Si lotta per ricostruire una libertà negata per riaffermare diritti costituzionalmente sanciti stritolati da eclatanti abusi di potere. Si lotta per il mantenimento e l’evoluzione di un economia agro-pastorale fondata sul rispetto del territorio ,per la valorizzazione del lavoro e dei suoi frutti in controtendenza con l’imposizione delle regole di un mercato globale che ci vede su larga scala consumatori di prodotti alimentari importati spesso non adeguatamente tracciati e dannosi alla salute. Si lotta per contrastare una globalizzazione che inaridisce le economie locali stravolgendo le relazioni di scambio tra centri urbani e campagne che rimangono sempre più isolate nel mantenimento di quei e i valori storici culturali su cui si fonda la loro stessa identità.
Il Movimento dei Pastori Sardi manifesta da anni la necessità di un intervento urgente e concreto da parte delle Amministrazioni in termini di risorse , provvedimenti e azioni necessarie al fine di dare tregua e rilanciare le aziende su un territorio da tempo colpito da una crisi economica, spesso aggravata da calamità naturali, determinata dal crollo del prezzo del latte del 50% nel giro di due anni e del 40% del valore delle carni.
Il 28 dicembre 2010 i Pastori Sardi lasciano l’isola per incontrare a Tivoli altri Pastori provenienti dal Lazio dalla Toscana,dall’Abruzzo dalla Sicilia , dall’Umbria, dalla Puglia e dalla Calabria per poi dirigersi a Roma con l’intento di proporre al Ministero la costituzione di un Coordinamento mediterraneo dei paesi che praticano la pastorizia con lo scopo di far fronte a tutte quelle normative che penalizzano pesantemente l’intera categoria. I Pastori cercavano un dialogo con le Istituzioni di competenza che hanno di fatto l’obbligo di interagire attivamente e attuare soluzioni mirate alla ripresa economica agro-pastorale del territorio . E invece questo confronto fu loro negato. Al loro arrivo al porto di Civitavecchia i Pastori che avevano 5 autobus noleggiati ad attenderli, vennero accolti dalle forze dell’ordine in tenuta antisommossa e dai Carabinieri che ricevuto l’ ordine preciso di non lasciarli passare li scortarono malmenandoli senza motivo e senza distinzione di sesso ed età verso un recinto al molo 18 dove furono trattenuti con la forza per più ore, privandoli dell’elementare diritto di recarsi in bagno, di salire sui treni diretti a Roma, ma molto più semplicemente di uscire da quel recinto. Ai Pastori e alle loro famiglie veniva quindi impedito di muoversi liberamente all’interno del territorio italiano, in palese violazione dei principi sanciti nella carta Costituzionale all’art. 16 .
A legittimare l’accoglienza riservata dalle forze dell’ordine ai Pastori, le accuse a loro rivolte e lo stato di fermo a cui furono sottoposti non fu solo loro presunta pericolosità per il mantenimento della pubblica sicurezza o la mancata comunicazione della manifestazione che si sarebbe dovuta svolgere nella capitale bensì un erronea interpretazione dell’articolo 18 del TULPS-R.D.n.773/1931 . Sul bene giuridico tutelato dalla medesima disposizione è importante infatti sottolineare che l’avviso a cui l’articolo suddetto fa riferimento non è un autorizzazione ma un informativa all’autorità di pubblica sicurezza affinché se ritenuto necessario possa quest’ultima predisporre per la prevenzione di possibili disordini o incidenti. Il preavviso non costituisce quindi una condizione di legittimità, dato che riunioni precedentemente notificate possono attentare alla pubblica sicurezza e incolumità nella stessa misura di riunioni non precedute da preavviso. A nessun questore è dunque consentito di impedire che l’adunanza si svolga senza comprovati motivi su un empirica valutazione della pericolosità della riunione medesima . Attenendosi all’ art. 21 della Costituzione non può essere considerata illecita la semplice partecipazione ad una riunione né l’intervento in essa come oratore.
Dai fatti avvenuti il 28 dicembre 2010 e all’azione giuridica mossa contro i Pastori e in particolare contro Cinus Andrea , Floris Felice, Cottu Priamo emerge quindi oltre alla violazione, da parte delle forze dell’ordine ,dell’art. 16 e dell’art.18 anche dell’art. 21 della nostra Carta Costituzionale.
La fondamentale importanza dei diritti di libera manifestazione del pensiero, del rispetto per le condizioni di lavoro dei cittadini appartenenti ad una paese la cui Costituzione nell’art.1 afferma:” l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”, sono in contrasto con le limitazioni imposte da leggi che riflettono un impianto autoritario e una politica rigida che rimane sterile in termini di soluzioni tempestive, che avvalendosi di propri canali di comunicazione fa un uso improprio delle informazioni raccolte.
Infatti i soggetti Floris Felice, Cinus Andrea, Priamo Cottu erano stati individuati precedentemente come partecipanti alla manifestazione , grazie a una serie di dispacci intercorsi tra la questura marittima di Olbia quella centrale di Cagliari e la questura di Roma,in cui si preannunciava l’arrivo di un gruppo di Pastori Sardi, il cui numero esatto variava da un dispaccio all’altro, la cui pericolosità presunta giustificava da parte della questura un dispiegamento delle forze dell’ordine in grande numero e come già detto in tenuta antisommossa, dati questi emersi dalla consultazione da parte dei legali della difesa , degli atti presenti nel fascicolo della Procura. La stessa documentazione che aveva portato a rinvio a giudizio ha costituito nell’udienza che si è tenuta a Civitavecchia il 29 settembre scorso, una difesa degli imputati.
Evidentemente qualcuno ha dimenticato che un diritto che dipende dal beneplacito dell’autorità, non è un diritto ma un favore, una concessione, che le libertà costituzionali non possono essere travolte da nessuno, questore o vice questore che sia.
La manifestazione a Roma non si svolse e ai fatti avvenuti allo sbarco a Civitavecchia fecero seguito denunce e accuse ai danni di Priamo Cottu ,Felice Floris e Cinus Andrea difesi dagli avvocati Pinuccia Cottu, Patrizio Rovelli e Antonio Gaia in un processo durato sette anni e che si è concluso il 29 settembre con l’assoluzione di tutti e tre gli imputati.
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazione o censura..”(art.21 della Costituzione Italiana).
Il giudice si è riservato 90 giorni per le motivazioni della decisione avendo in aula solo letto il dispositivo.
Sarà interessante leggerle per dare una retrospettiva ai fatti accaduti.
Un bel articolo , noi siamo con i Pastori Sardi.