di Andrea Cabassi
In una lettera alla moglie Julca del 30 giugno 1924 Antonio Gramsci scrive:
“(Ricordando Giulia sposata nel 1923). Riandavo col pensiero a tutti i ricordi della nostra vita comune, dal primo giorno che ti ho vista a SeriebraniBoz e che non entravo nella stanza perché mi avevi intimidito (davvero mi avevi intimidito e oggi sorrido ricordando questa impressione) al giorno in cui sei partita a piedi e ti ho accompagnato fino alla grande strada attraverso la foresta e sono rimasto tanto tempo fermo a vederti allontanare tutta sola col tuo carico di viandante per la grande strada, verso il mondo grande e terribile…”(Lettere 1908-1926. Einaudi).
Il mondo grande e terribile: una definizione cha va oltre il dato esistenziale per diventare un dato politico e di interpretazione del mondo. Perché Gramsci, quel mondo, lo scruta e lo osserva in profondità. Un mondo che non può che essere terribile perché il fascismo governa l’Italia, perché l’anno e il mese della lettera sono gli stessi, anno e mese, in cui è stato assassinato Matteotti. E’ il periodo in cui cominciano ad affievolirsi le speranze di veder cadere il regime. E Gramsci ha lo sguardo lungo: percepisce la catastrofe imminente che porterà all’instaurarsi del regime nazista, allo stalinismo, al secondo conflitto mondiale. Alla sue spalle altre catastrofi: il primo conflitto mondiale, la sconfitta del movimento operaio dopo l’occupazione delle fabbriche, l’avvento del fascismo. Ha lo sguardo lungo e che spazia lontano, molto lontano e i suoi scritti, ancorché frammentari -e non poteva essere diversamente- sono di tale portata che verranno ripresi, in modo originale, negli studi post/coloniali e sono utilizzati, oggi, come chiave interpretativa per gli eventi che accadono nel mondo, nei paesi anglosassoni, in India, in America Latina.
E allora le suggestioni gramsciane del terzo millennio non possono che avere un respiro universale. E allora proprio per questo, in un recital che a quelle suggestioni è dedicato, ri/cantare e re/interpretare “L’Internazionale”,ha un forte significato etico e nulla di retorico.Soprattutto se a cantarla e a interpretarla è Gisella Vacca, accompagnata da due musicisti come il pianista Nicola Meloni e il violinista Francesco Fry Moneti.
Gisella Vacca, Nicola Meloni, Francesco Fry Moneti sono musicisti molto noti sia in Sardegna, sia in continente.
Qui qualche brevissimo cenno biografico.
Gisella Vacca è cantante, attrice di teatro e di cinema, regista teatrale, autrice. E’ laureata in Canto e Didattica della Musica, Ha partecipato a numerose trasmissioni per Radiotre Rai e Radio Rai International, ha recitato, fra gli altri, nei film di Piero Sanna “La destinazione” e in quello di Enrico Pau “Jimmi della collina”. Ha messo in scena alcuni spettacoli a carattere antropologico per il gruppo delle Maschere Nere e spettacoli interpretati dai detenuti del Carcere Minorile Sardo. Ha avuto diverse esperienze artistiche in Catalogna. E’ docente di Canto Moderno presso la Scuola Civica di Musica di Cagliari. Ha ideato e diretto il festival internazionale Terre Sorelle- l’Accoglienza si fa Musica e Poesia
Nicola Meloni ha studiato pianoforte classico al Conservatorio di Cagliari, successivamente il pianoforte jazz con Alessandro Di Liberto, ha frequentato i seminari della Julliard School di New York, tenuti a Torino da Carl Allen e Rodney Jones, ha partecipato ai seminari di Nuoro Jazz. E’ stato fondatore dei Misbelieving, un progetto di alternative metal, è stato tra i fondatori dell’”Antagonista Quintet, gruppo di rock psichedelico. Con Gisella Vacca ha portato in scena i recital “Identità Negate”, “Che l’amore è tutto, “Buongiorno Notte”.
Francesco Moneti è uno degli strumentisti folk rock italiani più importantiDa più di vent’anni è polistrumentista dei Modena City Ramblers. Ha fatto parte della prima formazione dei Negrita.Produttore e arrangiatore, ha collaborato con numerosi artisti italiani e stranieri e ha partecipato alla registrazioni del film di Scorsese “Gangs of New York”
(Ho estrapolato questi dati da www.sardegnareporter.it/storia-l’eternità-suggstini-gramsciane-terzo-millennio a cui rimando per chi volesse avere dati biografici più completi)
“L’Internazionale” era uno dei brani in programma nello straordinario recital, organizzato dal Circolo Deledda di Parma, che si è tenuto a Parma il 3 dicembre 2017 al Teatro LENZ e che aveva come titolo: “Una storia per l’eternità. Suggestioni gramsciane per il terzo millennio”.
Gisella Vacca, Nicola Meloni, Francesco Moneti hanno dato vita ad un recital di grandissimo impatto emotivo in cui la voce potente e limpida e, allo stesso tempo morbida, di Gisella Vacca si è fusa con il violino di Francesco Moneti e il pianoforte di Nicola Meloni.
Abbiamo assistito ad un recital in cui la voce si faceva strumento e gli strumenti diventavano voce; Francesco Moneti, che non usava lo spartito per concentrarsi completamente sull’interpretazione, con il suo violino intrecciava un dialogo con il pianoforte di Nicola Meloni che, eclettico, transitava da un registro all’altro. E i due strumenti insieme passavano a dialogare con la voce di Gisella Vacca. Una interpretazione dei testi che ha fatto vibrare le corde più profonde di chi era fra il pubblico. I testi proposti sono stati esplorati in tutte le loro dimensioni cogliendone i chiaroscuri, la drammaticità, la tragicità, ma anche l’intimità. Un dialogo di grande intensità e struggente dove le parole e i suoni hanno dato voce agli oppressi di ogni latitudine, ai migranti, ad autori che si sono impegnati per un mondo più giusto denunciando le diseguaglianze e la mancanza di libertà.
Abbiamo potuto ascoltare le poesie di Pasolini e Emily Dickinson, la musica di Theodorakis, e i versi del grande poeta sardo Antonio Sini, le composizioni di Gisella Vacca e frammenti di Galeano. “L’Internazionale”, cantata nella versione originale in francese, e i canti tradizionali armeni, i canti tradizionali Yiddish e quelli Rom: abbiamo potuto ascoltare le voci che ricordavano la repressione degli scioperi a Buggerru e un Attitidu della tradizione sarda. E, ancora, abbiamo potuto ascoltare la voce di Peppino Fiori che intervistava la sorella di Gramsci, Teresina e quella di Pasolini che recitava versi dal suo “Le ceneri di Gramsci”. Con la voce di Gisella Vacca che passava dal canto alla recitazione con grande facilità, sempre con grande espressività, con una capacità non comune di rendere gli stati d’animo.
Vorrei soffermarmi un attimo sulla lettera a Teresina. E’ una lettera molto famosa. Datata 26 marzo 1927. In quella lettera Gramsci invitava la sua famiglia a far coltivare il sardo ai bambini di casa. Non solo: invitava a succhiare tutto il sardismo possibile. Eppure in tutta la lettera non compare neppure un barbaglio di nazionalismo. Il respiro è ampio. Gramsci parla di sardismo, del sardo che è una lingua e non dialetto e lo paragona ad altre lingue. Lo spirito di quella lettera è che più lingue si imparano più si ha una apertura verso il mondo. Gramsci mette insieme il rispetto per il locale con il globale. E’ un glocale ante litteram. E si resta impressionati da questo. Anche perché la voce di Gisella Vacca e le musiche che accompagnano la lettura ti entrano dentro e ti lavorano dentro.
Nello stesso periodo in cui Gramsci scriveva su L’Ordine Nuovo” e l’occupazione delle fabbriche a Torino era in atto, Rosa Luxemburg coniava lo slogan “Socialismo o Barbarie. Si riferiva al fatto che, dopo la prima guerra mondiale, dopo la repressione della Repubblica dei Consigli tedesca, se non ci fosse stato il Socialismo, l’Europa, il mondo sarebbero precipitati nella barbarie. Ecosì avvenne non molto tempo dopo.
Oggi del socialismo, quel socialismo inteso come la speranza di un mondo Altro che trascende il reale e ci fa vedere un mondo di liberi e eguali, rimangono frammenti sparsi qua e là. Il Socialismo come un possibile che scardina il reale quotidiano sembra essere, ancora una volta, relegato al regno dell’Utopia. Oggipare imperare solo la barbarie. Il mondo grande e terribile è ritornato ad essere un mondo piccolo e terribile dove regnano la xenofobia e il razzismo, la paura del diverso e l’intolleranza, dove l’onda nera del fascismo ha ripreso fiato un po’ in tutta Europa. Dove i grandi ideali sembrano tramontati. Allora fare sentire la voce di Gramsci è qualcosa essenziale. Deve essere una voce che non si leva flebile, ma con tutta la potenza che ha il suo pensiero politico e filosofico. Con tutta la potenza che ha il suo esempio etico. Una voce che sia un antidoto alla barbarie. Affinché non dobbiamo metterci a cantare un “attitidu” per l’Europa e l’umanità intera.
Recital come “Una storia per l’eternità. Suggestioni gramsciane per il terzo millennio” sono fondamentali per diffondere, con un arte davvero grande, come è quella di Gisella Vacca, Nicola Meloni, Francesco Moneti, il pensiero, la voce, l’esempio di Antonio Gramsci.
Davvero una serata ganza ma molto ganza