TRA SFIDE, SODDISFAZIONI E DIFFICOLTA’: PAOLO ATTENE INGEGNERE IN ARABIA SAUDITA NELLA CITTA’ DI KHOBAR

ph: Paolo Attene

di SIMONE CARDIA

Il 27enne Paolo Attene è nato  in Germania da genitori sardi. Dopo il diploma di tecnico aeronautico a Milano, ha conseguito il brevetto di volo per velivoli leggeri in Texas a soli 17 anni. A Milano ha lavorato nella carrozzeria del padre per due anni.

Tornato a Tortolì dalla madre, arriva la proposta di lavoro di un amico di famiglia. «Mi è stato proposto di trasferirmi in Arabia Saudita per un apprendistato, racconta Paolo, cercavano una persona da formare partendo da zero per ricoprire il ruolo di ingegnere di servizio specializzato in analizzatori di processo, lavoro che in sostanza consiste nell’utilizzare di macchinari molto specifici per l’analisi dei prodotti finiti (risultanti dalla lavorazione degli idrocarburi in genere) delle raffinerie e stabilimenti chimici. È un ruolo complesso, delicato e che richiede estrema precisione, ricco di nuove sfide e proprio per questo ricco anche di soddisfazioni».

Partire per Paolo è stato un salto nel vuoto. Soltanto in seguito il giovane tortoliese ha compreso l’entità della sua decisione. «Il primo periodo l’ho vissuto in modo sereno, ma col passare del tempo mi sono reso conto che la vita, così lontano da casa, presentava delle difficoltà – racconta Paolo – Oggi è più semplice sentire gli amici e la famiglia, ma fino a qualche anno fa molti siti internet come le video-chat erano bloccati. Questa per me è stata una delle prime difficoltà, il taglio netto con gli affetti, avere difficoltà a ricevere notizie da amici e familiari, non poterli sentire con facilità.  Lo stile di vita qui è molto legato alle abitudini. Mi sveglio la mattina, a Khobar, città in cui vivo, consapevole di dover macinare molti chilometri di strada per raggiungere gli impianti. Al termine del turno di solito si rientra a casa, le attrattive non sono tante.»

Spesso si riscontrano difficoltà quando si affrontano esperienze diverse da quelle a cui si è abituati, e capita che siano proprio le persone a fare la differenza. «Il lavoro non sempre è facile perchè, essendo tutti stranieri di diverse nazionalità, spesso ci si scontra con culture e abitudini diverse – ci spiega Paolo –  Io sono abbastanza fortunato perché noi occidentali, in particolare noi italiani, siamo considerati molto positivamente in Medio Oriente e siamo molto avvantaggiati, però allo stesso tempo mi rendo conto che con altri colleghi è più difficile integrarsi. Ad esempio, rispetto a filippini e indiani che tendono a fare “comunella” fra loro, noi italiani riusciamo ad adattarci molto più facilmente.»

«L’Arabia Saudita è una monarchia assoluta, in cui vige la Sharia che rende difficile individuare la sottile linea di confine tra legge, cultura e religione. Per quanto riguarda gli arabi invece mi sono reso conto del divario generazionale, infatti gli anziani hanno una mentalità molto conservatrice, mentre i giovani tendono ad essere più aperti alla cultura occidentale sia grazie all’accesso a internet ma soprattutto perché in tanti scelgono di trasferirsi a studiare in America. Con loro mi ritrovo tanto, più che con altri.»

«In Arabia ho meno preoccupazioni, per quanto riguarda la microcriminalità, rispetto ad alcune città italiane in cui ho vissuto – racconta Paolo – Per strada non penso a stare costantemente attento al portafogli, al cellulare o ad altri oggetti di valore, il taccheggio è infatti assai raro. Il tasso di criminalità è molto basso e non risente dell’estrazione sociale degli abitanti. Infatti sono previste svariate politiche pubbliche per aiutare i poveri, mentre tasse e imposte sono pressoché inesistenti, salvo per quanto riguarda la recente introduzione dell’IVA, che è stata una decisione forzata dall’economia che ha subito recentemente una leggera inflessione». Infatti, secondo quanto previsto dal Corano, i cittadini che versano in condizioni economiche più avvantaggiate, hanno il dovere di devolvere del denaro in favore dei cittadini più bisognosi. «Nonostante questi aspetti – prosegue il giovane ingegnere – il timore derivante dal terrorismo internazionale  si fa vivo spesso e un altro grande pericolo è costituito dalle strade, infatti spesso siamo convinti di essere noi italiani dei pessimi automobilisti, ma gli arabi sono di gran lunga più spericolati alla guida. I limiti di velocità risultano del tutto superflui e le condizioni pessime dei manti stradali non aiutano».

Nel complesso Paolo spende buone parole sulla sua scelta e sull’esperienza generale in terra straniera: «Consiglio a chiunque di fare esperienze di questo tipo. Sono complesse, certo, ma le sfide portano anche tante soddisfazioni. Quando sono in ferie a Tortolì e so di dover ripartire non è facile, ma grazie all’Arabia sono cresciuto molto a livello professionale e personale, tornando indietro prenderei la stessa decisione e in ogni caso non va trascurato il fattore economico: figure come la mia sono ben retribuite!. Nonostante sia un’esperienza positiva nel suo complesso, emotivamente ti segna, per questo spero di potermi riavvicinare a casa in futuro, perchè sento che potrebbe mancarmi una certa stabilità. Un giorno, ipotizzando di metter su famiglia, avrei bisogno di essere più presente. Avendo dei figli, ad esempio, sarebbe molto difficile fare la stola tra l’Italia e Khobar, dovrei scegliere se portare la famiglia con me o privarmi di vederla per diversi mesi.»

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