di DANIELA PIA
Bonaria Manca nasce ad Orune (Nuoro) in Sardegna, nel 1925, è una pastora sarda che vive sola a Tuscania, nel Lazio, dove la sua famiglia è emigrata negli anni 1950. L’abbandono della Sardegna ed esperienze dolorose hanno segnato la sua vita, ma non le hanno impedito di conquistare serenità e saggezza, attraverso la fede, l’amore per la natura e per la storia etrusca, e una straordinaria vocazione artistica. Bonaria Manca fila la lana, tesse da sola i suoi abiti, canta canzoni arcaiche. Dal 1981 sperimenta la pittura a olio e il mosaico, riempiendo col tempo la sua casa di opere dai colori brillanti in cui intreccia ricordi e visioni. Dal 1997 dipinge con oli e gessetti le pareti e i soffitti di tutte le stanze del primo piano del grande casale in cui vive sola. Vi rappresenta scorci di vita agreste, figure totemiche e scene bibliche, curando minuziosamente anche l’allestimento di alcune stanze in cui presenta i dipinti e i mosaici che ritiene più significativi. Trasforma così il suo spazio di vita nella“casa dei simboli”, come lei stessa ama definirla.
Lo scrittore e cineasta francese Jean-Marie Drot dirà di lei: “La cosa che mi piace nella opera di Bonaria è il fatto che quasi niente viene dalla testa, ma tutto viene dal cuore. Per mela sua è una pittura cosmica. […] La casa di Bonaria, in una certa maniera è unica forse in tutta Italia. Avere un quadro di Bonaria è come avere un talismano, un portafortuna in un mondo di solitudine, come aprire una finestra sul domani, un futuro pieno di luce!”.
La sua prima mostra personale verrà allestita nel 1983 a Roma. Nel corso degli anni espone in Italia e in Francia, Svizzera, Olanda, Belgio, Grecia. Nel 2000 partecipa alla mostra internazionale di Salonicco (Grecia) “Donne creatrici nel mondo”, in questa occasione sarà nominata ambasciatrice dell’Unesco. Nel novembre 2015 il Ministero dei Beni Culturali decreta lo Studio d’artista della Pittrice Bonaria Manca di interesse particolarmente importante. La sua Casa dei Simboli, come lei stessa ama definirla, è oggi una Casa Museo.
“Dimentica ieri
Rinasci ogni giorno
Non c’è cosa più bella di questa
perchè il tempo viene e passa
come maggio che è nei fiori,
ma con la fede e con l’amore
farai spostare le montagne.
Tu che nel cuore hai bontà
vivrai in pace e Dio ti condurrà.”
“La luna ci conduce nel mistero gigante… è un lungo viaggio che si compirà…”.
(Poesia di Bonaria Manca)
Ha iniziato a cantare, quando è rimasta sola: ‘attitidus’, in sardo lamenti funebri, a salutare chi non c’era più. O inno alla caparbia volontà di tessere fili di storie con l’ago e col pennello.
“Credo che fosse già tutto dentro di me, ma non riuscivo a esprimermi. C’era una cultura che voleva la donna sempre in casa, dove era lei a reggere ogni cosa…Quindi non è che non fosse valorizzata… Basta pensare che nei tempi più antichi le donne hanno anche governato… E c’erano anche le dee”, così si raccontava Bonaria, ricordandosi figlia di Eleonora d’Arborea e di ‘Janas’ (in sardo ‘Fata delle grotte’) pur consapevole del fatto che nella sua isola, la Sardegna, nel passato non a tutte le donne era consentito esprimersi in piena libertà.
Questo suo “dentro” da raccontare, per svuotare il mondo che le premeva dentro era grande: narra del tempo in cui, da amazzone a Tuscania, paese ove era giunta, la gente la guardava passare a cavallo, pastora, migrata con la sua famiglia in cerca di fortuna. Non dimenticava che era dal mare della Barbagia che aveva preso il largo. Orune il porto da cui era salpata.
Una specie di Bruja, una stranja (in sardo rispettivamente: ‘Strega’; ‘Strana’ o‘Straniera’), una cui mancava un venerdì pareva. Alle streghe che sognano colori e storie e che le traspongono sui muri, i mariti, come i confini, vanno stretti. È già grande quando si sposa,quasi zitella, ma non dura la storia. Troppo era libera Bonaria che“disobbediva ” alle regole. Troppo chiamava da dentro l’urgenza di trovare un ordito da riempire con i fili che costruivano trame che si facevano arazzi, e mosaici, e murales, pagine che hanno fatto della sua casa un libro, in cui le tele brillanti della sua cosmogonia hanno saputo narrare l’anima bambina, il senso profondo dell’umana avventura, la coscienza di sé. Coscienza che, a Bonaria Manca, si è rivelata quando aveva quasi 60 anni e che la pone a fianco di pittori del calibro di Antonio Ligabue e di Pietro Ghizzardi.
L’Associazione per Bonaria Manca si spende da tempo affinché la sua casa che custodisce le sue opere divenga un Museo dal quale si possa dispiegare lo spirito antico che da dentro le parla e ci parla e che svolge il suo filo conduttore con una sorellanza che ricorda Frida Khalo.