di MANOLA BACCHIS
La Pedagogia dello Sport penso sia tra le branche più affascinanti della Pedagogia mater. Ti accorgi che attorno e all’interno di essa c’è una sola parola che racchiude simbolicamente tutto il valore dello Sport; questa parola è Vita. Infatti, la metafora Sport è vita, Vita è sport è tra le più gettonate. E a buon ragione, direi! La pedagogia, si sa, ha origini lontane, primordiali, quanto l’uomo. Essa nasce con l’uomo, cresce e si modifica con l’uomo e la società. L’uomo ha necessità dell’educazione come il pane. È un bisogno primario che, forse, antecede il pane stesso, poiché solo la capacità di saper nutrire il cucciolo d’uomo, l’infante, porterà al saper nutrire le sue stesse potenzialità atte a sviluppare e ad accrescere la propria individualità e, di conseguenza, il suo essere uomo sociale. Lo sport entra nella vita dell’uomo a pari passo dell’educazione. Spesso si tende a pensare allo sport come un’attività extra, specifica e settoriale. Lo sport, per contro, altro non è che attività motoria e attività ludica. Fin dal XVII secolo numerosi pedagogisti (tra questi, giusto per citarne alcuni, Locke, Rousseau, Froebel, Pestalozzi…) sottolineano il valore principe dello stesso, centrandone il cuore: l’equilibrio mentale, fisico e umanizzante, si raggiunge col giusto apporto dell’attività motoria e il gioco, occupa il primo posto. Il gioco è la manifestazione della spontanea tendenza alla creatività, è un lavoro e un’arte. La sua guida è affiancata al gioco spontaneo, del mero divertimento, del passatempo (o tempo libero come si direbbe oggi). La grande pedagogista del ‘900, Maria Montessori, ci ricorda che il bambino ha in sé già le energie creative e affettive necessarie per il suo sviluppo, l’educatore, pertanto, deve organizzare l’ambiente a misura di bambino e chi meglio dell’allenatore, educatore tout court, ha questa competenza? Gli anni trascorsi come docente esterno di Pedagogia dello Sport, o meglio Pedagogia applicata alle attività motorie e sportive, sia all’Università di Pisa sia di Cagliari, sono stati per me di grande rilevanza, come crescita personale in primis. Il mio passato professionale mi vide maestra in una scuola materna, dove il mio incarico principale fu l’attività psicomotoria. Quel piccolo passo, forse, mi stava già suggerendo che quell’incarico sulle competenze motorie, associate al gioco, alle coreografie, al racconto e all’arte avrebbe poi significato qualcosa in più, per me e, di riflesso, per i miei studenti universitari. Inserii subito alla teoria pedagogica stimoli legati all’osservazione e al ragionamento. Al contempo, andai alla ricerca di testi di lettura che fossero complementari e che traducessero il ruolo che avrebbero trovato, nel mondo del tirocinio prima e del lavoro dopo. Soprattutto quello legato all’attività motoria e sportiva nella scuola. Fu così che, “inciampai” in alcuni testi di letteratura dedicata all’infanzia e agli adolescenti della collana ‘Trenino Verde’ della casa editrice sarda Condaghes. Una vera perla! Mi si aprì una finestra! Valori sportivi, valori pedagogici, la figura dell’allenatore/educatore, sport come vita e viceversa, le regole, il gioco, il divertimento, i sacrifici, la vittoria, lo stare insieme, la condivisione, la comunicazione, la simbologia. Insomma, la Pedagogia dello Sport! Ma perché sono così importanti questi racconti? Perché narrano di sport, di vita, dalle storie di allenatori alle prese coi piccoli atleti in erba, alle loro famiglie, ai miti legati al Calcio e al grandissimo “rombo di tuono” che fece vincere lo scudetto al Cagliari, Gigi Riva! La Condaghes è una casa editrice impegnata su vari versanti, fin dal 1992 e, bambini e ragazzi, sono il target a cui dedica particolare attenzione e ha ben ragione. Infatti, i dati statistici mostrano un quadro positivo, tant’è che i sardi hanno un rapporto con la lettura sopra la media nazionale, quasi pari al 50%. Certo l’insularità non favorisce l’espandersi delle case editrici sarde, purtuttavia, l’incidenza delle vendite è in netto aumento con ristampe e novità editoriali. E così, dedicherà pagine importanti proprio allo sport, con un linguaggio per l’infanzia, registrando fin dalle sue prime pubblicazioni, riconoscimenti e premi letterari proprio per la valenza educativa e sportiva. La tematica si incentra sul Calcio, sport che talvolta viene mistificato per i valori misti insiti in esso e (ahimè), negli ultimi anni tendenti alla deriva, sempre più verso i disvalori. La cronaca ne è ricca. Però, “Cuori rossoblù”, “L’estate di una Primavera rossoblù”, “La partita più importante del mondo” e “Rossoblù, che Storia” sono un riscatto. Mostrano con semplicità educativa che lo sport, nonostante i risvolti che possono infangare l’attività salutare per eccellenza è da promuovere, da praticare e da incentivare fin dall’infanzia. Non importa quale sport. L’importante è socializzare, divertirsi, poi per diventare campioni c’è tempo. E se tra un allenamento e l’altro ci si imbatte in avventure fantastiche, da triller per certi versi, con viaggi “fuori dal tempo” senza connessione internet ma connessi con la realtà della meravigliosa Barbagia, che offrirà loro la scoperta dell’allenamento oltre l’impossibile. La tenda sarà la nuova casa. L’allenatore, sarà il vero modello educativo, capace di cogliere quanto basta per guidarli nel percorso fuori dalle comodità moderne e, ancora, si abbatteranno muri di pregiudizi, sfatando che il calcio è uno sport da babbi e la passione dilagherà! Perché l’interesse nasce, cresce ed entra nel cuore se lo si sa indicare e trasmettere. La passione sarà una ragione. E accadrà quasi un miracolo: un gruppo di ragazzi che non aveva mai dato un calcio al pallone può vincere alla Coppa dei Campioni e se i sogni aiutano a rendere la realtà magica, la cosa importante allora è sognare. Chiudere gli occhi e ripercorrere a ritroso nel tempo la nascita della squadra del cuore. Così, senza macchina del tempo, il valore principe dello sport, quello dell’amicizia e dell’amore, fa sì che l’inseguire la maglia rossoblù consentirà di conoscere aneddoti, curiosità, che in fondo altro non sono che storie di uomini, sognanti dietro ad un pallone, e che fanno sognare. ′L’importante non è vincere ma partecipare′ direbbe Pierre de Coubertin, pedagogista e storico francese. La lettura ci rende partecipe di tanti sogni, di sacrifici, di valori vincenti, di sana competizione: e lo sport rappresenta la speranza per una società migliore, governata dal valore umanizzante, e non dalla ricerca spietata del successo individuale. La letteratura per l’infanzia ci offre questa lettura e rappresenta un modo per iniziare un viaggio nello sport, anche al parco. Una lettura. Una passeggiata. Una possibilità di incontro. Ecco questo è il fine principe dello sport e della pedagogia.