di MARIO CARTA
Quando decidi che la strada della tua vita è fatta d’acqua devi prenderla a bracciate sempre più forti, sempre più ampie, sempre più convinte e veloci. Per arrivare lontano, fino al traguardo. Non necessariamente per primo, ma l’importante è arrivare.
Lo sta facendo Luca Simonetti, ventenne sassarese da due anni alla McKendree University di Lebanon, Usa, Illinois. Da promessa del nuoto sardo, con una raffica di primati regionali giovanili stracciati, a un domani da ingegnere ambientale. Attraverso lo sport. Perché in America si può. Non il calciatore strapagato che uno su centomila ce la fa, o il talento naturale che si coltiva e segue la via dello sport per lo sport, chiudendo così il suo cerchio su se stesso, ma un comunque ottimo atleta che ha colto al volo l’opportunità di realizzarsi nella vita attraverso l’attività agonistica, rendendola produttiva ben oltre qualche medaglia.
Non che il sacrificio non ci sia. Anzi. Sveglia alle 5 ogni mattina, e ogni santo giorno almeno quattro ore di allenamento, il più del tempo restando a mollo. E poi, c’è lo studio che viene prima di tutto, e che tutto condiziona.
La storia comincia 15 anni fa nella piscina del Canopoleno, a Sassari. Figlio di sportivi, Luca viene spinto in vasca dalla madre Eleonora Palmas, che ha giocato a basket ad altissimo livello partendo dalla Fortitudo Sassari per arrivare al Faenza, alla poi pluriscudettata Priolo e al Bari. Da svago il nuoto è diventato piacere, poi impegno. «Con il basket ci avevo provato – racconta Luca –, ma ho pagato i miei problemi alle ginocchia. Ho insistito con il nuoto grazie ad Alessandro Recucci, poi ho cominciato con l’agonismo e sono arrivati i risultati. Con la SportEr Sassari dal nulla nel 2011, alle mie prime gare in assoluto, ho vinto i 200 stile a livello regionale facendo il quinto tempo di categoria in Italia. Avevo 13 anni. Ho insistito, costruendo un gran bel rapporto con il mio allenatore Stefano Masala. Imparavamo insieme e ho vinto tanto in Sardegna ma a livello nazionale sono stato sempre un po’ sfigato. Quarto, quinto posto… c’erano ragazzi veloci».
Dopo la maturità allo Scientifico la svolta, il chiedersi cosa si vuole fare da grandi. Il padre, Claudio, titolare di una scuola di volo libero e parapendio a Tivoli, lo manda a Dublino. Una vacanza di studio per un mese a perfezionare il suo inglese, «e lì – prosegue Luca –, dov’ero in mezzo al nulla ho cominciato a frequentare una piscina in una high school. Mi ha notato un allenatore di nuoto che aveva portato tanti inglesi alle Olimpiadi, e mi ha aperto un mondo raccontandomi degli Stati Uniti. Guarda che lì ti pagano per fare quello che stai facendo ora, mi ha spiegato. Così ho presentato il curriculum ai college di Prima divisione Ncaa, ma nessuno mi ha offerto abbastanza. Buone borse di studio, sì, ma non abbastanza». Ed era un aspetto cruciale, per inserirsi in un sistema che costa. Per fare l’università, quell’università, in America, serve l’equivalente di un mutuo per una casa in Italia. E non una casetta ma tre stanze, doppi servizi e mettici anche cucina abitabile e caminetto. Non poco, insomma.
«A puntare su di me – prosegue Luca – è stato invece un college di Divisione due, il McKendree, che aveva appena assunto un coach che arrivava dalla Prima e voleva far crescere l’università. Ho accettato ed eccomi qua, a pagarmi gli studi con i tempi che faccio in vasca».
A gareggiare nella Ncaa, il campionato universitario, straniero come un cestista Usa in Italia. E a studiare. «Ho scelto scienze ambientali per la laurea in 4 anni, e insieme studio per due lauree biennali, in matematica in fisica. Poi, farò il master in ingegneria ambientale». Studiare è importante, quanto nuotare sempre più veloce. «Qui – spiega Luca Simonetti –, funziona che se non hai la media voti sufficiente non sei eleggibile per nuotare, e se non nuoti addio borsa di studio e quindi addio studio. Ad alcuni è capitato, a me no. Sto andando bene sia in piscina che sul banco, sono anche stato inserito nella Società onoraria delle eccellenze accademiche e mi hanno candidato per il premio All american, il credito per gli studenti-atleti. In una parola, per chi eccelle contemporaneamente sia nello studio che nello sport».
Il periodo delle gare è appena cominciato, negli Usa. Luca e la squadra di nuoto della McKendree University hanno brillato a livello di Conference, dove la staffetta con Simonetti ha vinto la 4×200 e la 4×50 stile, con un secondo posto nella 4×100. Ma la perla è stato il quarto posto della 4×200 ai nazionali. «Niente male – commenta lui –, per essere all’inizio». A livello individuale Luca è arrivato 4°, 5° e 6° rispettivamente nei 200, 100 e 50, ma nelle gare di Conference. «Buoni risultati – racconta –, rientrano nella crescita che è nel programma del college».
Ma a livello italiano? «Qui la vasca è lunga 22.8 e qualcosa metri, si nuota in yarde e per equiparare i tempi usiamo un convertitore – spiega –, ma sui 200 ora come ora a livello tricolore valgo il quindicesimo tempo assoluto. Ma nell’ultimo anno sono migliorato di oltre un secondo e mezzo». E tanto basta ai suoi specializzatissimi coach. «Qui c’è un allenatore per ogni cosa – prosegue Luca –, uno per ciascuno stile, uno per la partenza… Non è come nei film o nelle sit-com, qui nei college lo sport è business. Riesco anche a divertirmi, vero, ma il mio rapporto con il coach non è certo quello che potevo avere a Sassari. Qui ti danno da fare, e devi fare. Ci alleniamo tutti i giorni dalle 5 del mattino, abbiamo liberi solo il sabato sera e la domenica. Vivo in una cittadina tranquilla, l’università è privata e veramente piccola: 3000 studenti. No, niente confraternite alla Animal House» ride. Ora è sophomore, secondo anno. Andrà avanti, a forza di bracciate e di virate, una dopo l’altra, sempre più veloce. Poi? La strada è tracciata, scritta nell’acqua della piscina che fra un po’ lascerà, grato. «Non mi piace molto, la vita qua – conclude –. Penso che il mio lavoro non sarà in Italia ma in Europa, in una multinazionale». E sarà come un ritorno a casa, vasca dopo vasca, lo sport come mezzo e non solo come fine. Fra mille sacrifici, per vincere la gara più importante.