di Cristiano Sanna
Decidere è sempre meno facile. Succede così quando la qualità delle proposte è in costante crescita. La decima edizione del Premio Andrea Parodi, intitolato all’indimenticata voce dei Tazenda e poi affermato interprete solista, è una chiara dimostrazione di quanto paghi al netto della fatica tenere uno sguardo attento sui nuovi talenti. Sulle produzioni indipendenti, sugli artisti che non hanno spazio nei grandi network radiofonici, nei talent show, che stanno alla larga da concorsi farlocchi in cui si accettano condizioni degradanti pur di farsi vedere, incontrare un pubblico, vincere la registrazione di un cd che poi chissà che fine fa. Il Premio Parodi migliora, anno dopo anno. Le proposte sono sempre più mature e solide, e spesso hanno chilometri e chilometri di concerti, album autoprodotti, autopromozione alle spalle. Non si tratta di sbarbatelli, insomma. E’ bello che il mestiere del giurato (chi scrive era fra questi) diventi complicato. Ed è una soddisfazione l’affermazione della gallurese Daniela Pes. Vincitrice assoluta, e vincitrice del premio della critica, del premio alla migliore musica, della giuria internazionale, premiata anche dai giovani. Avrà 2500 euro per la sua formazione musicale, l’opportunità di suonare in quattro festival e di fare un tour di otto concerti. Questo a confermare l’attenzione realmente musicale della direzione artistica del Parodi (affidata ad Elena Ledda). Perché gli artisti vivono letteralmente di concerti. E in tempi di talent show, in cui per due mesi fai la ruota del pavone in diretta su Sky o Mediaset e ti sembra di aver conquistato il mondo, e a programma terminato se va bene finisci a incontrare quel che resta del pubblico nell’androne di un centro commerciale, non è poco.
Quando “tradizione e innovazione” cessa di essere uno slogan La proposta musicale di Daniela Pes e dei suoi musicisti è la conferma che ci si può ancora spendere la dicitura di musica “fra tradizione e innovazione” uscendo dall’abuso che se ne fa da anni, spesso giustificando misture musicali su cui ci sarebbe molto da dire. ll brano pluripremiato al Parodi 2017, Ca milla dia di’, storia di passione e tradimento, metteva insieme i versi antichi di don Gavino Pes con un’agile ritmica di chitarra acustica, un filo di elettronica che si aggiungeva alla batteria, lo stick Chapman a dare un sapore del tutto particolare alle parti bassistiche, e una chitarra elettrica dal suono quasi fuzz, con pedale whammy che è raro ascoltare in un brano etnico. Tutto consapevole, di buon gusto, adeguato a quel che il testo e il canto raccontavano. Una terza via alla musica etnica, alla larga dagli stereotipi che appesantiscono il genere, dal manierismo, e alla larga pure dal pop in sardo che spesso è scambiato per musica etnica. Bene anche gli altri premiati: la migliore interpretazione di un brano di Andrea Parodi è andata ai Musaica, il premio espresso all’interno degli stessi musicisti in gara ha riconosciuto la grande tecnica strumentale degli Aksak Project. Il premio per la migliore interpretazione è andato a Giuditta Scorcelletti, grande voce e, appunto, interprete di notevole carico espressivo. Miglior testo (in arabo, e cantato benissimo da Alessandra Ravizza) al duo ligure dei Rebis. Peccato per Il Santo, cantautore calabro-romano-milanese che con la sua Magaria, portata con grande sicurezza e adesione emotiva, qualcosa lo avrebbe meritato.
Stelle ospiti in un corollario di eventi culturali Il premio Albo d’oro di quest’anno è andato a Gianfranco Cabiddu, il musicista (scarso, per sua stessa e divertita ammissione) che voleva fare l’etnomusicologo e che per la sua bravura nel registrare i suoni, entrò molti anni fa nel mondo del cinema italiano dalla porta di servizio. Poi una serie di lungometraggi e documentari variamente premiati (Il figlio di Bakunin, Faber in Sardegna, il recente e applaudito La stoffa dei sogni) ne hanno sancito il peso specifico di autore. Ospiti della finale sono stati i Tenores di Bitti, come dire il suono stesso della Sardegna più ancestrale, amati da Frank Zappa e prodotti su album dalla Real World di Peter Gabriel. La splendida Luisa Cottifogli, voce fuori del comune, e la cantante bosniaca Amira Medunjianin, che ha proposto una intensa versione di No Potho Reposare, resa un classico struggente proprio da Andrea Parodi. Da non dimenticare il corollario di eventi culturali proposti dal Parodi: seminari e dibattiti sul canto, sulla tutela degli artisti e del diritto d’autore, sulla cultura popolare, che dimostrano quanto ricche siano le vicende umane da cui si genera la musica. Un’arte spesso bistrattata, e che merita rispetto.
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