di Mariella Cortès
“Est una notte ‘e luna,
de cuddas lunas de atonzu giaras,
chi cando tue t’acciaras
a la ‘ider’andare,
isperas novamente in sa fortuna”
Così scriveva Montanaru, poeta di luoghi intoccabili dalla velocità ostile della modernità, guardando la luna risplendere nel cielo dopo una lunga tempesta. In quel suo riemergere dalle nuvole c’è il desiderio di rivalsa, la volontà di proseguire un sogno, quello di far rimanere intatti degli ideali. E chissà, allora, se Antioco Casula, dal balcone della sua casa, nel rione di Ovolaccio, a Desulo, avrebbe mai pensato, osservando e scrivendo di quella luna eterea che lasciava intravedere un buon destino, che i suoi versi avrebbero goduto dell’immortalità e che, a distanza di vent’anni dai primi gorgheggi e vocalizzi fatti da un coro polifonico in formazione, che decideva di portare il suo nome, quelle parole sarebbero state portavoce proprio di quel futuro promesso nella sua poesia.
Parliamo del Coro Montanaru di Desulo che nel 2017 festeggia 20 anni di attività. E lo fa con un convegno (lo scorso 2 novembre) e un nuovo cd (“Arregodos de Coro”) ma, soprattutto, rinnovando quella passione nel cantare e nel divenire con i colori e con la voce, testimoni di tradizioni immutate nonostante il rincorrersi della modernità.
Era un freddo gennaio del 1997 quando i primi coristi, radunati da Ottavio Liori e guidati dal Maestro Tonino Puddu, si incontravano per diventare solisti, prime, seconde, contre e bassi per dar voce alla prima canzone, armonizzata per loro in una sola notte: “A ninna a ninna a cantare”, una pietra miliare della tradizione popolare desulese.
Non fu facile: ci furono lunghi momenti di ascolto e studio, di continue ammonizioni da parte del Maestro Puddu, già direttore del Coro Su Nugoresu di Nuoro, che insisteva su respirazione e tempo, su dinamica e armonizzazione di tutte le differenti voci che animavano il coro.
“Aprite bene la bocca- sottolineava il Maestro- fate in modo che essa diventi come una caverna dove la voce sia più corposa e potente. Pronunciate bene le parole mentre cantate, specialmente le vocali. Quando la gente vi sentirà cantare dovrà capire, insieme con la bellezza dell’armonia, il significato del testo”.
Le prime ad essere armonizzate per diventare polifonia furono le poesie di Montanaru insieme a brani importanti della tradizione sarda e attinti da quella sudamericana e spagnola, cantati sempre come “un’onda, mai uguale a quella che la precede e, al contempo, come un sospiro dell’anima”. Negli anni, la sede del Coro diventò, ricordano i coristi, un polo di attrazione per curiosi, simpatizzanti e nuove voci e nelle occasioni religiose e laiche sia di Desulo che della Sardegna la sua presenza diventava sempre più diffusa e importante.
Arrivò il momento di incidere il primo cd dando risalto alla figura di Montanaru che sin dai primi vocalizzi ne aveva ispirato anima e stile: “Est una notte ‘e luna” prendeva vita nel 2003. Il Coro aveva creato una identità e uno stile ben riconoscibili e portava avanti un’operazione di promozione della cultura desulese in Sardegna e in Continente. La scomparsa del mentore, Tonino Puddu, avvenuta poco dopo il decennale del gruppo, spense solo momentaneamente gli entusiasmi e dopo momenti in cui sembrava non brillare più alcuna luce, il coro riprese la sua attività con un nuovo maestro, Vito Marcie un secondo cd, “Arregodos de Coro. Tra sacro e profano”, che celebra insieme ai 20 anni di attività, una maturità artistica differente dove la tradizione popolare laica dialoga con quella solenne e religiosa e le poesie di Montanaru si alternano a brani ripresi tali e quali dalla tradizione popolare come “S’orrosariu Desulesu” e a grandi poeti sardi e nazionali.
I 13 brani tratteggiano spaccati di vita quotidiana, piccoli ritratti di un mondo che vive nei colori di un abito tradizionale variopinto. Ci sono struggenti brani d’amore (“Dami su sole”) e celebrativi di un giorno che l’amore lo celebra in un’unione accompagnandolo con la commovente voce del piccolo solista Salvatore Liori “S’aneddu”. E dal laico al sacro ecco, sublime, il “Miserere” e il “Panis Angelicus” congiuntamente a canti tradizionali del Natale sardo come “In sa notte Profunda”.
Il tutto all’insegna di un’unione di 12 voci che rinnovano una promessa fatta 20 anni fa: essere portavoce di un patrimonio culturale che deve sempre ritrovare la sua luna in una notte di nuvole.