di Simone La Croce
per gentile concessione di Brincamus
Alverio Cau ha debuttato nel mondo dello spettacolo a metà degli anni ’70, come cantante nei Dinosauri, per poi proseguire nei famigerati Salis&Salis fino ad approdare alla corte di Benito Urgu nei primi anni ’80. Il comico oristanese lo ha preso sotto la sua “ala protettrice” e per un decennio Alverio è stata la voce che ha accompagnato, tra il serio e il faceto, i suoi strampalati personaggi nelle registrazioni di maggior successo (Visitors, Cicita facendo salsiccia, Chi l’ha visto e Un giorno in pretura, solo per citarne alcuni) e in tantissime piazze della Sardegna.
Nel nuovo millennio torna alla musica riportando in auge prima i successi degli anni ’60 e ’70 dei Salis&Salis, dello stesso Benito Urgu e dei Barrittas, e poi, approfittando a modo suo – ovvero “in maniera provocatoria e ruffiana” – delle più recenti tendenze musicali, le rivisita e inizia a scrivere canzoni raggiungendo il grande pubblico. Torna nelle piazze con nuovi spettacoli, affianca nuovamente Benito, fa il presentatore e, nel suo nuovo ruolo di one man show, passa con nonchalance dall’intrattenimento musicale all’animazione.
Lo abbiamo raggiunto al telefono, siamo andati a scavare nel suo passato e cercato di carpire qualcosa sul suo futuro più prossimo. Buona lettura.
Ciao Alverio. Hai lavorato a strettissimo contatto con Benito Urgu negli anni d’oro di Chi l’ha visto, Un giorno in pretura e Visitors. Come hai iniziato a lavorare con lui?
Ho iniziato con Benito Urgu nel ’79, quando ero il cantante dei Salis&Salis, per un progetto pionieristico per quella che sarebbe stata la commedia musicale in limba, Su Mummuttone. Anche se in realtà è nel decennio tra l’83 e il ’92 che ho lavorato più a stretto contatto con lui.
Nel frattempo ho anche avviato l’agenzia teatrale Applausi e ho fatto il fonico dei Tenores di Neoneli. È stato in quel decennio abbiamo inciso e portato in giro gli spettacoli che hai citato, quelli maggiormente radicati nell’immaginario collettivo. Oltre a tantissimi altri ovviamente.
Dev’essere stata stata una palestra di vita artistica, e non solo, molto importante per te. Hai frequentato qualche scuola di recitazione oppure quella è stata la tua scuola?
Io non ho mai fatto nessuna scuola, nel senso tecnico del termine. La mia scuola è stata proprio quella. E auguro a chiunque di fare una “scuola” senza doverla frequentare (ridiamo, ndr). Io sono stato in qualche modo accolto e protetto da Benito. Questo mi ha consentito di crescere e di esprimere le mie potenzialità umoristiche, sia come spalla e come interprete, sia come scrittore. Sotto la sua ala protettrice mi sono sentito sereno nel fare qualsiasi cosa seguendo l’istinto. Ero libero di prendermi qualsiasi licenza. Lui mi seguiva con complicità e tutto diventava più semplice. Un brainstorming istantaneo, spontaneo e quotidiano, senza un metodo preciso. Cosa che poi riuscivamo a fare anche sul palco in presa diretta, con nostro sommo divertimento. Poi nel tempo mi anche sono rivelato una spalla atipica, volendo anche anticipando i tempi. A differenza di molti miei “colleghi” dell’epoca, lo potevo prevaricare, andargli addosso e anche facendomi scappare spontaneamente la risata. Facendo da spallaperché “porgevo” e da pubblico perché “respiravo” con lui.
Hai sempre gravitato intorno all’universo musicale fin dai tuoi esordi con i Dinosauri e i Salis & Salis alla fine degli anni ’70. Una passione che ti porti dentro da sempre ma che hai ripreso a cavallo degli anni 2000. Com’è andata?
Sì, ho esordito con i Dinosauri nel ’75, che in quegli anni andavano tantissimo, e poi con i Salis & Salis negli anni successivi. Ho iniziato come cantante, poi mi sono rovinato nel tempo (ridiamo, ndr). Io strimpello il pianoforte e la chitarra ma non credo di potermi definire né cantante né musicista. Quando ho iniziato a scrivere nei primi anni duemila andavano forte i balli di gruppo e ho cercato di emularli ma a modo mio. Nei villaggi turistici in Sardegna in quegli anni i turisti trovavano solamente animatori “continentali”. E oggi non è cambiato granché. A Cuba nei villaggi troviamo la salsa a tutte le ore. Così come ad Atene offrono il sirtaki, in Spagna il flamenco e in Tunisia la danza del ventre. E il turista che va lì, cerca quello. Ma chi viene in Sardegna balla i balli di gruppo. Così io, in maniera provocatoria e ruffiana allo stesso tempo, ho pensato si potesse giocare con il turista ma con ingredienti autoctoni, uscendo anche dallo scenario da cartolina e dal “tunnel” del ballo sardo, nel tentativo di sglobalizzare una tendenza e tornare all’identità. Eravamo molto più indentitari negli anni ’70quando i Barritas facevano twist e hully gully con pezzi come Whisky birra e Johnny Cola o Gambale twist.
E il tuo rapporto con la televisione invece qual è stato?
Non ho mai gradito gli “incastri” nella televisione e da qualche tempo ho cercato di defilarmi rispetto a certi schemi. Ho sempre desiderato portare qualcosa di esclusivamente mio. Cosa che potrebbe concretizzarsi molto presto con un progetto per una sitcom a cui abbiamo lavorato nell’ultimo anno. È pronta la puntata zero e proprio in questi giorni stiamo valutando a chi proporla. Per il momento però non vorrei svelare niente di più di questo.
La carriera di Alverio, la vita del comico, la compatibilità con il lavoro, la satira, i progetti in cantiere e quelli nel cassetto. Di tutto questo e soprattutto della sua comicità si parla nell’intervista integrale pubblicata sul sito di Brincamus!
Buona lettura!
Puoi leggere l’intervista integrale sul sito di Brincamus a questo link: