di Vitale Scanu
Bannari torna verde… Villa Verde è il suo nome moderno. E’ quasi commovente l’ostinazione e la tensione fiduciosa verso il futuro di questa mini comunità accucciata come un piccolo gregge ai piedi del monte Arci. L’ultimo fuoco (ultimo nel senso che altri lo hanno preceduto, come in un castigo ancestrale servito sempre per mano di carogne criminali) è stato quello terrificante del luglio 2009 che ha ridotto in cenere più di mille ettari di una foresta incantata, vero monumento della natura, lasciando solo bronchioni spettrali che invocano ancora pietà. Occorreranno più di venti o trent’anni a madre natura per ripristinare quel rigoglio che allietava gli occhi e l’anima del visitatore. Si deve ricominciare daccapo.
I piromani fanno tre volte male. A se stessi e a tutta la comunità, per primo, perché, causando enormi pericoli mortali si privano nel contempo di quei grandi doni di bellezza sempre antica e sempre nuova che la nostra terra ci regala. Pensate solamente a quei begli alberi muscosi di leccio, che ci potrebbero raccontare di tante vite umane conosciute lungo i secoli, a quelle sprazzinadas de sennoreddas (grandi macchie di ciclamini selvatici) profumatissime, a quelle fresche felci boschive, a quei cespugli di odoroso mirto… uno scialo di bellezza che non troviamo in nessun altro posto e che fa l’incanto dei turisti.
Fanno un grande offesa a madre natura, perché rovinano, non per un giorno, ma per decine d’anni, quanto essa aveva pazientemente ricostruito a beneficio di tutti. Quei boschi erano la bella vegetazione cresciuta dopo gli sconsiderati tagli per il carbone ai tempi della seconda guerra mondiale degli anni ’40.
E offendono a sangue anche gli antenati di tutti i bannaresi, perché essi nei monti hanno abitato per millenni e tuttora lì sono presenti: i monti sono sempre la loro dimora. Nel fruscìo interminabile delle fronde e nel sibilo dei venti tra i penetrali del bosco c’è la loro voce misteriosa. Anche fisicamente, quella è ancora la loro casa. La legge di conservazione della materia ci dice che gli atomi sono indistruttibili. Il che vuol dire che gli atomi che hanno formato i corpi dei nostri avi sono ancora lì, in quei sentieri dove hanno camminato, hanno sofferto, hanno gioito, sono andati a caccia, hanno formato la loro famiglia e allevato i loro figli. In mezzo a quegli alberi hanno cantato, hanno stretto mani e abbracciato bambini, hanno urlato, forse odiato e ucciso e lì sono morti. In quei boschi millenari è vissuta la serie interminabile delle matrioske bannaresi, le quali, di vita in vita, hanno donato l’esistenza a ognuno di noi. Se una potenza sovrumana avesse il potere di riassemblare quegli atomi, potremmo rivedere ancora i nostri avi nuragici aggirarsi in quelle ombrose leccete. Piromani, la vostra barbarie offende crudelmente anche i nostri, e vostri, antenati. Pensateci.
Ma il nostro piccolo villaggio non si arrende a questa malvagità autodistruttiva e vuole reagire. Così l’amministrazione comunale e la Pro Loco hanno voluto ricordare quelle spaventose ore di fuoco del luglio 2009, organizzando una giornata di riflessione e di eventi comunitari. Nel bosco di Mitza Mraxiãi, uno dei luoghi simbolo del disastro, c’è stato un incontro-concerto-festa per fare il punto sulla ricostruzione “post-incendio”. Sono arrivati in molti: rappresentanti delle istituzioni, autorità forestali e tanta gente anche da fuori, per interrogarsi su quanto ci sia ancora da fare anche sul terreno della prevenzione. Il clou della festa era rappresentato, nella loro unica tappa estiva in Sardegna, dal gruppo Historico degli Inti Illimani, costituito da una parte del famoso gruppo musicale cileno che, dal 1967, anno in cui nacque all’interno dell’Università di Santiago del Cile, coniuga repertorio folkloristico andino e canzone rivoluzionaria in maniera assolutamente originale. Il nome del gruppo significa “sole dell’Illimani”, la sacra vetta andina simbolo importante per tutto il movimento culturale cileno. La formazione è strettamente legata all’Italia, dove ha vissuto in esilio fino all’88, a seguito del colpo di stato di Pinochet. Oggi, gli Inti Illimani continuano a portare in concerto gli ideali di amicizia e solidarietà attraverso la storia, i sapori, la cultura e gli strumenti etnici della loro terra con lo struggente flauto andino, il caratteristico strumento a fiato formato da canne di varia misura legate insieme e che danno l’immagine dell’organo. Gli Inti Illimani rappresentano come un «simbolo di gemellaggio fra Villa Verde ed il Cile, flagellato ultimamente dal disastroso terremoto del 27 febbraio scorso, che ha causato quasi 300 vittime e lasciato 400mila senza tetto», ha spiegato il sindaco Roberto Scema.
Nel pomeriggio una mostra con le foto dell’incendio e l’iniziativa della biblioteca comunale “Alla lavagna artisti”. Ma soprattutto han fatto bella mostra gli stand degli operatori economici del territorio devastato dal fuoco «che vogliono in questo modo dimostrare di volere, ad ogni costo, andare avanti nonostante tutto e di non arrendersi», ha proseguito il primo cittadino di Villa Verde. La giornata s’è conclusa con l’atteso concerto dello storico complesso cileno, preceduto sul palco dall’esibizione del gruppo emergente di Usellus “Gli scovati”. «Abbiamo voluto organizzare una serata straordinaria, per non dimenticare», ha concluso il sindaco. I bannaresi tutti, infatti, vogliono poter ancora sognare con Fabrizio De André: «La vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattro mila chilometri di foreste, di campagne, di coste immerse in un mare miracoloso dovrebbero coincidere con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso».