di FEDERICA CABRAS
Claudio Piras Moreno, classe 1976, è un attore (ha fatto teatro con la compagnia La Nuova Complesso Camerata di Oreste Braghieri e Bruno Venturi) e uno scrittore ogliastrino. Oggi racconta il suo ultimo libro, “In fondo al mare la luna”. Sei opere portano il suo nome. Quattro romanzi, “Il crepuscolo dei gargoyle” (scritto da ragazzino), “Il signore dei sogni”, “Macerie” e “In fondo al mare la luna” (sua ultimissima fatica letteraria, uscita nei primi di maggio). Una raccolta di poesie, “Mare di ombre”, e una di racconti, “L’icore umano”. All’interno di quest’ultima, il brano che dà il titolo alla raccolta gli permette di vincere il secondo premio al concorso “Lettere in aria” nel 2011. Alcune sue poesie sono pubblicate in antologie di poesia contemporanea. Parla inglese, spagnolo e francese. Lo appassionano letteratura, economia, psicologia, filosofia e la musica d’ogni origine, lingua, genere.
“In fondo al mare la luna” è la sua ultima fatica letteraria. Già dal titolo si capisce quanto la luna sia importante in questo romanzo. In che modo i suoi influssi influenzano la vita del piccolo paese? Il libro parla di un piccolo paese di pescatori, e i ritmi di pesca sono da sempre influenzati dalle maree, ed esse sono determinate dalle varie fasi lunari. Quindi anche i ritmi di vita dei personaggi sono condizionati dalla sua presenza. Inoltre, nel corso della storia, la luna ha modo di influenzare gli eventi in tanti modi, apparendo o sparendo nei momenti più opportuni o meno, e mutando gli umori di quanti la osservano. Alcuni personaggi sono molto legati alla luna e sentono che il loro destino ha a che vedere con quello del piccolo satellite sospeso nel cielo e irraggiungibile.
Da cosa è nata l’ispirazione per questa storia? In generale, cos’è per lei l’ispirazione? Tanti anni fa, all’incirca quando avevo l’età di Lorenzo e Adela (protagonisti del romanzo), sono stato imbarcato in un peschereccio e di quell’esperienza avevo tantissimi ricordi, in qualche modo ho voluto metterli su carta. Ma stravolgendo tante cose, enfatizzandone altre e inventandone tantissime. Il mio intento era costruire un romanzo su un contesto simile, mi interessavano gli insegnamenti che se ne potevano trarre. Infatti, tutto il libro è un po’ una sorta di metafora della vita. Per me l’ispirazione è qualcosa di molto vicino al delirio, quasi un’ossessione che ti si ripresenta di continuo fino a che non ti decidi a lasciarle libero sfogo: nel mio caso scrivendo.
Adela e Catalina, due personaggi femminili importanti. Catalina rappresenta la saggezza, l’adattamento al mondo, lo smascheramento d’ogni menzogna attraverso la verità, la capacità di riconoscere il male. Adela invece è il bianco, la purezza, infatti è innocente e priva di malizia. Ci può illustrare la genesi di questi due personaggi così diversi ma così uniti? Per quanto riguarda Catalina, è semplice, da piccolo mi piaceva stare in compagnia delle vecchie di Arbatax, ognuna per me era mia nonna, e amavo ascoltarle nei loro racconti. I vecchi sono la nostra memoria e sono portatori di tante verità, perché l’esperienza ha insegnato loro a diffidare dell’apparenza e a vedere le cose più nel profondo. Catalina fa questo. Ma a me interessava un personaggio libero da remore, che potesse parlare apertamente, senza preoccuparsi di offendere nessuno: in tutta onestà. Mentre spesso le convenzioni sociali, il quieto vivere, ci impediscono di farlo. Quindi l’ho dotata di un passato che la liberasse da qualsiasi vincolo. Adela, invece, ha paura di diventare come il resto del mondo, non vuole pensare a cosa c’è dietro le azioni delle persone. Lei non ha pregiudizi nei confronti di nessuno, vorrebbe vivere in modo più naturale, non pensare al male, vedere solo il bene: l’uomo invece non lo fa. Perciò Adela è un personaggio che non può essere accettato dagli altri.
Una copertina significativa, una ragazza che affonda in acque profonde. Ci può spiegare? Idealmente la ragazza che affonda è Adela, che appunto non vuole sprofondare nelle bassezze del resto dell’umanità; mentre tutto intorno ha persone che tentano di trascinarcela.
Il mare, altro protagonista di questa storia. Che significati racchiude? Nel libro ne ha tanti di significati, innanzitutto è una grande metafora della vita, i suoi umori, le tempeste, le sue bonacce, sono come tutte quelle difficoltà che si presentano negli anni e che dobbiamo superare per andare avanti, difficoltà che si succedono a periodi di calma, o addirittura a momenti felici. In un passo del libro, inoltre, il mare è un grande serbatoio di sofferenze riversate dall’umanità nell’arco dei secoli e che si espande sommergendo la terra.
C’è qualche elemento in comune con “Macerie”? Senz’altro, diciamo che questi due romanzi si completano sotto tanti punti di vista. Inoltre, In fondo al mare la luna è come se costituisse un continuum con Macerie, anche se solo per tematiche, i personaggi qui sono altri e anche le vicende narrate.
Cos’è la scrittura per lei? È come una liberazione, un bisogno, un sollievo che quasi alleggerisce o è un lavoro faticoso, lungo, doloroso? Come scrivo metaforicamente nel romanzo, e tra le mille cose, mi riferisco anche alla scrittura: “Io mi sono perso nel labirinto. Vago tra muraglie d’acqua notturna con le nubi a precludermi la mappa del firmamento. Mi sottopongo a questa personale ordalia. Se sono colpevole per aver inseguito un sogno più della mia stessa vita, la tempesta mi ucciderà. Se non lo farà, dovrò comunque proseguire nel labirinto e impazzirò tra infiniti vicoli ciechi, sbattendo come una falena sempre contro lo stesso vetro, dietro la luce ingannatrice…” Non credo di aver scelta, la scrittura e la letteratura sono qualcosa di molto più forte di me, in cui mi ritrovo immerso e da cui non riesco a uscirne.Né voglio. Perché credo che senza mi sentirei morto.
Lei è molto attivo sui social. Che rapporto ha con i lettori? Sui social di lettori ce ne sono ben pochi, più che altro c’è gente sola che ha bisogno di sfogarsi, o di ascoltare talvolta una voce amica. Io posso offrirne solo una “pubblica”, non una privata, perché tra l’altro mi sarebbe impossibile, anche perché sui social cerco di passarci meno tempo possibile, preferisco la vita reale. Però non tutti lo capiscono, né riescono a distinguere il mondo virtuale da quello vero. Quindi diciamo che i social sono una trappola e per quanto io voglia esserci per trasmettere dei valori positivi, finisce sempre che scontento qualcuno.
La domanda che non ho fatto. Credo il perché ho scritto questo romanzo; e la spiegazione è molto semplice, per sensibilizzare verso alcune tematiche e per mettere in guardia dall’avere pregiudizi, soprattutto nei confronti dei diversi, ma anche delle categorie considerate più deboli; l’ho scritto sull’onda di tutte le problematiche che riguardano anche il conflitto tra uomini e donne, per ammonire da comportamenti e modi di pensare maschilisti. Tutta la società è profondamente maschilista, e certi pregiudizi ci sono stati inculcati talmente bene che non ci rendiamo conto d’averli: li hanno anche certe donne. Questo libro vorrebbe smascherare l’inganno in cui viviamo, i precetti assurdi che spesso ci condizionano, l’ipocrisia di certe asserzioni e modi di pensare.