di GIOVANNA ELIES
Ogni anno il Premio Osilo mi stupisce: nella sua organizzazione e nei risultati. Nato quasi per caso, nel 1994, grazie ad una sorta di consorzio letterario tra letterati di Osilo, con l’intento di ricalcare le orme del passato o più semplicemente dargli respiro, riproponendolo in chiave moderna, nel presente. Nei primissimi tempi ci si riuniva nei vari salotti privati dei componenti e, tra un caffè e l’altro, ci si confrontava sulla nostra specifica realtà letteraria, attraversandola nella diacronia del tempo. Alla fine di ogni riunione Sebastiano Lòriga e zia Gina Magliona concludevano la serata con i loro personali componimenti: Sebastiano con qualche ottava fresca di improvvisazione, zia Gina con le sue facezie; entrambi, ora, possono disporre a piene mani del loro tempo libero, in “sa gròlia”. In questo modo siamo andati avanti per anni. Un gruppo unito e saldo, come fratelli di intenti e di cultura. Quasi subito, la fama di questo nostro “far Salotto” si è diffusa in paese, e allora, per non lasciare un uditorio scontento, abbiamo deciso di uscire allo scoperto. Abbiamo preso parte alla rassegna “Cinema in piazza”, proiettando film tratti da romanzi di Grazia Deledda (Proibito e Canne al vento). Da quel momento i nostri tantissimi appuntamenti sono stati seguiti da un folto pubblico, sempre presente, sempre attento e partecipe. Nel Duemila abbiamo pensato di essere già adulti per portare avanti un Premio Letterario: così è stato.
Dapprima abbiamo pensato a mettere in risalto la poesia sarda – in rima e senza rima – poi nel 2001, confidando nel nostro impegno, abbiamo pensato di allargare le possibilità del Premio alle opere edite. Così, abbiamo dato vita al “Premio Letterario Osilo”
La Nuova Sardegna, fedele amica delle nostre manifestazioni, scrisse: “Pioggia di farfalle d’oro – sa malisposa de oro” al Premio Letterario Osilo.
La prima ad aggiudicarsi il prezioso riconoscimento coniato da Vincenzo Carta (orafo di Osilo) fu Dolores Turchi con il testo “ Maschere, miti e feste della Sardegna”.
A seguire, scrittori del calibro di Bachisio Bandinu con “L’amore del figlio meraviglioso” (una storia d’amore per la propria terra), Antonio Budroni con “I giorni del massacro” (un documento importante che evidenzia la sopraffazione sui sardi disterrados), Alberto Capitta con “Alberi erranti e naufraghi” (più che una narrazione un sogno, come una sinfonia di Schubert), Francesco Fioretti con “I segreti di Dante e Caravaggio” (le verità nascoste), Giovanni Gelsomino con “Enrico Barlinguer, ultimo leader” (un saggio che amplifica la grande figura del nostro politico), Ottavio Olita con “Anime rubate” (narrazione intensa, che affronta con coraggio l’esperienza del senso di colpa), Gesuino Nemus con “La teologia del cinghiale” (un sogno moderno, un po’ noire, ma sempre sogno), Stefania Iamundo de Cumis con “La sacralità del pane” (un testo che dà respiro, voce e simbologia a questa nostra antichissima arte), Ilario Carta con “I giardini di Leverkusen” (un amarcord nostrano intriso di malinconia e nostalgia), Giovanni Ugas con “Shardana e Sardegna” (la ricerca puntuale e illuminata per scoprire le nostre origini), Mario Zedda con “San Lussorio nelle fonti manoscritte” (un testo significativo nella agiografia isolana), e tutti gli altri scrittori e saggisti che hanno avuto l’onore e la pazienza di accompagnarci in questi anni con il loro preziosissimo contributo e la partecipazione sempre attenta e consapevole, mai casuale.
Quest’ultima edizione, come le altre, ha visto la partecipazione di un gran numero di testi, alcuni non ancora maturi per un riconoscimento, altri rigorosamente divulgativi, infine, molti testi cosiddetti “Pezzi da Novanta”. All’interno di questi ultimi, la Giuria (composta da Adriana Mannias, Alessandra Espa, Anna Laura Espa, Antonio Brundu, Maria Zuncheddu, Mario Marras, Mario Zedda, Pina Ligas e Franco Cocco) ha avuto un compito non facile nella scelta dei vincitori e dei segnalati. La funzione della giuria, infatti, non si risolve nella piacevole lettura di tutti testi pervenuti, seguita da una semplice valutazione soggettiva, ma si esplica in una profonda analisi critica individuale delle opere mediante attenta valutazione di elementi oggettivi, quali: originalità del testo, capacità di coinvolgere e sedurre, abilità nella rappresentazione, livello del dettaglio della narrazione scenica, capacità di diffondere un messaggio, capacità di esaurire i fili narrativi, rispetto della grammatica e della sintassi, per quanto riguarda la sezione narrativa. Nel campo della saggistica sono stati applicati altri elementi di giudizio che includono: la tesi di fondo, la validità scientifica del lavoro, il raffronto con altri libri pubblicati in precedenza nello stesso campo di studi, il rispetto della grammatica e della sintassi, l’indicazione di testi utili per l’approfondimento tematico, la presenza di note bibliografiche e di erudizione, la bibliografia essenziale e/o generale, l’indice delle fonti, l’indice onomastico e toponomastico. Per la valutazione dei testi poetici è stato valutato, oltre all’aspetto sintattico lessicale, lo stile, l’originalità, l’articolazione dei testi poetici, il livello metrico-ritmico e fonico, l’uso della lingua sarda. Un impegno notevole che ha significato per tutti i componenti la giuria un’estate trascorsa in una totale immersione nella lettura. Conclusa la valutazione individuale dei testi, i componenti della giuria si sono riuniti in più occasioni per la valutazione collegiale conclusiva di ciascuna delle opere (Oltre sessanta volumi, la maggior parte testi di narrativa e di poesia, ma anche una significativa presenza di libri di saggistica) e per decidere sull’assegnazione dei premi.
Per la sezione narrativa, la giuria ha assegnato il premio “Libro dell’anno” a Paolo Pinna Parpaglia per il romanzo “Marghine” (Un racconto straordinario ambientato ai nostri giorni nel piccolo paese di Borore); il secondo premio è stato conferito a Massimo Dadèa per il libro “L’Omeopata” (L’emozionante vita di un medico, un uomo animato da grandi ideali di giustizia, di libertà e di uguaglianza, per difendere i quali, è costretto all’esilio); premio Enzo Espa a Gianni Avorio per il romanzo “Corte Larga. Lu pàtiu di la pizzinnìa” (Una bella opera di recupero della memoria e della lingua sassarese).
La sezione saggistica registra un continuo incremento nella quantità e nella qualità dei testi pervenuti. La scelta della giuria per il “Libro dell’anno” è andata all’Antropologo Fiorenzo Caterini per il saggio “La mano destra della storia” (Un saggio che affronta il problema storiografico, i condizionamenti culturali e il negazionismo della storia della Sardegna attraverso una profonda analisi critica); secondo premio al Professor Alessandro Soddu per “Signorie territoriali nella Sardegna medievale. I Malaspina (secc. XIII-XIV)” (Una indagine sull’origine della casata e sulla presenza dei Malaspina in Sardegna); terzo premio a Diego Satta e Giorgina Mameli-Piercy Giustiniani per il libro “Tra il Galles e la Sardegna. Storia della Famiglia Piercy” (Un sorprendente affresco familiare che tramanda il limpido quadro della vita agro pastorale della Sardegna tra Ottocento e Novecento).
Per la sezione poesia edita, il riconoscimento “Libro dell’anno” è andato a Vincenzo Mura per la raccolta “Dies e fozas” (Un ottimo saggio della poetica che si stacca nettamente dai soliti schemi. I componimenti propongono una poesia nuova, ricca di immagini, intensa e colma di suggestioni).
Primo premio poesia sarda inedita a Gigi Angeli per la poesia “No cherzo” (Lo stridente contrasto fra bene e male passa attraverso i colori visti dagli occhi di un poeta sensibile; l’iride, simbolo di pace e di unità, è lo strumento con il quale è possibile costruire una società migliore); menzione d’onore ad Angelo Contini per la poesia “Illi carreri di Gaddura” (Poesia dal retrogusto agrodolce, amalgama di quiete e nostalgia, che trasuda dai ricordi dell’infanzia in cui l’autore cerca rifugio con immagini icastiche e una gradevole musicalità).
Il Salotto Letterario ha inoltre assegnato un premio speciale, intitolato a Placido Cherchi, alla Casa Editrice Alfa di Quartu S. Elena per la collana “Omines e feminas de Gabbale”.
Dulcis in fundo, hanno superato la prova i testi più significativi, più belli, più ben scritti, più ben argomentati e rispettosi del protocollo narrativo, saggistico e poetico, infine, quelli che più hanno mosso le corde del cuore e della mente.