IL RELIGIOSO SILENZIO DEI NOVENARI BIZANTINI, LUOGHI DI PACE E DI PROFONDA QUIETE

di SALVATORE LAMPREU

Esistono in Sardegna luoghi incantevoli che per la maggior parte dell’anno restano avvolti in un silenzioso torpore, animati solamente in occasione di particolari ricorrenze religiose. Si tratta dei Novenari, piccoli villaggi immersi nelle campagne e costituiti da poche intime casette, dette in sardo muristenes o cumbessias, raccolte generalmente attorno a una chiesetta. I Novenari, che sorgono in scenari bucolici, tra le rocche e la macchia mediterranea, distano generalmente qualche chilometro dai centri abitati e contribuiscono a disegnare in modo caratteristico i paesaggi rurali. La loro presenza si deve all’antica tradizione di accogliere i pellegrini e i fedeli nei nove giorni che precedono la festa del santo a cui sono solitamente intitolate le chiese da cui si sviluppano gli impianti urbani. I “Novenanti”, quindi, oltre a partecipare ai riti religiosi, che si svolgono normalmente all’alba e al tramonto, tutte le notti si intrattengono nei Santuari campestri, a suon di canti, balli tradizionali e abbondanti cene. Per questo motivo i Novenari rappresentano un’importante testimonianza storico- culturale, la cornice su cui si inscenano spontanee manifestazioni della vita di comunità e in cui si tessono relazioni nei momenti di coesione e convivialità.

La tradizione di “Novenare” risale all’epoca in cui i Monaci Bizantini, dopo essere sfuggiti alle persecuzioni dell’Imperatore d’Oriente Leone Isaurico che proibì il culto delle immagini sacre, arrivarono in Sardegna portando nuovi Santi, i quali si decise fossero venerati durante nove notti di raccoglimento spirituale. Nel periodo giudicale la tradizione perdura e si rafforza cosi che proprio in occasione delle novene religiose, svolte d’estate, inizia a diffondersi l’usanza di stipulare contratti agrari, in particolari quelli relativi alle incombenti vendemmie.

I Novenari sono luoghi poco frequentati dai turisti, anche per la tendenziale mancanza di servizi di ristoro durante tutto l’anno. Eppure sono posti carichi di fascino e suggestione, testimoni di un passato lontano che ancora sopravvive. La zona centrale dell’Isola,l’Altopiano del Guilcer in provincia di Oristano, è particolarmente ricca di questi centri religiosi risalenti in prevalenza al XIII secolo, soprattutto distribuiti nei territori che si affacciano sul lago Omodeo. Il pomeriggio precedente la domenica di Pasqua ho fatto un salto in tre Novenari: San Michele, San Giovanni e San Serafino, tutti nell’agro di Ghilarza e ho avuto la fortuna di trovare le chiesette aperte per via dei preparativi pasquali. La prima borgata che visito è quella diSan Michele, costituita da alcune schiere di case con la facciata in pietra di basalto a vista che confluiscono su una graziosa piazzetta dominata dalla Chiesetta dedicata all’omonimo santo. Le architetture sono semplici ed essenziali, senza fronzoli con uno stile asciutto e inconfondibile.

A San Michele incontro per caso alcuni amici che, tra strette di mano e una birra fresca, mi raccontano della pasquetta che stanno progettando di trascorrere proprio lì. Dentro la chiesa una signora sistema sull’altare, con ordine e cura, i fiori e i paramenti sacri, facendo attenzione a rispettare armonie ed equilibri nello spolverare e spostare i candelabri, sotto lo sguardo esigenze di Zia Michelina, un’arzilla e simpatica nonnina di oltre ottanta anni che con orgoglio si vanta di essere la padrona della casa più antica del villaggio.

Così me la mostra. È uno spettacolo. I muri bianchissimi e irregolari disegnano due stanze che compongono la struttura originaria a cui si unisce un terzo ambiente col bagno, costruiti successivamente. Appese alle pareti antiche foto, rosari, piatti in ordine sparso, souvenir provenienti da Valencia, città che Zia Michelina adora e conosce bene. Mi dice che i figli le hanno intimato di non toccare la casa, di lasciarla così com’è, senza stravolgerla. E a ben ragione, perché è bellissima! Tuttavia il tempo stringe e il sole sta per volgere al tramonto. Zia Michelina racconta tante storie e a me piace ascoltarla mentre ripercorre la vita di quella borgata. Io ho molto rispetto per gli anziani. Mi ricordano sempre i miei nonni e forse per questo amo ascoltare i loro racconti, perché hanno sempre quel pizzico di saggezza e nostalgia di un tempo remoto che io posso solo immaginare. Resterei volentieri ancora un po’ ad ascoltare quelle storie di santi, di feste, di Spagna e di famiglie numerose d’una volta ma voglio assolutamente vedere i Novenari di San Giovanni e San Serafino, poco distanti, così mi congedo e prendo la via.

In cinque minuti mi ritrovo a San Giovanni. Anche qui scopro con piacere che la chiesa è aperta. Ad accogliermi due uomini che bevono una birra sul piazzale antistante e che presentandosi mi chiedono subito se favorisco un goccio. Gentilmente rifiuto l’offerta perché voglio vedere l’interno della chiesa, molto semplice e linda, dove un gruppo di donne sta ripiegando alcune tovaglie bianche ricamate.

Vedendomi scattare alcune foto, colgono l’occasione per mostrarmi, tutte contente, un antico tabernacolo in legno, dipinto di azzurro e appena restaurato. Nello sguardo di queste signore scorgo un guizzo di luce mentre parlano e capisco che per loro è veramente importante prendersi cura di quel posto. Non so perché ma provo piacere al pensiero che ci sia ancora qualcuno che, in maniera gratuita, tiene a questo tipo di cose.

Dopo un giro veloce tra le poche casette saluto e vado spedito al vicino Novenario di San Serafino, il più grande dei tre. Sembra un vero e proprio paese e in effetti è stato in passato il set cinematografico di alcuni film girati in Sardegna. Davanti alla chiesa un gruppo di ragazzini allegri e chiassosi gioca una partita di pallone. A camminare per le viuzze si San Serafino mi sembra quasi di aver fatto un tuffo indietro nel tempo, in quei racconti che ho sempre ascoltato da chi ha qualche anno in più di me, ambientati in luoghi non ancora aggrediti dalla brutalità del modernismo ed estremamente semplici e genuini.

 

Si respira un’aria frizzante a San Serafino, il cielo ambrato riassume quel che resta degli ultimi raggi di un sole primaverile ormai tramontato e il lago Omodeo sembra ancora più spettacolare visto da quassù. Ma si è fatta ora di andare e di lasciare questi posti con la certezza che quest’anno, per le Novene, non potrò assolutamente mancare.

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Un commento

  1. Giuseppe Lorrai

    BELLISSIMA STORIA, VORREI SAPERE SE LE CASE SONO TUTTE PRIVATE O CMQ SE È POSSIBILE PARTRCIPARVI DA ESTERNO, GRAZIE

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