di Valentina Lisci
Sul treno stamattina c’era una simpatica vecchietta. Si trascinava con sé una moltitudine di sacchetti della spesa e continuava a dire: “Ci sono i pompieri”. Fatto sta che arrivati alla stazione di Cagliari i vigili del fuoco c’erano sul serio e bloccavano la zona adiacente all’ingresso. Una scena anomala per una tranquilla mattinata di pendolarismo come tante. Ma bastava sollevare gli occhi al cielo per capire il motivo di tanta stranezza. Un gruppo di lavoratori ha occupato il “tetto” della stazione. Su, su, ben sopra l’orologio. Non mi stupisco. Visto l’andamento generale della situazione economica italiana e sarda in particolare, non c’è nulla di cui sorprendersi. Ma chi sono questi lavoratori che nemmeno vertigini e freddo hanno scoraggiato dal manifestare i propri malumori in modo così eclatante? Non resta che chiederglielo, anzi ……gridarglielo. Siccome l’acustica in effetti non è delle migliori (ci separano “solo” alcune decine di metri di distanza), mi avvicino a un loro collega e chiedo i motivi dell’agitazione. “Siamo un gruppo di lavoratori della Geas, che si occupa delle pulizie della stazione dei treni e che da circa due mesi non riceve lo stipendio. 106 dipendenti per l’esattezza. Ogni mese è una lotta per la busta paga. Non si può andare avanti così.” E ci credo. Un rapido calcolo mentale. Voce affitto/Voce mutuo= 500 euro circa; voce bollette acqua, luce, gas =300 euro; voce alimenti/altre spese/figli= almeno altri 1000 o 1500 euro. Stipendio agosto= zero. Stipendio settembre= zero. Ora, banalissima superbanalissima domanda: ma come fa un cittadino italiano che tutti i santi giorni si alza presto la mattina e trascorre le sue buone 8/10 ore al lavoro a sopravvivere senza stipendio? Deve ridursi a occupare il tetto della stazione per ottenere un po’ di visibilità? Vorrei davvero trovare una risposta a queste due semplici domande, una risposta la vorrebbero soprattutto loro e i colleghi pastori che (penso che dal tetto della stazione siano ben visibili) continuano a manifestare davanti al palazzo regionale. E una risposta la vorrebbero tutte le altre categorie di lavoratori, di cui ormai abbiamo perso il conto, che continuano a vedere ignorato il loro diritto di lavorare dignitosamente.