di GIAN PIERO PINNA
Stiamo scoprendo che la nostra Isola ha delle specifiche peculiarità in tanti campi: uno di questi è certamente la gastronomia. I buongustai apprezzano la nostra cucina e in tanti decidono di venire in Sardegna, esclusivamente per assaporare le nostre specialità, che altrove non avrebbero lo stesso sapore. Forse siamo noi Sardi che non sappiamo raccogliere appieno tutte le sfumature dei nostri cibi, probabilmente perché le nostre papille gustative sono ormai assuefate a quei sapori.
Molte delle sub regioni della Sardegna, hanno delle specificità uniche, ma una in particolare, ha delle prelibatezze che la contraddistinguono: il territorio dell’antico Giudicato di Arborea con la sua capitale anche gastronomica, Oristano, in quanto riesce a riunire tante specialità della nostra cucina.
Posta al centro di una valle fertilissima e attraversata dal fiume Tirso, che provvede a rilasciare il suo prezioso umus e ad irrorarla di acqua fecondatrice, Oristano ha delle potenzialità alimentari illimitate: dai campi ubertosi dei dintorni, arrivano granaglie, frutta e verdure saporitissime, nei vigneti vengono coltivate uve che danno varietà vinicole uniche come la vernaccia, il nieddera, il monica, il bovale, il cannonau, il semidano, il sangiovese, il vermentino, il nuragus, il trebbiano; dalle lagune dei compendi ittici di Cabras, Santa Giusta e Marceddì, arrivano pesci, molluschi e crostacei senza eguali; dal Montiferru e da Arborea, provengono carni saporitissime, latte e latticini di prim’ordine; nei pascoli del Campidano, vivono allo stato brado agnelli e maialetti che quando finiscono allo spiedo sono una delizia per il palato.
La Sardegna, ha una gamma di specialità gastronomiche che si sono mantenute inalterate nel tempo e senza le contaminazioni dei prodotti arrivati dal Nuovo Mondo. Cibi unici e irripetibili, che affondano le radici nell’antichità.
Nelle abitudini alimentari dei Sardi, l’antipasto non è previsto, ma potremo considerare alla stessa stregua, tutti quegli stuzzichini che sono meglio conosciuti come “su smurzu” e “s’incaungiu”. Tra questi si possono annoverare specialità quali sa burrida, sa m’reca, sa buttariga, s’ambiddaincasada, su mughedduaffumau, s’olia cunfittada, su musciame de turina, s’aixi, isarritzonis, isortziadasfrittas, isbucconis, sa pezza de procuimbinada, su presuttu, su sartitzu, sa musteba, sa tandula, su satzinu.
Lo stesso discorso vale per i primi, che spesso si trasformano in piatti unici, per le sostanziose aggiunte che vengono fatte. Alcune di queste pietanze, possono entrare a buon diritto nei menu di rinomati ristoranti, senza tema di sfigurare, come: malloreddus cun fresa de attunzu, maccarrones de busa cunarrescottu, maccarrones de urta cunnughe de Tonara, cruguxionis de hedacuncasufurriau, su succubusacchesuistuvadu, lorighittasa de M’ragaxiori, fregueddacuncixiri, suppa de orxiu, cappunara, ziminu de pischera, lisanzasacunalluollu e affabica, pillusu de isposoriu, gianchettufrittu.
Considerevole anche la variegata serie di specialità marinare: pisci de scatta arrostiu e cundiucunallu e abbamuja, aixi e cambareddainsimbuada e fritta, allegustabuddia e cundiacunolluermanu e axedu, cavuru a dusuiscroxiusu de Marceddì, cocciulapintada a schixionera, bucconis a cassola, arangioacun limoni e pedrusemini, spareddainsimbuada e fritta, ambiddaallonada de Santa Justa, pallaiaincasada, caniacuncranatza, triglia mustatzuda, burrida, m’reca.
Molteplici le ricette a base di volatili: pillonis de taccula, truttiriarrustia, tidone a landiniu, puddaprena, perdixicungentilla, cabonischeddusuarrubiausu.
La cucina sarda, annovera anche i grandi arrosti di cinghiale, porcheddu, clopas de petta bona de manzolafurria-furria, anzone e crabittu de Pasca Manna, oltre a carni cucinate con intingoli vari, come sa corda, s’anzone a cassola, sa trattalia, ispeixeddus a giobiadina, sa brenti de sanguni, s’ortau, sas panadas, su sumeneimbinau, su ghisau.
Tanti anche i tipi di pane che si confezionano: cocois, civraxius, pilloncasa, pratzidas, pan’esimbula, brufuitus, carrogheddas, modditzousu.
Interessanti i dolcetti che possono chiudere in bellezza un lauto pranzo ed ecco allora pardulas, pani de saba, mustatzolus, pabassinos, pirichittus, arrubiolus, tzipulas, biancheddus, amarettus, gueffus, pippias de tzucuru, tumballa de orrosu e altri ancora.
Sin dal Medioevo, in Sardegna si usava piantare gli alberi da frutta per recintare i vigneti e per contornare i piccoli riquadri di terreno da coltivare con le verdure per la mensa giornaliera. Dagli atti contenuti nei Condaghi, ci è pervenuta una copiosa documentazione sui tipi di frutta conosciuti nell’età di mezzo; tante le varietà di fichi, uva e altri frutti: figu alba de mannale, figucalaridanaruja, figu nigella, figugana, figucariga, figubuldasciotta, figupirinzana, axiamaranzile, zirone, muscadellu, capigiu, tzaccheddadora, luchinarzu, nieddualzu, arriadolza, pruna, pirastupintu, pira inosa, mela apicadolza, mela thatharesa, mela piberi, pessigheabelzinu, barracocco, cariasa, melagranada.
Pochi, ma molto caratterizzanti i liquori, a cominciare dal famoso “filuferru” aromatizzato con i semi del finocchietto selvatico, mirto, liquore di fichi secchi, liquori aromatizzati con la scorza secca delle arance e dei limoni, rosoli vari, distillati colorati allo zafferano, acquavite al timo.
Bellissimo libro, non solo ricette ma anche nozioni storiche molto interessanti. Complimenti Gian Piero
Tutta roba buonissima!