di Paolo Pulina
Il giudizio che io e gli altri sardi di Pavia (ma direi in generale tutti i sardi emigrati) abbiamo sempre avuto di Francesco Cossiga è stato riferito al Grande Sardo, al di qua quindi di ogni valutazione e differenziazione politica. Devo dire peraltro che Cossiga ha sempre meritato questo riconoscimento morale come “padre della patria sarda” non solo perché ogni volta che poteva faceva cenni a fatti della storia e della cultura isolana ma anche perché ha sempre sostenuto le battaglie del mondo dell’emigrazione sarda per ottenere conquiste materiali (le tariffe aeree agevolate secondo il principio della continuità territoriale) e “politiche” (per il diritto degli emigrati sardi ad avere una rappresentanza nel Consiglio regionale della Sardegna). L’emigrazione sarda nel mondo perde sicuramente un testimonial di livello regionale, nazionale e internazionale ma perde anche un conoscitore profondo della cultura dell’isola. Cossiga ha scritto una densa prefazione (mi limito a un caso che mi tocca da vicino) al volume curato da me e da Salvatore Tola nel 2005 intitolato “Il tesoro del Canonico.Vita, opere e virtù di Giovanni Spano (1803-1878)”, miscellanea di 16 saggi dedicati al sacerdote-intellettuale sardo che nell’Ottocento fondò nell’isola le ricerche in ambito archeologico e linguistico. Durante la presentazione ufficiale del libro nella chiesa parrocchiale di Ploaghe (in cui si assieparono oltre 500 persone) e durante il pranzo fui accanto a Cossiga, che mi si confermò straordinariamente preparato sui temi della storia e della cultura di un’ isola che lui amava definire “nazione incompiuta”. A me non sembrò vero comunicargli che avevo fatto conoscere anche sui giornali pavesi la figura di Bainzu Cossiga, il suo bisnonno poeta (Chiaramonti, 1809-1855), autore in particolare di un insieme di poesie religiose che furono pubblicate con il titolo Su Poeta Christianu («o siat Sa Doctrinetta in sonettos logudoresos cum algunas cantoneddas sacras»). Sapevo che lo avrei colpito al cuore ricordando il suo antenato. Cossiga ricambiò la cortesia “paesana” (eravamo a Ploaghe, paese natale di Giovanni Spano ma anche mio) dicendomi che non ignorava che di Ploaghe era la madre dei fratelli Mameli (Efisio ed Eva, quest’ultima madre a sua volta di Italo e di Floriano Calvino) e soprattutto che erano stati attivi entrambi presso l’Università di Pavia. Mancò poco che non mi nominasse il volume “Pavia in grigioverde: avvenimenti e cronache della città negli anni del primo conflitto mondiale” di Augusto Vivanti, in cui entrambi i fratelli Mameli sono più volte citati…
Addio Presidente!
Cossiga è stato un grandissimo ITALIANO oltre ad essere un grande Sardo.