Vanno, vengono, ogni tanto si fermano… ma sempre più spesso non tornano. E bisogna chiedersi perché. Anche quest’anno i turisti fanno tappa in Sardegna non fluttuando nell’azzurro, come le Nuvole della onirica canzone di Fabrizio De Andrè, ma arrivando a bordo di aerei e traghetti prenotati nel cuore dell’inverno carico di aspettative. Un costoso atto di affezione che nell’isola dovrebbe essere ripagato con servizi inappuntabili e carinerie diffuse, rovesciando il ragionamento secondo cui se vieni in ferie in Sardegna sei già solo per questo un privilegiato. In realtà, privilegiati sono coloro i quali grazie all’afflusso turistico possono lavorare. Sono in tanti e la maggior parte di loro merita fortuna perché è gente coscienziosa che sa fare il proprio mestiere. La loro serietà rischia però di essere vanificata dal più insidioso nemico del settore: l’improvvisatore che lavora come se consumasse una vendetta. Panificatori che in Costa fanno pagare un chilo di pane 6,50 euro perché «è cotto nel forno a legna», come se avessero abbattuto loro l’albero e raccolto a mano il grano spiga per spiga. Parrucchieri che spillano 50 euro per una piega, con un ricarico di 32 euro sul prezzo normale, solo perché «stanno facendo la stagione». Proprietari di terreni sul mare che mettono a frutto il bene trasformandolo in un parcheggio (guadagnando milioni di euro a stagione) e però facendo pagare un medievale pedaggio di 2,50 euro agli automobilisti che devono solo transitare per lasciare la famiglia. Gelatai che ti porgono ogni costosissimo cono come se lo avessero forgiato in gioielleria. Gente, insomma, che spreme il turista come un limone senza rendersi conto che sta prosciugando anche una risorsa. Una recente inchiesta ha sfatato un luogo comune: la Sardegna, fatte le debite eccezioni, non ha gli alberghi più cari d’Italia (ma più cari di Sicilia e Puglia). Allora perché, costi del viaggio a parte, nell’immaginario collettivo una vacanza sarda costa più di quanto una famiglia normale possa permettersi? Forse, semplicemente, perché è davvero così. Un ragionamento serio degli operatori del settore dovrebbe trovare la cura alla bulimia di chi considera l’estate un tempo in cui dare sfogo alla propria ingordigia di guadagni facili. Per i sardi, il mare e le coste rappresentano il confine di un poco dorato isolamento e però durante la mitica “stagione turistica” diventano luoghi di attrazione e pane quotidiano dei vacanzieri affamati di relax e svago. Il companatico, vale a dire tutto il contorno di servizi indispensabili e/o superflui, dovrebbe fornirli quell’indefinito e indistinto mondo pullulante di “operatori del settore”. Dentro c’è di tutto: l’albergatore e l’affittacamere, il panettiere e il barista, l’estetista e il commesso del supermercato. Tutti hanno diritto di guadagnare ma con giudizio, pensando al futuro. Di questo ambiente fanno parte anche gli ambulanti da spiaggia e i venditori di cocco fresco che, nell’ultima narrazione governativa dei problemi che angustiano il comparto turistico italiano, sembrano essere diventati “il” problema, al punto da stanziare fondi per combattere l’abusivismo. La verità è che l’abusivismo balneare è “un” problema ma non è certo l’unico e neppure il più grave. Bene hanno fatto i sindaci dei comuni costieri a incamerare nelle semivuote casse i cinquantamila euro stanziati dal Governo per la campagna estiva contro i venditori di chincaglierie e asciugamani, ma bene farebbero a utilizzare questi soldi anche per avviare un sondaggio che dia una risposta alla seguente domanda: perché, nonostante migliaia di chilometri di spiagge quasi incontaminate e mare cristallino, i turisti non arrivano più a frotte? La risposta più convincente arriva da un tassista romano, creatura mitologica a metà tra il filosofo e il sociologo. «Signò, la Sardegna è un sogno, io però non ci vengo più». Sì, è vero, il viaggio costa un po’… «Fossero solo il viaggio e l’affitto de casa signora mia. Da voi pago anche l’aria che respiro e non me lo posso permettere». Ecco perché i turisti vanno, vengono e a volte non tornano, non perché hanno paura degli ambulanti sotto l’ombrellone.
Si credono furbi oggi, domani si lamentano che non viene nessuno !!!
La Sardegna è un posto da sogno.Chi non può permetterselo non venga!Che cosa c’è ne facciamo delle persone che si portano tutto da casa e poi si lamentano che un kg di pane costa 6.50?Che cosa portano in Sardegna?l’unico che ci guadagna e il proprietario dei traghetti!Quindi?Ben vengano i ricchi ,pochi ma buoni,quelli che spendono! Per andare ai Caraibi quanto spendete?e non tutti ci possono andare!Allora?la Sardegna è MEGLIO dei Caraibi Quindi?Non e per tutti!
Certo che se tutti la pensano come la signora Stefania la principale risorsa sarda non ha un grande futuro?