questa storia inizia con i capperi e il mare. «La professoressa di scienze al liceo, si chiamava Giuseppina Primavera, ci portava a vedere le piante che crescevano sui muri di Cagliari e che quasi nessuno notava. E ci invitava a guardare il mare davanti, come se fossimo noi stessi dei vegetali». Botanica e poesia, rigore e passione hanno guidato tutta la vita di Daniela Ducato, 58 anni, sarda,premiata due sere fa come l’imprenditrice più influente d’Italia (assieme alla milanese Riccarda Zezza) nella prima edizione nazionale del prestigioso riconoscimento della rivista Fortune alle donne in grado di cambiare il mondo. E lei, ritirando il premio,ci ha tenuto a ringraziare la vecchia prof e le due nipotine, Olympia e Sara, perché «ogni giorno cerco di guardare con i loro occhi».
Passato e futuro, nuovi progetti sulle spalle della tradizione. È sempre stato così per Daniela Ducato. Ha iniziato con la lana di pecora, quella a pelo corto, uno scarto di lavorazione, un rifiuto difficile da smaltire, e l’ha trasformata in un isolante termico per l’edilizia, ma anche in una straordinaria «spugna» per assorbire il petrolio nel mare. Dopo la lana, il sughero, e poi la canapa, e ancora le vinacce o le bucce di pomodoro. «Cento sostanze da buttare diventate 120 biomateriali da impiegare in tanti settori». Non le piace chiamarli scarti.«Semmai scarti preziosi, ma preferisco eccedenze, dà il senso dell’abbondanza,di un dono. Cerco di trovare una funzione a ogni cosa». La sua forza è nel mettere assieme idee e energie. «Coordino persone, faccio incontrare imprese e ricerca. Bisogna fare squadra, incoraggiarsi a vicenda come una famiglia. Solo da questo scambio può nascere qualcosa di buono. Va condiviso tutto, anche i fallimenti, perché l’errore può essere il punto di partenza perché altri trovino la soluzione corretta».
Ultimamente si è concentrata sul packaging. «Per le merci che devono essere sempre refrigerate abbiamo creato film sottili termici realizzati con la canapa. No acqua, no petrolio, no guerra, diciamo noi». E si è dedicata all’interior design. «L’inquinamento interno è quattro volte maggiore di quello esterno».Gira sempre con un rivelatore di sostanze dannose. «Anche l’altra sera a Roma ho testato l’albergo. È importante scegliere materiali non solo sani ma anche esteticamente gradevoli, unire la salute alla bellezza. È straordinario entrare in un ufficio dove sembra di respirare l’aria di un bosco». La sua azienda, la Edizero Architecture for Peace, inserita nel 2016 al Forum mondiale dell’Economia tra le dieci eccellenze nel campo delle biotecnologie, ha sede a Guspini, sud ovest della Sardegna, Medio Campidano, considerata l’area più povera d’Italia. «E accanto c’è il Sulcis, che è la penultima. Nella zona industriale si sono dimenticati di fare le infrastrutture, le stiamo costruendo a nostre spese. La vera povertà è l’incapacità delle istituzioni di ascoltare il territorio, l’assistenzialismo, lo spreco di risorse, la svalutazione dell’esistente. Innovare significa proprio questo, non rassegnarsi, dare valore a tutto quello che c’è. È l’unica forma di sopravvivenza, altrimenti non resta che emigrare».
Daniela Ducato, «campionessa mondiale di innovazione, orgoglio della nostra Italia migliore» come la definì il Presidente Mattarella quando tre anni fa la nominò cavaliere della Repubblica, non è tipo che si culla sui successi. «Nel 2019 prenderò nuove strade. Mi occuperò di alta formazione nella progettazione con le Università di Cagliari e Sassari. E mi dedicherò a produzioni differenti nel settore del cibo. Ammetto che da un lato sono preoccupata, ma dall’altro so che è giusto cambiare. È sempre utile mutare prospettiva, modo di vedere le cose».Come ammirare il mare immaginando di essere una pianta di capperi.
auguriiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii