evento segnalato da ADALBERTO GARIPPA
Un racconto sulla condizione dei malati di SLA in Italia, un testo ricco di informazioni sui problemi dell’assistenza, dei caregiver familiari, del testamento biologico, della ricerca terapeutica e della comunicazione con i pazienti.
Così si presenta Il mio viaggio nella SLA (CUEG Editrice) di Antonio Pinna, appena pubblicato, giugno 2018.
Partendo da un lutto familiare, Antonio Pinna, inizia un percorso di condivisione dei temi della malattia: Incontri con i malati, partecipazione a convegni scientifici, a manifestazioni di protesta dei pazienti a Roma e Cagliari, studio e aggiornamento quotidiano anche tramite risorse nel web e colloqui personali con gli esperti sono alla base del libro che segue per lunghi tratti un criterio cronologico e logico, per argomenti.
Quest’impostazione accompagna il lettore, preso per mano in un itinerario divulgativo ricco di notizie e concetti esposti in modo agevole.
Il libro racconta dei malati che sono anche protagonisti del documentario sullo stesso tema “SLA in men che non si dica”, realizzato in collaborazione con il documentarista Antonello Carboni, autore e regista di altri importanti film che gli hanno fruttato notevoli riconoscimenti a livello nazionale ed internazionale.
In particolare il focus di questo viaggio è dato dai malati resilienti, quelli che hanno trasformato la malattia in risorsa per il miglioramento di sé stessi, non solo “hanno buttato il cuore oltre l’ostacolo”, ma dall’ostacolo hanno tratto una forza, una leva interiore riannodando il loro passato con il presente della malattia.
I protagonisti? Persone che vivono la loro condizione nelle loro attività quotidiane come Salvatore Usala, sindacalista, venuto a mancare nel 2016, Anicetto Scanu che da malato gestisce ancora la sua emittente privata, Radio Sardinia nel Medio Campidano, Giuseppe Punzoni, autore del prezioso volumetto autobiografico “In men che non si dica”, Paolo Palumbo, il più giovane malato di SLA in Italia, sostenitore dello SLA DREAM TEAM, il gruppo internazionale di ricercatori sulla patologia, Andrea Fanny Turnu, dj di Ales (Oristano) che ha fatto della sua passione musicale uno strumento di sostegno alla ricerca biomedica.
In un capitolo viene documentata la vicenda di Walter Piludu e la sua battaglia per la legge sul testamento biologico. Julius Neumann, un paziente che merita una considerazione particolare, è inglese, 60 anni, residente a Monza, malato da dieci anni, con una vastissima esperienza internazionale in un’importante azienda nel settore delle reti e delle comunicazioni. E’ un malato istruito, consapevole, anche per la sua laurea in Ingegneria Biomedica negli USA. Questo paziente, veramente multiculturale, è l’autore della prefazione del libro: una lucida esplorazione dei problemi delle sperimentazioni terapeutiche internazionali con un chiaro ed efficace messaggio: condivisione e alleanza tra malati, medici e mondo della ricerca.
A questo riguardo il libro racconta la campagna social svolta nell’estate 2016 di cui Julius è il principale animatore, per l’introduzione in Italia del metodo NurOwn, la sperimentazione di fase 3 dell’azienda biotech israeliana BrainStorm Cell Therapeutics, a base di cellule staminali riprogrammate, ingegnerizzate.
La cronaca puntuale di questa battaglia conclusasi con un “nulla di fatto” è lo spunto dal quale Antonio Pinna espone il suo punto di vista per una comunicazione efficace con i pazienti, sull’informazione medica e scientifica, in un contesto nel quale trovano ancora spazio la ciarlataneria e molti comportamenti antiscientifici, non sufficientemente contrastati, quando non sostenuti da una politica “ignorante” ed acquiescente, come nel caso Stamina che ha tenuto banco per vari anni.
Questo contrasto, secondo l’autore, non può esimersi anche da un saggio presidio del web e dei social, a tutela dei malati. A questo riguardo l’autore cita l’esperienza del gruppo Facebook chiuso SLA IN MEN CHE NON SI DICA, giunto a tre anni di attività e particolarmente interattivo con i malati con un profilo informativo, di scambio continuo di opinioni e domande e recupero di risposte esperte.
Proprio la ricerca internazionale, citata nel libro, di un tecnico come Marco Caligari, responsabile del Laboratorio di Comunicazione e Domotica dell’Istituto Medico Maugeri di Veruno (Novara), che ha rilevato l’impatto positivo dell’uso esperto dei pc e dei comunicatori vocali nella qualità della vita dei pazienti, soprattutto di quelli bloccati, consentendone un’indispensabile apertura al mondo ed agli altri. Insomma, un altro fattore decisivo a favore della resilienza dei malati.
Il libro si chiude con l’indicazione di un orientamento unitario in sede europea della ricerca, formulato da un’importante network internazionale. La tappa finale del libro è un punto di domanda, uno stimolo per l’innovazione e la condivisione nel tema SLA. L’ultimo capitolo del volume, ricco di una densa bibliografia e sitografia, s’intitola: Che fare?. L’interrogativo si collega anche all’istanza di Luca Coscioni per una libera ricerca quanto mai significativa nel contesto attuale di una malattia complessa, “bastarda”, come la definiscono molti malati.