di Federica Cabras
Alessandro Monni, classe 1989, cresce a Villagrande. Salvo brevi periodi, perlomeno fino alla partenza per Melbourne, casa sua è il piccolo paese ogliastrino. «Come tutti i bambini,» racconta «ho frequentato la scuola calcio. Non ero però molto amico del pallone!» Gli piace l’aria aperta, il contatto con la natura. Presto, sente un nuovo fuoco. «Mi piaceva guardare mia mamma fare il pistoccu, i culurgiones, e molte altre cose!» La passione per la cucina nasce e cresce dentro il giovane ogliastrino, fino a convincerlo: l’Istituto alberghiero di Tortolì è la sua strada. Le prime esperienze lavorative arrivano presto. «A 15 anni ho lavorato al Villaggio Telis come aiuto pasticcere. Inoltre, mi tenevo impegnato pure in inverno tra i bar e i ristoranti di Villagrande e del circondario.» Durante l’estate del 2008 parte in Costa Smeralda con il suo professore di cucina, la stagione estiva lo aspetta. Nel 2010 si diploma e parte per il Piemonte. Rimane per una decina di giorni nel paesino di Baveno, Lago Maggiore. L’accoglienza non è delle migliori, l’ambiente è freddo – e non solo di temperatura – e per la prima volta si sente solo. Torna a Villagrande. Approda al ristorante Il Bosco, lì rimane per ben cinque anni (escluso un inverno passato a lavorare per il Ritual di Cagliari).
«Quando lavoravo al Bosco, soprattutto in estate, capitava di incontrare turisti stranieri. A quel punto subentrava un problema: io non sapevo una parola di inglese. Mia cugina mi diceva di provare ad andare in Australia per stare per un po’ di tempo lì e imparare la lingua,» ci dice Alessandro «inoltre sono tante le opportunità per i cuochi di trovare un buon lavoro e crescere professionalmente, soprattutto a Melbourne.»
L’Australia però è lontana e questo sogno sembra irrealizzabile.«Più il tempo passava e più mi convincevo che sarei voluto restare in Sardegna per dedicarmi alla ristorazione. Allo stesso tempo, avevo bisogno di crescere, di acquisire esperienza. Avevo anche bisogno di imparare l’inglese, visto il numero di turisti stranieri che aumentavano anno dopo anno; l’inglese è la lingua che ti fa comunicare con il resto del mondo.»
A fine 2015 la svolta: «La voglia di cambiare aria e la fine della stagione mi hanno portato alla decisione, presa dall’oggi al domani, di mollare tutto e andare a Melbourne, dall’altra parte del mondo.»
All’inizio nessuno si preoccupa: questa repentina decisione sembra qualcosa di lontano, di impossibile. «Non ci credeva nessuno, i miei genitori, i miei colleghi di lavoro. Però poi ho mostrato il mio visto australiano, e un biglietto Roma-Melbourne. Così, dopo un mega festino con gli amici e cenette con famiglia e colleghi di lavoro, il primo marzo 2016, con gli occhi rossi, ho salutato tutti e sono salito sull’aereo direzione Australia.»
Il volo dura ben 23 ore, sembra infinito. Per fortuna, per qualche settimana ha l’opportunità di stare da un’amica; lei gli mostra la città e lo aiuta a sbrigare alcune delle incombenze necessarie per chi arriva in terra straniera, come aprire un conto e fare l’assicurazione sanitaria. «Il primo impatto con la città è stato indimenticabile, sono rimasto incantato da tutto, la modernità della città, il centro affollatissimo, i grattaceli e i numerosi parchi.»
Due settimane dopo, l’ogliastrino Alessandro trova casa in centro. «Nonostante il grande aiuto ricevuto, ero spaesatissimo, disorientato e con in mente la domanda: “Avrò fatto la scelta giusta?” Mi mancava casa mia, i miei amici e tutto il resto, però dovevo stringere i denti e continuare.»
Trova lavoro in un ristorante italiano come aiuto cuoco. «L’impatto con la lingua non è stato dei migliori e poi l’inglese australiano cambia leggermente rispetto all’inglese britannico: hanno un accento diverso, sembra che si mangino le parole, e poi lo “slang”! Non capivo nulla e così, un mesetto dopo, tramite un’agenzia italiana, mi sono iscritto per due mesi a scuola. Lì ho iniziato a fare le prime amicizie e a conoscere ragazzi e ragazze provenienti da varie parti del mondo: Spagna, Colombia, Brasile, Korea e Giappone.»
Finita la scuola, annoiato dall’inverno, dal freddo e dalla pioggia – racconta – decide di partire per tre mesi per un’azienda agricola (la farm); solo così potrà guadagnarsi un altro anno di permanenza in Australia.
«Ho lasciato Melbourne e mi sono trasferito più a nord vicino Brisbane in Queensland. Lì c’era un’azienda che produceva fragole.»
Ad aspettarlo lì, un amico. Tre mesi di duro lavoro, dentro un capannone nella zona di impacchettamento; tre mesi in una realtà diversa; tre mesi velocissimi dove conosce tante persone. «Una volta finita la stagione, vista la primavera piuttosto calda del Queensland, ho deciso di stare lì altre due settimane per godermi un po’ di sole e relax tra Gold Coast, Brisbane e Noosa. Ho avuto l’opportunità di vedere spiagge dalla sabbia finissima e un oceano dalle acque cristalline quanto il nostro mare, e di pescare o ancora di fare scampagnate nell’entroterra in mezzo ai canguri.»
Tornato a Melbourne, trova casa e lavoro in pochi giorni. Ma un altro problema sorge, in quel freddo dicembre: «Preso dalla nostalgia del Natale, decisi di tornare un mesetto in Sardegna da famiglia e amici. Rientrai facendo una sorpresa a tutti e la cosa più bella è stata sentire l’affetto di famiglia e amici… tanto, tanto da raccontare.»
È un’esperienza unica, tornare a casa dopo ben dieci mesi passati dall’altra parte del mondo.
«Dopo un mese di relax tutto sardo, quindi mangiate e bevute storiche, a metà gennaio lasciai la Sardegna sotto la neve per tornare in Australia.» È così che inizia il suo secondo anno.
«Atterrato a Melbourne, trovai piena estate e una temperatura di poco inferiore ai 40 gradi. Mi sono sentito nuovamente a casa, una seconda casa, infatti le buone conoscenze mi hanno consentito di non dover cercare nuovamente una stanza e di trovare lavoro in poco tempo. Così, dopo pochi giorni, ho iniziato a lavorare al ristorante Woodstock, situato all’interno del centro commerciale più grande in Australia. Tuttora lavoro in questo ristorante come secondo chef. Qui ho trovato una seconda famiglia, ho incontrato tante splendide persone e uno chef che – strano ma vero! – è molto calmo e paziente (cosa rara da trovare in una cucina che vende anche più di 1000 pasti al giorno tra ristorante e pizzeria).»
Abita a Melbourne da quasi due anni. «Posso dire che le cose vanno abbastanza bene. Mi piace il lavoro e mi piace la città, è organizzata, curata e molto facile per gli spostamenti da zona a zona (ci abitano quasi 5.000.000 di parsone) grazie al buon senso civico. Mi piace quando i clienti in ristorante mi chiedono le ricette, mi piace la tranquillità e la semplicità degli abitanti del posto. Inoltre ho buoni amici e non manca il divertimento in giro per la città.»
Unica pecca, il vento: «Il clima è uno dei più instabili del pianeta,» spiega «e piove quando meno te lo aspetti. L’aria, però, è molto pulita e respirabile.» Il bilancio è quello di grande soddisfazione: «L’Australia mi offre tanto, mi dà tanto e mi fa crescere professionalmente e mentalmente. Mi permette di conoscere tante persone con culture diverse e mi dà il modo di confrontarmi con loro. Mi garantisce una sicurezza economica migliore rispetto a quella che avrei in Italia e un futuro “forse” più facile. Sì, forse, perché è da considerare la lontananza da casa e dalla mia vera terra, insomma ci sono i pro e i contro.»
Anche con l’inglese – rivela – va meglio. «Credo di essermi ambientato bene, anche se la Sardegna manca e manca tanto. Il primo mese qui la sognavo quasi tutte le notti, infatti non starò qui per sempre: un giorno tornerò a casa e, anche se sarà più difficile di qua, spero di realizzare i miei sogni.»
Conclude: «Consiglio a tutti di fare un’esperienza simile, soprattutto a chi lavora nella ristorazione. Sì, serve tanto coraggio ma poi verrà ripagato in tutto e per tutto. Importante è non perdere mai la fiducia e credere in se stessi fino all’ultimo. Tornando indietro? Partirei nuovamente.»