di Francesco Canepa
Direi che il termine latino “Tacita” in italiano si traduce “tacita” e direi che il termine latino “Muta” in italiano si traduce “muta”, e direi anche che, se poi il titolo del libro prosegue, direttamente in italiano, con “la Dea del silenzio”, non resta che abbandonarci alla leopardiana speranza di sovrumani silenzi !
E invece, quando il nostro Presidente Antonio Maria Masia ( …..il più infedele dei fedeli della “Dea del silenzio” ), evidentemente intimorito dalla presenza della Dea, dopo appena pochi minuti di presentazione, ha affidato il microfono a Neria De Giovanni : apriti cielo!
Non è stata né tacita, né tampoco muta, ma, addirittura, tonitruante, come si conviene quando si parla della divinità suprema dell’Olimpo : la sua ultima fatica letteraria narra infatti le vicende di una ninfa della periferia romana Giuturna ( dalle parti dell’Almone, che si buttava nel Tevere dalle parti della Garbatella ), la quale, concupita dal padrone del cielo, viene salvata dalla sorella, Lalla o Lara sempre loquace e canterina, la quale appena in tempo va a fare la spia con Giunone, la quale comincia a gettare vasi, coppe, anfore sul maritozzo fedifrago, il quale vede sfumare la sua scappatella.
Evidentemente questa ninfa doveva essere proprio un gran bel pezzo di ninfa per Giove ( …”per Giove” non in senso esclamativo ! ), il quale per vendicarsi strappa la lingua alla spiona e la fa accompagnare all’inferno da Mercurio, il quale nel mezzo del cammin ….. ma non vi posso raccontare tutto il libro ( “Tacita Muta, la dea del silenzio” edizioni nemapress ), perché si tratta della narrazione di un mito, tanto sconosciuto, quanto drammatico, inaspettato e sconvolgente, che l’Autrice, dopo una attenta ricerca, ricostruisce arrivando sino al culto dei “Lari”, che nella Roma antica proteggevano la famiglia.
Una lettura che non potrà mancare di suscitare quello sdegno e quel dolore che troppo spesso dobbiamo soffrire ancor oggi nel dover prendere atto che questo tipo di violenza ha ancora troppi colpevoli e troppe vittime, che hanno finalmente potuto cogliere nel fiero e sprezzante intervento dell’Autrice la severa condanna di simili barbarie.
Solamente una voce bella e calda come quella di Manuela Manca, non accompagnata da strumenti, poteva riuscire a rasserenarci con il primo dei canti tratti dalla tradizione sarda, “Deus ti salvet Maria” ( la celebre Ave Maria di Maria Carta ) di padre Bonaventura Licheri di Neoneli, che ci ha accompagnati nella seconda parte della serata, nella quale ha offerto altri due noti canti sardi.
Il primo : “Su patriottu sardu a sos feudatarios” ( letteralmente : Il patriota sardo ai feudatari ben conosciuto per il suo incipit “Procurade ‘e moderare” ), è un canto rivoluzionario antifeudale scritto da Francesco Ignazio Mannu nel 1794 durante i moti contro il governo sabaudo e contro la prepotenza dei “barones” locali; l’altro, uno dei canti d’amore più delicati della nostra tradizione : “A Diosa” ( all’amata ) con il suo famoso incipit “Non potho reposare”, scritta dall’avvocato Barore Sini, di Sarule, e musicata da Peppino Rachel di Nuoro.
Grazie Manuela Manca, per un attimo siamo riusciti a distaccarci dalle preoccupazioni quotidiane!
La seconda parte della serata – introdotta da A.M.Masia per la parte sarda e dalla regista Roberta Cortella per il versante friulano – è stata dedicata ad un tema insolito e di grande interesse riguardante quelle che vengono chiamate “lingue minoritarie”, giustapponendo momenti di poesia e di canto nelle due lingue.
I grandi fenomeni antropologici che hanno interessato tutte le popolazioni del mondo, dopo la seconda guerra, hanno determinato la sparizione di lingue e dialetti, mettendo in allarme le organizzazioni internazionali, che hanno voluto lanciare un appello e cercare di adottare strumenti idonei a preservarne la conservazione.
La giornata mondiale dell’Unesco ( l’agenzia dell’ONU per il patrimonio culturale del mondo ) dedicata a questo fenomeno è stata fissata al 21 febbraio, per ricordare l’eccidio di studenti pakistani scesi in piazza per reclamare l’uso della propria lingua nell’università.
Una data fatidica – come ha osservato Neria De Giovanni – perché quello era lo stesso giorno nel quale il mito ha fissato l’inizio del viaggio di Tacita Muta verso l’Ade.
Nell’ambito di questo interessamento internazionale lo stesso Ministero della cultura italiano ( “progetto etnie MIBACT” ) ha voluto dare il suo patrocinio alla serata che vedeva riuniti studiosi e rappresentanti dei due gruppi linguistici, friulano e sardo, che hanno saputo offrire spunti di studio, canti, musiche e poesie con riferimento alle rispettive realtà di oggi.
Il Presidente dell’UnAR (che riunisce le associazioni regionali d’Italia nella sede dove è ospitata la serata), l’ingegner Francesco Pittoni, anche presidente del “Fogolar Furlan”, ha voluto sottolineare la vitalità della cultura friulana e della sua lingua ed il legame con i Sardi che seppero combattere leggendariamente sui loro monti fino alla Vittoria e che, in tanti, rimasero poi in quelle stesse valli, contribuendo a ricostruire ciò che la guerra aveva distrutto.
Le proiezioni con i canti in friulano e contestuale trasposizione in italiano hanno introdotto l’intervento della professoressa Mara Piccoli (interessante teoria esposta dal neurolinguista e neurofisiologo Franco Fabbro nel libro Il cjâf dai furlans) e di Carmen Cargnelutti chiuso con alcune citazioni da P.P.Pasolini e seguito dalle letture di poesie di Pierluigi Cappello, e brani in friulano da parte di Paola Aita e Roberta Cortella.
Dopo la lettura appassionata e calorosamente applaudita di due liriche ( “Poesia” e “Su tempus it’est ?”, quest’ultima già vincitrice del 1° premio, sezione “Sardi di fuori” al notissimo premio Città di Ozieri di alcuni anni fa ) di Antonio Maria Masia,
da parte dello stesso Autore, in logudorese, con consecutiva trasposizione in italiano letta da Neria De Giovanni, s’è aperta la parte internazionale della serata.
Valentina Piredda, presidente della giuria del “Premio Tacita Muta” ha illustrato, insieme a Neria De Giovanni, l’attività del “premio” ed ha quindi annunciato la vincitrice per quest’anno : una sua ex allieva dell’Università di Mannheim, Eva Martha Eckkrammer, oggi anche lei professoressa nella medesima Università. Oltre ad essersi interessata della cultura sarda e della sua lingua, è stata l’artefice, insieme agli abitanti stessi, del recupero di antiche lingue praticamente estinte nelle isole caraibiche.
Dopo la consegna dell’artistico pendente ispirato al mito della ninfa, la studiosa ha raccontato in un affascinante italiano la sua avventura caraibica vissuta insieme ai suoi studenti, illustrando poi le problematiche legate alla sparizione di tante lingue e dialetti e quali sono gli sforzi che le Università stanno compiendo per evitare questa ecatombe culturale.
La presidente della “Associazione internazionale dei critici internazionali”, Neria De Giovanni, ha quindi annunciato il bando del concorso per testi poetici in una delle lingue minoritarie, rinviando al sito dell’associazione per tutte le notizie sulla partecipazione.
Alcuni filmati, con la sovrapposizione dei testi in friulano ed in italiano, ci hanno accompagnati nel corso della serata : il canto, quasi un inno dell’alpino, “Stelutis alpinis”; la versione in friulano della celebre “Io che amo solo te” di Sergio Endrigo e gran finale con l’esibizione di uno spettacolare coro friulano.
A conclusione tutti siamo andati all’incontro più atteso della serata : il rituale menù sardo della “Presidentessa” Toia con – dulcis in fundo – i dolci friulani.