di Sergio Portas
Torino batte Milano due a zero. E non stiamo parlando dei sei scudetti bianconeri di stampo juventino degli ultimi sei anni (Milan e Inter oggi ambedue irrimediabilmente “cinesi” e a metà classifica) bensì di libri. Il “vecchio” e trentennale “Salone del libro” di Torino ha surclassato per pubblico presente e vendite l’analoga manifestazione che si è tenuta a Milano dal 19 al 23 aprile nei padiglioni della fiera di Rho, titolo: “Tempo di libri”. Dando ragione, per una volta, a quei piccoli editori che non si erano voluti piegare allo “scippo” della grande editoria milanese (Mondadori in testa a tutti) che si era illusa bastasse mettere soldi e organizzazione per comprarsi anche il pubblico coltivato da una vita. I cosiddetti “lettori forti” (niente di eccezionale per carità, per farne parte tocca leggere almeno un libro al mese) non si lasciano incantare dal luccichio delle copertine ma comprano per passa-parola, leggono le recensioni, stanno attenti al prezzo. Sono loro che in questi anni di crisi nera hanno mantenuto immutata la spesa per acquisti di libri, quasi un miliardo e mezzo di euro , mentre c’è poco da stare allegri se l’Istat nella sua indagine intitolata: “La produzione e la lettura di libri in Italia”, ha appena abbassato l’indice di lettura, portando la quota di italiani che hanno letto almeno un libro in un anno dal 43% del 2013 al 41,4, il più basso d’Europa: in Francia è del 70%, in Germania dell’ 83, in Spagna quasi del 60%. Nell’arco di quattro anni, dal 2010 al 2014, l’equivalente di due milioni di lettori svaniti nel nulla (fonte: Sabina Minardi su l’”Espresso”). Dove sono finiti? Come diceva quel tal politico democristiano di lungo corso che “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”, forse sono andati tutti (o quasi) a giocarsi i loro euro alle slot-machine, al video poker o al gratta e vinci, visto che dal 2008 al 2016, la spesa dell’italico giocatore è passata dai 47 ai 95 miliardi di euro! Il 4% del famoso PIL (prodotto interno lordo, per i non addetti). Che ci sia correlazione tra gli indici di povertà e l’aumento sconsiderato per l’azzardo pare evidente, per una volta mi accodo al cardinal Angelo Bagnasco quando definisce il gioco d’azzardo “legale”, “una nuova droga, un cancro che lo Stato non solo non contiene, ma favorisce e ci lucra: è stato studiato per far perdere, produce povertà e malattia”. I sardi, da parte loro, spendono in gioco d’azzardo quanto tutti gli italiani in libri: un miliardo e mezzo di euro (tra le prime regioni d’Italia, la Sardegna, per diffusione di slot-machine) però, e questo in una controtendenza virtuosa, sono anche dei “buoni lettori”, sono tra quelli che contribuiscono ad elevare l’indice di lettura nazionale. L’Associazione Editori Sardi è presente a Fiera Rho con trenta case editrici isolane e, a leggere il comunicato-stampa di Salvatore Taras, “la cultura sarda sembra davvero non passare inosservata…Simonetta Castia, presidentessa AES dice di relazioni sia con buyer (responsabili acquisti) stranieri che con organizzazioni territoriali omologhe francesi…stimolanti gli incontri con le associazioni del sud e del nord della Penisola…”. Quando ci sono andato io lo stand Sardegna non era davvero affollato, il rammarico di sempre in queste occasioni è il mancato allerta dei venti circoli sardi presenti in Lombardia, sconfortante che la Regione Sardegna a tutt’oggi non si renda conto di quale massa di persone sono in grado di raggiungere coi loro comunicati, e quindi butti via letteralmente l’occasione odierna: sarebbe stata sufficiente una e-mail proveniente da fonti ufficiali: Trenta editori sardi presenti a Rho Fiera: avvisate tutti i vostri soci! Ogni circolo ha oramai un sito internet con casella di posta elettronica corrispondente, venti minuti di tempo per assicurarsi la presenza di centinaia e centinaia di visitatori (solo il circolo di Milano conta più di 400 soci). A tenere alto il vessillo degli scrittori sardi due pezzi da novanta: Michela Murgia e Marcello Fois. Vero è che pubblicano ambedue per Einaudi ma la loro sola presenza agisce da fattore moltiplicatore per tutto quello che di sardo ci sia nelle vicinanze. Anche perché, volenti o nolenti, sono indissolubilmente associati all’isola che sapete e, coscienti o no del loro ruolo d’ambasciatori, sono dei comunicatori formidabili. Infatti sono stati impegnati in numerosi incontri (tra i mille previsti) con i lettori, presentando anche libri d’autori meno noti, magari al loro esordio. Il 22 aprile sono andato a sentire Marcello che, con Walter Siti, a titolo “Poesie e altre farneticazioni”, disquisivano dei libri di Ida Amlesù (“Perdutamente”, Nottetempo) e Giuliano Tabacco (“La grande mappa”, Transeuropa); giusto un’ora più tardi erano rimasti solo posti in piedi per chi volesse presenziare al dibattito di Michela con Veronica Pivetti e Serena Marchi : “Maternità e tabù. Le sfide delle donne nella società contemporanea”. Anche da Fois c’era folla, complice anche la polemica scoppiata in merito al libro di recentissima pubblicazione di Walter Siti: “Bruciare tutto” (Rizzoli edit.). Il protagonista è un sacerdote poco più che trentenne irresistibilmente attratto dai bambini. E, sale nella ferita, Siti dedica il libro a Don Milani, facendo intendere che anche lui nel corso della sua vita avesse dovuto lottare ferocemente per contrastare le sue tendenze pedofili. Apriti cielo! Michela Marzano su “Repubblica”, che pure è il giornale dove Siti pubblica solitamente, lo stronca per prima, definendolo “inaccettabile”, “partirebbe da premesse gratuitamente scandalistiche” e costituirebbe “un’operazione editoriale il cui cinismo appare evidente”. Sono seguite innumerevoli prese di posizione le più contrastanti, prefigurare che don Milani avesse potuto avere solamente pensieri pedofili è parso a molti pura blasfemia. Comunque sia il nostro Fois e Walter Siti spendono tutto il loro tempo e la loro “verve” nel presentare i libri dei due colleghi meno conosciuti: lei multilingue e cantate lirica legge pagine del suo “Perdutamente”, Tabacco, che è poeta, alcune delle sue liriche: “La divisione sociale del dolore” comincia così: “La natura ci ha ricalcolati nel suo computo./Eppure passeranno in fretta anche questi anni,/e noi ci muoveremo ancora dentro il quadro./ Maldestri come in sogno…/”. L’indomani Michela Murgia e Marcello Fois, ore 13,30, avrebbero riempito la sala per una loro deliziosa “performance” su “Vita, opere e omissioni di Grazia Deledda”. Complice il libro di Marcello: “Quasi Grazia”, uscito l’altrieri per Einaudi, copio dalla quarta di copertina: “Un perfetto “romanzo in forma di teatro” intorno alla figura di grazia Deledda, l’unica donna italiana che abbia vinto il Premio Nobel per la Letteratura. Al centro, tre momenti della sua vita lontani decenni l’uno dall’altro: il giorno in cui Grazia lascia la Sardegna e tutto quello che rappresenta, il giorno in cui vince il premio più prestigioso al mondo e il giorno in cui un dottore la guarda negli occhi per trovare parole che non facciano troppo male. In mezzo, la vita tutta. Ed è seguendo con calore quella vita che questo libro non smette mai d’interrogarsi ( e d’interrogarci) sulla scrittura, l’amore coniugale, il ruolo della donna e il senso del fare artistico”. ( La pièce “Quasi Grazia” verrà rappresentata a teatro per la regia di Veronica Cruciani, con Michela Murgia nel ruolo di Grazia Deledda). Qui ne abbiamo un’anticipazione spassosa con Marcello a cui, essendo di già assegnato a Michela il ruolo di Grazia, tocca fare per forza la madre di lei. Schienali delle poltrone contrapposti, l’intercalare di mamma e figlia è quanto di più sardo possa essere: Mamma “Comunque quando ci rivediamo noi?” Grazia “E quando ci vediamo…Presto, il tempo di sistemarsi…Una volta potete venire anche voi, no? Avete sentito ieri sera: la casa è grande, il posto c’è…” Mamma “Per carità tutto quel viaggio,
alla mia età. Oramai su queste cose non ci devi contare, senza tuo padre poi…” Grazia “Quali cose?” Mamma “Su faccende di mettersi in mare eccetera, lo sai come è fatta la gente no?” Grazia “La gente cosa?” Mamma “Eh, la figura che ci faccio: vedova e in giro a fare le visite. Grazia “A fare visite? Da vostra figlia?” Mamma “Bella figura, no? Già chissà cosa pensano…” (pag.10). Era il 1929 quando La Deledda lascia Nuoro per sempre, vi era nata nel 1900. Sardegna terra di raccontatori, dice Fois, lui pure nuorese, mai rimarginata in lei la ferita di aver lasciato Nuoro. Scrive, lei di lingua sarda, in un italiano “imparato” sui libri che circolavano in casa, eppure è con la Morante l’unica donna inserita nel Canone ministeriale ( cioè degli scrittori imperdibili): per capire in fondo che tipo di libro sia “Canne al vento” bisogna leggere “Cime tempestose”. La Deledda vuole un lettore attivo, presagisce addirittura rapporti omosessuali, la fiamma del peccato, le “Dark Ladies”. Si sente che Fois è “innamorato” della Deledda. Nè ha intenzione di nasconderlo: dal suo “Manuale di Letteratura Creativa” (Einaudi, 2016): “…Grazia Deledda sta alla narrativa sarda, o fatta in Sardegna, o con argomento sardo, esattamente come Manzoni sta alla narrativa italiana, nel senso che ha saputo dare vita a un prodotto che è insieme filosofia e linguaggio…E non possiamo non fare i conti con la sua riconoscibilità, perché nel bene o nel male la percezione di Sardegna che esiste nei posti remoti della terra, esiste grazie a questa donnina nuorese che nel 1926 ha vinto il Nobel e ha fatto esplodere la sua terra nell’universo” .