di Luigi Lilliu
La campagna promozionale “Agnello IGP 2018” lanciata dalla F.A.S.I. “Sarda Tellus”, oltre che essere una brillante operazione di marketing a vantaggio dei consumatori, per qualità e prezzo, e dell’economia zootecnica ovina, con ricaduta positiva sulla filiera lattiero-casearia, suscita in noi emigrati un collegamento ideale con l’isola richiamando alla mente, anche indirettamente, i valori culturali, socio-economici e della tradizione che ci appartiene.
La tradizione agro-pastorale, in cui si colloca l’importanza soprattutto alimentare dell’agnello, ha radici antiche e profonde, giacchè ossi di cibarie di agnello e utensili della caseificazione, risalenti all’età nuragica, sono reperti museali che testimoniano una civiltà all’epoca molto avanzata, di cui siamo ovviamente fieri.
Il retaggio di quella civiltà venne difeso e conservato nello scrigno territoriale incontaminato della “Barbagia”, la cui popolazione si oppose all’invasore colonizzatore con eroica resistenza, permettendo di poter perpetuare l’inestimabile valore che ancora oggi offre profili di sardità autentica.
Approfonditi studi ne hanno fatto emergere la rilevante importanza ed il famoso archeologo Giovanni Lilliu definì quel travagliato periodo “La costante resistenziale sarda”,a cui si deve la vittoria e l’affermazione della nostra identità storica, culturale e antropologica, che sia pure lentamente, dopo le devastanti colonizzazioni, in particolare quella romana, si è naturalmente integrata ed evoluta all’insegna della coesione e del progresso riguardante l’intera regione.
Basti pensare che a Barumini, località a cavallo tra il Campidano e la Marmilla, nota per il complesso nuragico patrimonio dell’Unesco, si tengono la fiera ed il concorso più importante della Sardegna sulla selezione dei migliori soggetti ovini censiti nel registro genealogico regionale degli ovini di razza sarda, per cogliere la valenza unificante,anche popolare,che ha nell’isola quest’enorme patrimonio zootecnico ovino sardo, meritevole di adeguata tutela istituzionale.
A tal fine va, comunque, riconosciuta la sensibilità politica espressa con la normativa che stimola e sostiene l’acquisto di soggetti maschi riproduttori selezionati, all’insegna della crescita qualificata e della prevenzione della scrapie
Chiedo scusa per questa dissertazione, ma la ritenevo pertinente alla portata della campagna promozionale “Agnello IGP 2018” che, sebbene diretta a soddisfare palati esigenti e nostalgici dei gusti d’origine, sottende a fattori funzionali allo sviluppo che metteremo nelle mani delle generazioni deputate a governare il futuro della meravigliosa Sardegna, speriamo con amore e saggia sardità.
Circostanze specifiche che rendono l’agnello protagonista in tavola sono le ricorrenze di Natale e Pasqua, nonché i festosi eventi familiari con arrosti allo spiedo e altre modalità di cottura, fra cui quella in umido: a pezzetti con piselli o carciofi e altri prodotti, oppure cosciotto intero variamente steccato, salato, unto con olio extravergine d’oliva e fasciato con rametti di mirto.
Personalmente ho memoria di un agnello squisito consumato a Oristano, in un convivio di esperti, sapientemente preparato in base alla seguente ricetta:
- rosolare la carne a pezzetti con olio extravergine d’oliva, prima a fuoco lento, per far cedere l’acqua ed il poco grasso in essa contenuto, e poi a fuoco vivo fino a rendere la carne stessa uniformemente dorata;
- in un tegame a parte mettere una quantità sufficiente di cipolle, possibilmente bianche, tagliate a fettine sottilissime e farle sciogliere in olio extravergine d’oliva e poca acqua a fuoco lento, ottenendo un’abbondante massa omogena;
- versare nel tegame dell’agnello rosolato detta massa e aggiungere vino Vernaccia invecchiato di 5 anni, oppure altro vino bianco addizionato con cognac possibilmente Courvoisier o Fundador classico, salare ed aggiungere alcuni altri ingredienti a piacere: olive nere / pomodori secchi / bacche di ginepro, lasciando che – a fuoco lento – il tutto si rapprenda ed i sapori si amalgamino e si esaltino deliziando per primo l’olfatto.
Questa ricetta fu chiamata “Agnello alla Grazia Deledda”, in alternativa alla modalità di arrosto allo spiedo, che richiedeva un tempo di cottura più lungo.
Era sicuramente in onore della prediletta scrittrice, che nelle descrizioni acute ed appassionate della sua terra natia, di formazione umana e culturale, ci ha fatto conoscere le asprezze dell’ambiente fisico e sociale, declinandone pregi e difetti e soffermandosi sulle differenze di classi e di categorie sociali prevaricatrici o sottomesse, con l’esplosione di frequenti tragici conflitti e disperati briganti alla macchia, che lasciavano madri e spose sconsolate.
In questa sempre aggrovigliata e spesso drammatica realtà, Grazia Deledda ha analizzato personaggi tipici della tradizione e del costume isolano, collocandoli nell’ambiente agro-pastorale più congeniale alle sue narrazioni e loro modo di vivere o sopravvivere con l’immancabile ricorso all’agnello o pecora propri o rubati.
Infatti, in numerose opere della sua vasta produzione letteraria, costellata di fascino e illuminata da folgorante bellezza, anche spirituale, degli ambienti descritti, la Deledda fa riferimento spesso alla presenza dell’agnello che trionfa sulle tavole anche povere e disadorne, in quanto prodotto disponibile e simbolo della cultura e della tradizione unanimemente condivisa e praticata.
Sono numerosi i romanzi nei quali la scrittrice da risalto all’agnello variamente cucinato:inizia con il “Il vecchio della montagna” del 1900 e finisce con il suo capolavoro “Cosima”, uscito postumo nel 1937.
L’agnello non è menzionato nel bel romanzo “Marianna Sirca”, da cui è stato tratto il film Amore rosso, ma secondo i dotti della trasmissione orale della cultura sarda,presenti anche al convivio di cui ho fatto cenno, è improbabile che Marianna abbia fatto mancare al suo Simone Sole (appassionato, contrastato e tragico amore) la pietanza d’agnello, peraltro disponibile nella dispensa della sua casa in campagna, dove lo incontrava clandestinamente perchè egli era un brigante alla macchia.
Sono grato alla campagna dell’agnello sardo ed ai suoi promotori, sia per l’agevole approvvigionamento del prodotto che per i dedotti spunti storici e culturali,che costituiscono un modesto supporto al piacere di poter contribuire, insieme a tutti gli emigrati, alla valorizzazione commerciale di un prodotto così tipico e molto importante per l’economia e lo sviluppo della Sardegna e del suo popolo.