di Sergio Portas
Non vado spesso al cinema e confesso che se non fosse stato tratto dal libro “Il mondo deve sapere” di Michela Murgia, che è cabrarissa di anni trentasei, non sarei andato neanche per questo “Tutta la vita davanti” di Paolo Virzì, e avrei fatto male. Che il film mi è piaciuto molto, permettendomi di dare uno sguardo (dalla finestra predisposta dal regista) su quel mondo giovanile dei venticinquenni in su alla ricerca disperata di una prima occupazione nell’Italia di oggi, che davvero sembra avere smarrito la capacità di crearne di duratura. Marta, la protagonista (Isabella Ragonese alla sua prima grande prova cinematografica) pur essendosi laureata in filosofia teoretica “magna cum laude”non trova di meglio del call center per sbarcare il lunario e dà vita a un personaggio emblematico, seppur tratteggiato con molta ironia, che ci porta per mano in quel pericoloso mondo della precarietà che caratterizza l’offerta di lavoro dell’industria italiana odierna, e non solo. Non solo industria intendo che sembra assodato, per ammissione medesima di esponenti di spicco del governo, essere intento del buon Tremonti salvaguardare le Poste italiane s.p.a. da qualche cosa come cinquantamila ricorsi al giudice del lavoro, mediante una legge ad hoc che blocca il tutto e rimanda a casa gli appellanti, che vorrebbero, ahinoi essere assunti a tempo indeterminato per almeno quei quarant’anni che permetterebbero loro di maturare una pur magra pensione. Ora perché si debba presumere che il giudice dia loro la ragione e non alla ditta solo Tremonti può sapere, perché poi non si debba pensare anche a quei precari che fanno causa che so all’Eni o alla Standa, vallo sempre a sapere, come comunque i querelanti possano essere tacitati con una modesta somma di denaro quando il loro desiderio è di avere un lavoro stabile che, a loro avviso, hanno diritto di ottenere per prestazioni protrattesi anche per anni,questo davvero sta solo nella mente di Giove. E dei nostri attuali governanti che comunque ci hanno già spiegato che la legge in Italia non è più uguale per tutti come la Costituzione pomposamente affermava, ma è più uguale per le quattro alte cariche dello Stato, e anche qui chissà perché solo quattro e non otto o settecentoventisei. A pensar male che qualche volta ci si indovina (Andreotti docet), la pista porterebbe ancora una volta in casa Berlusconi, per questo cosiddetto “lodo Alfano”, vero obbrobrio democratico che spero verrà cancellato da un referendum popolare prossimo venturo, visto che tale avvocato Mills incautamente si era lasciato sfuggire per telefono che quei seicentomila dollari inopinatamente comparsi sul suo conto corrente provenivano da Mediaset, (non occorre ricordare chi ne sia il proprietario che anche i sassi lo sanno) a ripagamento di una sua falsa testimonianza. E ancora non era stata fatta legge contro questo tipo di intercettazioni, che riguardano naturalmente la privacy dell’avvocato in questione, ancorchè sospettato di falsa testimonianza in atti giudiziari. Ma una legge si farà presto anche per evitare tali incidenti e storpiature della vita privata degli avvocati e dei loro sponsor, né è necessario sottolineare che la galera attende l’incauto cronista che oserà scriverne prima che definitiva sentenza sia stata pronunciata,anche se dopo dieci, quindici anni? Ma anche davanti a questi numeri vergognosi agirà questo governo e in settembre al popolo italiano verrà imbandita l’ennesima riforma, non quella che avrebbe voluto fermare centomila processi pur di salvarne uno (sempre Mills e compagni), un’altra più grande e più giusta. Paolo Virzì, parlando del suo film con Paolo D’Agostini, su “Repubblica del 5 febbraio, dice:” Non siamo più gli italiani straccioni e commoventi. C’è da raccontare una nuova povertà, e una nuova disperazione. Ragazzi ignari del cammino fatto da generazioni di lavoratori per diventare cittadini. Che accettano certe condizioni di lavoro come se fosse un’elargizione, come se avessero vinto un casting. E’ andato smarrito ciò che sembrava consolidato: l’alfabeto della democrazia…”. Ecco questo alfabeto davvero mi auguro che venga riesumato perché la deriva è davvero pericolosa, la barca Italia sembra aver preso un abbrivio che la sta portando dritta a cozzare contro il molo costituito da un autoritarismo populista niente affatto rassicurante. Che poi i sondaggi di opinione diano la maggioranza dei cittadini impegnati in tutt’altri pensamenti, tipo come fare a pagare il mutuo se continuano a crescere i tassi di sconto, come continuare a pagare i pieni di benzina se continuano a crescere i prezzi del petrolio, come fare a pagare le bollette con una inflazione al quattro per cento quando le pensioni verranno rivalutate all’uno virgola sette e così anche gli stipendi ammesso che i contratti di lavoro riescano a rinnovarsi, come fare a trovare le badanti visto che Maroni ne vuole espellere trecentomila, in base a quel criterio di eguaglianza che finalmente ritorna a valere anche per la Lega e per la quale tutti gli extracomunitari senza permesso di soggiorno sono uguali l’uno con l’altro così come i gatti sono tutti neri di notte. Michela Murgia dice che il termine “precario” designa oramai uno status di categoria, il suo libro in realtà non è la precarietà che vuole sottolineare maggiormente, la sua critica feroce mette in luce un modo tutto “americano” di gestire le relazioni all’interno di un certo tipo di azienda , dove o si è “vincenti” o non si è nessuno ( i cosiddetti perdenti vengono licenziati senza pietà). Nella galassia dei nuovi scrittori sardi brilla di luce particolare per la novità della scrittura e l’immediatezza del linguaggio. Inventa neologismi divertenti e incanta con una prosa scoppiettante, priva di sbavature e ripensamenti. Non è un caso che il suo libro sia stato ripreso dal blog che teneva su internet. Copio anche io su internet da Paolo Cacciolati:”… Coerentemente con la matrice del libro, l’autrice adotta una sorta di linguaggio radiofonico, veloce, sarcastico. Il tono è quello del reportage, da mid cult, per mantenere aderenza all’ambiente descritto, costituito dalle ragazze costrette a prostituirsi telefonicamente in cambio di una farsa di stipendio… non c’è dubbio che Il mondo deve sapere, del romanzo inteso in senso tradizionale, conserva solo la dicitura sulla prima di copertina…”. Quando Pino Porcu, per “Sonos e Contos” le chiede se ha mai pensato di fare politica attiva lei risponde:”Scrivere è fare politica attiva”; e quale motivazione l’abbia spinta a diventare vegetariana:”Il desiderio di esercitare il potere regale di graziare”. Accidenti che arguzia! Che temperamento. In quel di Cabras uomini e donne del popolo hanno combattuto per centinaia di anni la malaria, il feudalesimo che voleva scipparli del bene più prezioso che aveva il paese: lo stagno dei muggini e della bottarga, l’alfabeto della democrazia lo declinano scalzi come quando portano in processione il loro san Salvatore per le strade sterrate, Michela è degna figlia di quella terra e, fortunatamente per la democrazia, sa usare la lingua come fosse una spada.