di Mario Sconamila
Diciamolo con franchezza: gli ingredienti e i presupposti ci sarebbero, e tanti. Esattamente come i castelli in aria, frutto dell’immaginazione, della sete di rivalsa, della speranza di un domani migliore. Solo dei sogni, appunto, bellissimi unicamente in quanto tali: noi amiamo il mondo virtuale, ipotetico, irrealizzabile, perché nel nostro inconscio non mettiamo nel piatto del dare e dell’avere la realtà dei fatti, delle persone, delle condizioni organizzative cui si dispone. E come tutte le cose chimeriche, ci adagiamo sull’oblio dell’incoscienza e della superficialità, dimenticando che una qualsivoglia struttura formata da una moltitudine di individui deve avere un supporto consistente e coeso, unito nel raggiungimento di un obbiettivo, pronto a rinunciare all’individualismo personale per perorare una causa comune e collettiva. Quest’ultimo punto risulta essere il vero nocciolo della questione: coloro che pretendono quello che non potrà mai avverarsi non ne tengono in assoluto conto. Certo, David Herbert Lawrence nel suo storico viaggio negli anni venti aveva giudicato i sardi e la Sardegna assai differenti, in tema di costumi, lingua e tradizioni, rispetto al resto d’Italia. Una terra a parte, e non solo, si badi bene, dal punto di vista geografico che la Natura ci impose. Il suo libro dedicato all’Isola è per noi sardi importante e prezioso quanto l’abbecedario della scuola elementare: il nostro orgoglio ne esce rafforzato, considerando anche che Lawrence attribuì ai viaggi in tutto il mondo, oltre allo scrivere romanzi, la ragione principale della sua vita. Come l’alternarsi delle stagioni, i cicli periodici dei corsi e ricorsi del Vico, ritorna spesso in auge la tentazione di una Sardegna indipendente. Per essere chiari: i sardi devono badare a se stessi e sostenersi da soli senza aiuti esterni, contando unicamente sulle proprie forze e risorse disponibili. Stilare progetti adeguati e credibili in modo da poter godere di contributi dall’Europa. Organizzare delle strutture sociali e burocratiche contando sulla professionalità e onestà dei suoi abitanti. Penso non si sia analizzata quella che a mio parere è la questione fondamentale: tutte le persone, per poter raggiungere tale immane traguardo, dovrebbero “contribuire” finanziariamente secondo le proprie effettive entrate. È credibile questa aspettativa? I propugnatori dell’indipendenza ritengono di conoscere appieno la vera natura degli attuali italiani, e quindi anche dei sardi? Sono consci del fatto che da decenni una nostra precisa prerogativa sia la furbizia, la finta intelligenza, l’inosservanza di regole e leggi? Hanno la forza di ammettere che in definitiva siamo dei (bravi) anarchici che pensano solo al proprio tornaconto personale? Per quale oscura motivazione migliaia di individui dovrebbero rinunciare a questo “status” (sicuramente negativo) ed aderire al sogno della Sardegna indipendente? Ma ai sardi, strutturati nel presente non eccelso momento storico, converrebbe vivere senza dipendere dall’Italia? Avrebbero la capacità e la convenienza di farlo? Potrebbero non servirsi dei proventi (seppur magri) che Roma elargisce?
Tali convincimenti non sono solo sardi: anche la Sicilia tentò una simile sortita con Finocchiaro Aprile, che pure godeva dell’appoggio di una parte ben consistente della popolazione. Tutti sappiamo quale miserevole fine raggiunse. Il problema è sempre lo stesso: questi populismi trovano facile esca nella gente frastornata e pronta e seguire coloro che fanno bei discorsi controcorrente (in questo noi italiani siamo maestri). Al lato pratico, quando poi alla fine si deve concretizzare, si pensa al tornaconto personale, al “do ut des”, alla sistemazione di famigliari e amici. Non insegna nulla a nessuno l’esempio calzante della Lega di Bossi? Dall’ultimativo e definitivo “Berlusconi è il mafioso di Arcore” all’altrettanto perentoria “Roma ladrona”, questo partito, che aspirerebbe (per i milioni di creduloni italiani) all’inesistente e ridicola Padania indipendente, è diventato (sta diventando) una fotocopia di Roma, della quale ha assunto pregi e i moltissimi difetti.
Noi sardi abbiamo, oltretutto, un precedente da cui non è facile disfarsi, ovvero il Partito Sardo d’Azione, che Emilio Lussu e pochissimi altri nobili iscritti idearono per un’effettiva autonomia della Sardegna. Vediamo coi nostri occhi la penosa e desolante realtà odierna di questa forza politica, attenta solo a schierarsi con chi le assicura adeguate poltrone. Quale miserevole fine hanno fatto gli ideali dei loro Padri? Molti indipendentisti sardi, in modo assai ingenuo, prendono come pietra di paragone e traguardo da somigliare e raggiungere la repubblica d’Irlanda. E allora ci si rende conto che veramente la fantasia ha preso definitivamente il sopravvento. Forse ignorano del tutto la Storia che precedette la nascita di quello Stato, ed alle trattative cui partecipò anche Winston Churchill, che dette l’adesione proprio in virtù delle garanzie organizzative, ma soprattutto umane, a disposizione dell’Isola. Fatte le debite proporzioni la Sardegna non possiede alcune di queste prerogative. Ben vengano comunque gli indipendentisti dell’iRS, indipendentzia Repubrica de Sardigna, ed alla segretaria Ornella Demuru, che con tanto entusiasmo guida la formazione. Ma se potessi esprimere un consiglio, le proporrei di non oltrepassare i limiti di un movimento d’opinione, utile al dialogo, pronto al confronto dialettico con le altre forze politiche. Non superi questa soglia, perché la Storia ci insegna che si è impietosi verso chi agisce senza conoscere la vera essenza delle persone con cui si ha a che fare.
Francesco Cossiga, che per mille motivi ho osteggiato per un certo modo di presentarsi e di raffrontarsi con gli altri, per aver offeso non pochi rappresentanti della magistratura, nei fatti riguardanti la Sardegna centrò magistralmente il segno: definì la sua e nostra terra una “Nazione senza Stato”, i cui abitanti, appunto per le vicende secolari che li ha preceduti, sono ormai dediti senza appelli a dipendere da Roma, ovvero dal potere centrale dei grandi partiti. E questo, anche se poco nobile, per loro rappresenta la maggiore convenienza. Ne tengano conto gli indipendentisti: la vera e inossidabile mentalità dei sardi è questa. E lascino nel cassetto ambizioni irrealizzabili e vacue. Apparteniamo alla grande famiglia europea: frazionarla ulteriormente in mille rivoli significa andare contro il mondo del domani.
Buona sera, credo che abbiate ragione, ci sono pro e contro, ma dirò solo un paio di parole. Prima di tutto a livello europeo non abbiamo nessuna valenza, inquanto l’Italia mette in ultimo piano la sardegna, percio’ finanziamenti europei qua neanche l’ombra. Percio’ se parliamo di credibilità non vedo altre alternative all’essere indipendenti e gestire i finanziamenti autonomamente, secondo forse è l’Italia in se a non essere più credibile agli occhi dell’Europa, quindi prima ci rendiamo autonomi meglio è. Per quanto riguarda la tassazione; I sardi pagano le tasse come tutti ovviamente, ma di queste tasse quante tornano indietro sottoforma di finanziamenti per la sanità e infrastrutture varie??? Strade e Autostrade?? Niente. Vedasi strada Olbia – Sassari. Ultima cosa. Quanti soldi sperperati dai partiti (Vedi lega nord)???Tanti. Allora dico, preferisco che i soldi vengano sperperati dai sardi piuttosto che dai politici che della sardegna non gli interessa niente. Buona serata
Pienamente daccordo con Carlo Tola, aggiungerei che cossiga quando parlava dei Sardi parlava in realtàdi se stesso, prima di tutto iniziando dal fatto che se la Sardegna è una nazione e lo è senza ombra di dubbio, si deve cercare senza se e senza ma e a tutti i costi di dare uno stato a alla Sardegna, 2 francesco cossiga era parte di una famiglia di propietari terrieri (feudatarios perfidos pro interese privadu), filo piemontesi, a cui l indipendenza della Sardegna serebbe voluto dire una catastrofe, quindi l oppinione di un traditore non dovrebbe neanche essere presa in considerazione, io vivo all estero, e per estero intendo fuori dalla Sardegna, e visto che l isola vive una crisi identitaria, economica, senza precedenti, non credo di tornare, credo si invece nella necessità di un organizzazione e la coordinazione di tutti i gruppi identitari, per dare luce ad un fronte natzionale con l obbietivo di salire al potere, ed iniziare importanti riforme, soppratutto a livello scolare, per una riscoperta della storia, della cultura e della lingua, vedere esempio della Catalunya, quindi scuola in Sardo, Inglese, italiano e università in SARDO, purtroppo è un processo lungo, l indipendenza non si fa in 2 giorni ma si fa nell arco di varie generazioni, quindi dopo anni di scuola Sarda ed aver creato una nuova generazione di Sardoparlanti e sardopensanti, che possano afrontare la modernità in Sardo, si può iniziare il processo di indipendenza vero e proprio, atraverso un referendun e sucessivamente il trasferimento di poteri allo stato Sardo.
scusate per il mio italiano, scrivo in italiano perchè se scrivessi in Sardo qualcuno potrebbe non capire.